59

Kate accostò e spense il motore. Stava per mettersi in un’altra brutta situazione. Cassandra non aveva chiesto di parlare con lei quando aveva telefonato. Non aveva chiesto che andasse da lei. Lei non aveva nessun ruolo professionale in rapporto a Cassandra. E Theda Levitte si sarebbe sicuramente opposta al fatto che Kate si presentasse a casa loro senza essere stata invitata. Non le importava. Doveva andarci. Doveva sapere che Cassandra era al sicuro.

Uscì dall’auto e raggiunse il vialetto buio e coperto di piante. Mentre camminava, sbirciò la casa attraverso la spessa coltre delle chiome degli alberi. All’esterno c’era una Mercedes blu scuro. Theda Levitte era in casa.

Kate fu sorpresa da una serie di singhiozzi improvvisi e rumorosi, che arrivavano da qualche parte vicino alla casa. Avanzò lentamente e si fermò a osservare tra le foglie, aguzzando la vista in direzione del suono. Lei era lì. Cassandra Levitte, le braccia strette intorno alle spalle, i capelli scarmigliati, il viso stravolto e turbato come il giorno in cui lei e Bernie erano stati alla villa. Bisognava fare qualcosa.

Misurando i passi per non spaventarla, Kate uscì dagli alberi, facendosi vedere, il viso calmo. I singhiozzi si erano diradati ed erano stati sostituiti da un altro suono. Kate si rese conto che Cassandra stava cantando rivolta a qualcosa che teneva nell’incavo del braccio, una litania lugubre in contrasto con le poche parole della canzoncina infantile che si riusciva a sentire: «Hai le orecchie lunghe lunghe… ci fai… un fiocco?» Modulando la voce in modo che fosse poco più che un sussurro, Kate le parlò. «Cassandra? Sono Kate. Sono venuta ad aiutarti».

I singhiozzi angosciati continuarono. Kate non aveva mai visto un viso così sofferente, così completamente privo di colore. Cassandra lasciò cadere le braccia nude e infreddolite e l’oggetto che stava cullando, qualunque cosa fosse, cadde a terra. Kate la vide voltarsi e mettersi a correre sul sentiero che affiancava la casa, scomparendo dalla sua vista.

«Cassandra! Ti prego, non andartene! Aspetta!» Raggiungendo il punto in cui stava la donna in precedenza, Kate si fermò e raccolse il coniglio di peluche marrone, flaccido e logoro. Infilò la mano in tasca, in cerca del cellulare. Doveva chiamare la Hawthornes e dire che Cassandra aveva avuto una ricaduta, dovevano assolutamente mandare qualcuno. La donna che rispose al telefono la informò che la clinica non poteva intervenire. La signora Levitte si era assunta la piena responsabilità di prendersi cura di Cassandra e qualunque richiesta di intervento doveva provenire da un componente della famiglia.

Chiusa la chiamata, piena di frustrazione, Kate si avvicinò alla casa, scrutando gli alberi che la circondavano. A un certo punto si bloccò. La porta d’ingresso era aperta. Non era spalancata, ma neppure completamente chiusa. Cassandra doveva averla lasciata così. Kate lanciò un’altra occhiata alle chiome degli alberi. Non poteva andarsene facendo finta di niente. Doveva avvertire Theda Levitte o chiunque altro si trovasse al suo interno.

Raggiunse la porta, la spalancò ed entrò nell’atrio silenzioso, un’intrusa nel tripudio di foglie dipinte ovunque. «Permesso… Permesso?… C’è qualcuno?» gridò, considerando la qualità del suono all’interno della grande casa. Sembrava deserta.

Dopo aver chiuso la porta con una spinta, Kate attraversò l’ingresso, fermandosi ai piedi delle scale, lo sguardo incerto rivolto verso l’alto. «Permesso?» gridò ancora. «C’è qualcuno in casa?» Lasciò il coniglietto su un gradino e procedette su per le scale, continuando fino al pianerottolo da cui si vedevano molte porte, solo una delle quali era mezza aperta. Era l’unica porta con una serratura, e c’era anche una chiave. Incuriosita, Kate entrò.

La stanza era enorme, tutta rivestita di moquette a pelo lungo color rosso violaceo, ma senza mobili. Le tende erano tutte tirate. Spaesata, dimenticando di essere entrata lì senza il permesso, Kate si mise al centro della sala e guardò in alto. In origine doveva essersi trattato di tre stanze. La sezione centrale del soffitto era coperta di specchi. Mentre rifletteva su quella particolarità, Kate si rese conto della bizzarra sensazione che intorno a lei tutto fosse ovattato, al che si avvicinò alle finestre per sollevare una delle spesse tende. I vetri erano doppi, o forse tripli.

