27

«Stamattina è la prima volta da anni in cui sento gli uccellini.» Bernie strizzò gli occhi alla luce forte del sole invernale mentre la Range Rover oltrepassava un cartello stradale. Stavano entrando nel Berkshire. Diede un’occhiata a Kate dallo specchietto retrovisore. Era a testa bassa e stava ripassando gli appunti che aveva preparato la sera precedente. «Ho chiamato la direttrice della Sicurezza, che mi ha dato delle istruzioni. Ecco qua, Doc. Ho scritto tutto.» Joe gliele prese di mano e le passò a Kate.

«Me le puoi leggere, Joe? Comunque è probabile che le conosca già.»

Bernie ghignò, guardandola di nuovo dallo specchietto. «Dev’essere bello sapere tutto, Doc.»

Joe stava esaminando gli appunti di Bernie. «Vediamo… c’è della roba sul portare dentro documenti e fare foto.»

Bernie intervenne. «Ho il permesso di portare una fotografia. Quando arriviamo dovrai chiedere se puoi tenere il quaderno» disse a Kate.

Joe proseguì. «Inoltre si consiglia ai visitatori di togliersi tutti i vestiti e di lasciarli in macchina.» Si voltò a guardare Kate, lasciando correre gli occhi sul suo completo grigio carbone e sul cappotto nero. «Mmm…»

«Piantala.»

«Poi ci vediamo con la consulente di psichiatria forense… magari è una tua amica, Rossa?»

«Nome?»

Joe abbassò lo sguardo sul foglio. «Dottoressa Ellen Forbes.»

Kate annuì. «Era qui quando sono venuta…» Roteò gli occhi, vedendo Bernie che scuoteva la testa. «Una volta sono rimasta qui un mese, per una conferenza. Erano anni fa e…»

«Hanno deciso di tenerti qui per un po’. Mi pare abbia senso. Com’è questa tizia?»

Kate cercò di ricordare. «È brava. Me la ricordo disponibile e molto gradevole.»

Rimasero in silenzio. La strada cominciò a salire e le mura tetre dell’edificio si fecero visibili. Nel giro di pochi minuti raggiunsero lo sbarramento del primo controllo di sicurezza. Ora la costruzione vittoriana in mattoni rossi era davvero vicina. Bernie mostrò i loro documenti e disse che avevano preso appuntamento per la visita. Attesero che venisse fatta una telefonata all’edificio principale e poi, sotto la sorveglianza di due guardie in uniforme, ciascuna con un pastore tedesco al guinzaglio, ricevettero l’ordine di guidare fino a un parcheggio.

Fermarono l’auto e scesero dalla Range Rover, lasciandovi dentro i cappotti. Arrivò un membro del personale ospedaliero per accompagnarli al controllo di sicurezza, dove furono perquisiti e consegnarono telefoni, orologi e la borsetta di Kate. Le fu permesso di tenere il quaderno e le dissero che le avrebbero fatto avere una penna. Dopo qualche minuto di attesa arrivò la dottoressa Ellen Forbes. Aveva più o meno l’età di Kate e indossava un paio di pantaloni neri e un twin set azzurro chiaro. I capelli biondo cenere erano legati dietro la nuca. La donna rivolse un saluto caloroso a tutti e in particolare a Kate. Accompagnata da un vigilante, li guidò tra i corridoi giallo pallido, attraversando diverse porte che venivano sempre aperte e richiuse a chiave dopo che erano passati. Chiacchierando, arrivarono così al suo ufficio. «Non vedevo l’ora di rincontrarti, Kate. Alcune tue idee ci sono state molto utili per mettere a punto un protocollo di rieducazione comportamentale.»

«È così, la nostra Doc. Piena di idee» borbottò Bernie, pensando a ogni passo che quel posto gli piaceva sempre di meno.

Con un sorriso, Ellen li condusse all’interno del suo ufficio, indicò delle poltroncine e poi andò a sedersi dall’altra parte della scrivania, la cui superficie ordinata era priva di graffette o qualsiasi altro oggetto che i pazienti potessero usare per fare del male a sé o ad altri. Infilò una mano dentro a un cassetto, prese una biro e la consegnò a Kate, guardando i visitatori con aria solenne e poi parlando a voce bassa, in tono pragmatico. «Philip Noonan. È un ergastolano. Non uscirà mai di qui. Che cos’altro vi serve sapere su di lui?»

Kate teneva il quaderno sulle ginocchia, ma non aveva bisogno di ricontrollare ciò che aveva scritto. Sapeva ciò che voleva chiedere. «Gli omicidi che ha commesso. Qual era esattamente il modus operandi?»

Ellen la guardò. «Strangolamento manuale.»

Una differenza tra gli omicidi di Noonan e il nostro caso, pensò Kate. «Tutti?» Ellen annuì.

«Come sta reagendo al regime di questo posto, signora?»

«Qui non parliamo in termini di “regime”, tenente.»

Joe chinò il capo. «Le mie scuse.»

Ellen proseguì. «Dipende da che cosa intende con “reagire”. Noi siamo abituati a vedere progressi lenti o minimi, ma continuiamo a lavorare per vederne altri, ove possibile. Nei confronti dei nostri pazienti abbiamo la responsabilità di fornire loro le capacità necessarie a controllare i propri impulsi sessuali e violenti.» Li guardò, tranquilla. «Abbiamo anche una pari responsabilità di fare del nostro meglio nei confronti di chiunque sia all’esterno, data la prospettiva di un possibile rilascio.»

Bernie aggrottò la fronte. «Non ha appena detto che Noonan non uscirà mai di qui?»

Ellen annuì. «C’è un numero di pazienti per i quali è inattuabile la possibilità di un rilascio. Philip è uno di questi, ma non sarebbe etico privarlo delle cure.»

«Ha ammesso di essere responsabile di tutti e cinque gli omicidi?» domandò Kate.

La donna scosse la testa. «Di quattro. Insiste nel negare di aver ucciso la vittima più giovane.»

Questo dettaglio catturò l’attenzione di Bernie. «Come mai?»

«Aveva quindici anni» rispose Ellen. «Le altre vittime avevano dai diciannove ai ventidue anni.»

Ci fu un breve silenzio, interrotto da Kate. «Ellen, ci sono mai stati teorie o sospetti… qualunque cosa che abbia mai portato te o altri professionisti che lavorano con Noonan a sospettare che possa aver ucciso più di cinque vittime?»

«Ne siamo abbastanza certi.»

I pensieri di Kate si focalizzarono sull’imminente incontro con un uomo che aveva ucciso cinque persone. Forse di più. «Secondo te che possibilità abbiamo che ascolti le nostre domande? E che ci dia risposte oneste quando gli chiederemo elementi legati al nostro caso?»

Ellen li guardò uno alla volta. «Credo che vi ascolterà. Quanto all’onestà riguardo alla vittima implicata nella vostra indagine, vedremo, ma credo sia probabile che sia onesto, vista l’età della vittima.»

Joe la guardò negli occhi. «Quindi l’età è l’unica ragione per cui ha negato di essere responsabile dell’omicidio di cui parlava prima?»

La donna annuì. «Per quanto Philip Noonan sia una persona profondamente disturbata, non è privo di consapevolezza. Sa che le persone tendono a trovare particolarmente sconvolgenti i casi delle vittime più giovani, quelle sotto i sedici anni.» Fece una pausa. «Non gli piace essere giudicato. Tuttavia, se non sente il bisogno di difendersi, ci sono buone possibilità che vi dia delle risposte veritiere. Posso dare un’occhiata alla foto che avete portato?» Kate le diede la foto a mezzobusto di Nathan Troy ed Ellen la esaminò. «Com’era il suo aspetto in generale?»

Rispose Joe, lanciando un’occhiata ai colleghi. «Alto, sul metro e ottanta, corporatura snella.» Kate e Bernie annuirono in segno di conferma.

Ellen sembrava dubbiosa. «Be’… ho visto alcune foto delle vittime di Philip. Facevano sempre parte della stessa tipologia: ragazzi robusti, ben sviluppati. Questo giovane non rientra nello standard, ma a rispondere sarà Philip.» Restituì la fotografia mentre il telefono sulla scrivania emetteva un unico, breve squillo.

Guardò l’orologio e aggrottò leggermente la fronte. «Sta arrivando. Sentiremo i suoi passi e quelli delle guardie. Prima che entri, però, vi devo avvertire riguardo al suo aspetto. Vi consiglio di nascondere l’eventuale shock alla sua vista. Per esaminare la foto avrà bisogno di tempo: non ci vede bene. Dovrebbero operarlo presto, cosa che speriamo faccia migliorare un po’ il suo stato di salute.»

Bernie aggrottò la fronte quando sentì, come tutti gli altri, un suono che si avvicinava: chiavi che tintinnavano e porte che si aprivano e si richiudevano. «Che cos’ha? Da quanto ne sappiamo non ha neanche cinquant’anni.»

Le mani di Ellen si sollevarono, i palmi in alto. «In ogni struttura c’è una gerarchia sociale. Questo posto non è diverso dagli altri. È un uomo massiccio, ma di natura mite. Ne ha prese parecchie.»