Voltandosi di nuovo verso la sala, Kate la esaminò con lo sguardo. Perché è così grande? Perché così… anonima? Qual è la sua funzione? Camminò sulla moquette fino alla parete più corta e lì si fermò. Di fronte a lei c’erano due porte massicce. Tese le braccia e vi appoggiò le mani, fissando le maniglie. Inspirando profondamente, le afferrò e tirò.

Le porte si spalancarono su cardini ben oliati. Kate guardò all’interno: c’erano diverse mensole profonde e tutte vuote. Perché un armadio così grande con niente dentro? Kate richiuse le ante e riprese a camminare. Era quasi a metà della grande sala quando un raggio di luce abbagliante le colpì un occhio, poi scomparve. Rivolta verso la parete opposta, si spostò qualche centimetro di lato e poi tornò indietro, poi ancora di lato e indietro. Il raggio le colpiva il viso e poi spariva. La colpiva e spariva ancora. Kate attraversò la stanza, lo sguardo fisso su un particolare punto accanto alla porta, a cui poi accostò un occhio. La luce arrivava da una finestra più in alto, sul pianerottolo. Accarezzò il buco con un dito. I bordi erano ben definiti. Non era un buco accidentale. Era una vera e propria apertura, la cui doppia funzione era evidente: voyeuristica per chiunque guardasse dentro dal pianerottolo e precauzionale per chiunque si trovasse al suo interno.

Kate riscese le scale fino all’ingresso, poi si voltò a guardare di nuovo il pianerottolo. Chi era che d’abitudine saliva in quella stanza? Una persona l’aveva già incontrata. Era casa sua, quella. Si appoggiò alla parete alla base delle scale, gli occhi ancora fissi sulla porta aperta. Alle sue spalle, il muro si mosse.

Con un tuffo al cuore, Kate fece un balzo e si voltò. Non si vedeva niente; niente a parte foglie di tante tonalità di verde e boccioli lucidi che facevano capolino. Sollevò una mano e provò a spingere leggermente il muro. La lussureggiante massa di vegetazione tropicale cedette e si bloccò. Con i pensieri che le mulinavano in testa, Kate fece scorrere il dito sulla superficie del muro fino a trovare la piccola maniglia di una porta che si apriva verso l’esterno; quando vi si era appoggiata, evidentemente, non si era del tutto chiusa. Se chiunque l’avesse usata in precedenza l’avesse chiusa bene, non si sarebbe mai accorta della sua esistenza.

Kate tirò la porta verso di sé.

Niente di umano
titlepage.xhtml
index_split_000.html
index_split_001.html
index_split_002.html
index_split_003.html
index_split_004.html
index_split_005.html
index_split_006.html
index_split_007.html
index_split_008.html
index_split_009.html
index_split_010.html
index_split_011.html
index_split_012.html
index_split_013.html
index_split_014.html
index_split_015.html
index_split_016.html
index_split_017.html
index_split_018.html
index_split_019.html
index_split_020.html
index_split_021.html
index_split_022.html
index_split_023.html
index_split_024.html
index_split_025.html
index_split_026.html
index_split_027.html
index_split_028.html
index_split_029.html
index_split_030.html
index_split_031.html
index_split_032.html
index_split_033.html
index_split_034.html
index_split_035.html
index_split_036.html
index_split_037.html
index_split_038.html
index_split_039.html
index_split_040.html
index_split_041.html
index_split_042.html
index_split_043.html
index_split_044.html
index_split_045.html
index_split_046.html
index_split_047.html
index_split_048.html
index_split_049.html
index_split_050.html
index_split_051.html
index_split_052.html
index_split_053.html
index_split_054.html
index_split_055.html
index_split_056.html
index_split_057.html
index_split_058.html
index_split_059.html
index_split_060.html
index_split_061.html
index_split_062.html
index_split_063.html
index_split_064.html
index_split_065.html
index_split_066.html
index_split_067.html
index_split_068.html
index_split_069.html
index_split_070.html
index_split_071.html
index_split_072.html
index_split_073.html
index_split_074.html
index_split_075.html
index_split_076.html
index_split_077.html
index_split_078.html