Qualcuno bussò forte sul vetro smerigliato della porta. Si aprì ed Ellen si alzò in piedi. «Entra, Philip.» Fece un cenno alle due guardie corpulente che erano appena entrate, con mazzi di chiavi che pendevano da catenelle appese alle tasche dei pantaloni e i tesserini plastificati fissati alle camicie bianche. Kate sapeva che quei tesserini identificativi erano applicati alla stoffa con del semplice velcro. Le guardie condussero nella stanza l’uomo che avevano scortato fin lì. Noonan indossava un maglione scuro, pantaloni della tuta neri e mocassini. Le guardie lo accompagnarono a una sedia vuota, aspettarono che si mettesse a sedere, poi si voltarono e lasciarono l’ufficio, mettendosi in attesa appena oltre la soglia, ben vicine alla porta, gli occhi fissi sull’interno dell’ufficio.

Kate e i colleghi rivolsero al nuovo arrivato sguardi poco insistenti, come aveva suggerito Ellen. Noonan era alto ben oltre il metro e ottanta ed era robusto, con gran parte del peso accumulato intorno alla vita. Il suo viso era devastato. Un occhio era vitreo e semichiuso, l’altro pendeva verso il basso all’angolo esterno per via di una cicatrice che gli scendeva lungo la guancia, fino alla bocca. Quando sorrideva, come stava facendo in quel momento, la guancia formava pieghe come una fisarmonica, mentre l’occhio rimaneva immobile.

Secondo gli accordi, avrebbe parlato Kate. Lei decise di esprimersi in modo semplice e stringato. «Buongiorno, signor Noonan. Le siamo molto grati per aver accettato di incontrarci.»

Ci fu un breve silenzio. Quando arrivò, la voce dell’uomo era sottile, quasi femminea. «Nessun problema.»

«Io e i miei colleghi stiamo indagando sulla morte di un giovane i cui resti sono stati trovati in un parco a Birmingham.»

L’occhio più o meno buono la stava fissando. «Che età?»

«Diciannove anni.»

«Dov’è esattamente il parco?»

Kate sentì accelerare il battito del cuore. Stava andando meglio di quanto si fosse aspettata. Non aveva negato di essere stato «attivo» in quell’area. «Nella parte sudoccidentale della città. Woodgate Country Park. È molto vicino alla M5.» L’uomo annuì, senza dire niente. «È un bel posto. È grande e ci sono zone per correre e per andare in bici.» Fece una pausa. «C’è anche un lago.» Un’altra pausa. «È un posto che pensa di conoscere?»

L’occhio funzionante continuava a fissarla. «… Forse.»

«È possibile che ci sia stato?»

Tutti attesero nella tensione crescente. Solo Kate lo guardava direttamente negli occhi. L’uomo non sembrava turbato dalla domanda. «Forse» ripeté.

Sapendo che doveva far parlare Noonan, Kate formulò quella che sperava fosse una domanda dal tono non accusatorio. «È forse possibile, se è stato in quel posto, che lei sia stato implicato in un incontro con un giovane…»

«Difficile a dirsi» disse la voce sottile. Avrà capito che cosa gli ho appena chiesto?

«Signor Noonan, quel che le sto chiedendo è…»

La voce mite la interruppe. «Lo so. Capisco. Il problema è che quando ero… in grado di offrire i miei particolari servizi ai ragazzi è stato molto tempo fa. Mi servirebbero degli indizi per capire se era uno dei miei. Dovrei sapere di preciso dov’era e com’era, prima di poter dire se è uno dei miei cari estinti. Deve darmi questo genere di dettagli.» Ora la tensione nella stanza era palpabile e la testa di Kate stava andando a mille. Cari…?

Kate lanciò una rapida occhiata alla stanza. Bernie aveva gli occhi fissi sul pavimento. Joe era appoggiato a un bracciolo della sedia, una mano sulla bocca, lo sguardo a sua volta diretto al pavimento. Kate non voleva rischiare di suscitare reazioni negative in Noonan, ma sapeva che dovevano ottenere informazioni valide, tra cui, se possibile, un sì o un no in merito all’uccisione di Nathan Troy. Inoltre, Kate era arrivata lì con un intento preciso. Aveva sperato di ottenere quelle informazioni senza fornire a Noonan dettagli su Nathan Troy o sulla sua morte, tutte cose che avrebbe potuto utilizzare in seguito con scopi masturbatori. Tuttavia, aveva capito che era una speranza poco realistica e proseguì. «Aveva diciannove anni. Uno studente. Morto nel novembre del 1993. I resti sono stati trovati in un capanno, nel parco. Indossava una maglietta dei Nirvana, jeans e…»

Il viso di Noonan si raggrinzì. Kate immaginò che stesse sorridendo di nuovo. «Che cos’è un capanno?»

Lei gli teneva gli occhi fissi addosso. «Il luogo di cui sto parlando è una piccola struttura in legno, come una casetta per le vacanze, a ridosso del lago.»

Il viso dell’uomo si raggrinzì ulteriormente. Ora Kate notò una strana cantilena nel suo modo di parlare. «Non capisco. Deve essere più esplicita. Se è rimasto lì per tutti quegli anni, perché non è stato trovato tanto tempo fa?»

Kate mantenne un tono asettico. «I resti erano nascosti. Sotto al pavimento del…»

L’occhio buono rimase fisso e le grinze scomparvero. «Questo è… tremendo. È orribile. Io non lo farei.»

L’attenzione di Kate si spostò brevemente sulla psichiatra, che stava ascoltando con espressione impassibile, poi tornò a Noonan. «Sta negando ogni suo possibile coinvolgimento in un… un fatto avvenuto in un luogo simile?» L’uomo annuì. «Come fa a esserne così sicuro, signor Noonan?»

La guancia si raggrinzì di nuovo. «Io rendo onore ai miei ragazzi. Do loro degna sepoltura.» La voce si ridusse a un sussurro e Noonan fece di sì con la testa diverse volte. «Ho fatto le cose per bene con tutti loro.» Guardò tutti i presenti, uno alla volta. «Niente di esagerato. Li avvolgevo in lenzuola pulite, gli pettinavo i capelli. Poi c’erano una breve preghiera, un inno sacro adatto all’occasione e la sepoltura.» Noonan cominciò a emettere un brusio basso simile a una litania. Dopo qualche battuta, Kate riconobbe Credo in te, Signor. Da quel che vedeva con la coda dell’occhio, Bernie aveva già oltrepassato lo stato di semplice disagio. Joe sembrava calmo, ma lei sapeva che non era così. Il brusio si interruppe.

«Grazie, signor Noonan.»

«Mi chiamo Philip. E lei, di nuovo…?»

«Kate.» Devo andare a fondo. Non possiamo tornare. «Ho ascoltato quanto aveva da dire, Philip, ma sarebbe disponibile a guardare una foto che abbiamo portato con noi?» L’uomo annuì, facendo guizzare lo sguardo dell’occhio buono tra lei e Joe mentre tiravano fuori la foto.

Fu Ellen a mostrarla a Noonan, ma senza mettergliela in mano. «Riesci a vederla, o ti serve più luce?»

«Di più, grazie.» La donna accese la grande lampada orientabile fissata alla scrivania, sempre sorreggendo la fotografia con il pollice e l’indice. Noonan chinò la testa sull’immagine e la sorvolò con un dito. Tutti ebbero l’impressione che passassero diversi minuti, anche se in realtà si trattò solo di alcuni secondi. L’uomo raddrizzò la schiena e si rimise comodo sulla sedia, soffermandosi ancora sul viso di Nathan Troy. «È questo quello per cui siete venuti qui?» Kate annuì. «Non penso sia uno dei miei.»

Kate gli rivolse una rapida occhiata inquisitoria. «Questo significa che potrebbe esserlo?»

«I miei ragazzi sono fatti per il lavoro fisico. Robusti. Muscolosi. Lui non lo è. Non lo era. È questo quello che vedo dal suo viso… e dalla… parte superiore del corpo.» Kate percepì un movimento irrequieto dall’altra parte della stanza. Era Bernie che incrociava le braccia. «Ma come ho detto, se fosse stato uno dei miei ragazzi, non lo avrei mai abbandonato sotto al pavimento di qualche fabbricato chissà dove. I miei devono riposare nella buona terra che Dio ci ha dato.» Kate aggrottò la fronte. Che giacere nella sabbia equivalga a stare nella «buona terra»?

Data la natura bizzarra di ciò che l’uomo stava dicendo, Kate poté cambiare discorso senza fare preamboli. «È mai stato proprietario di un orologio costoso, Philip?»

«Sì, certo» rispose l’uomo senza battere ciglio. «Molto bello, speciale

La tensione salì di nuovo. «Ce ne può parlare?»

«Lo comprai anni fa e mi venne in mente che un giorno avrei potuto… tenere con me uno dei ragazzi. Trattarlo come un figlio, capite? E dopo anni e anni e anni» ripeté la parola come in un soffio «dargli l’orologio.» Fece una pausa, poi: «Il problema era che non sono mai riuscito a trovare il modo di tenerli con me».

Kate spezzò il silenzio, ricordandosi un commento di Julian riguardo alle eredità. «E che cos’è successo all’orologio?»

«Niente.» L’occhio strabuzzò verso la psichiatra.

Ellen gli fece un cenno di assenso, poi guardò Kate e i suoi colleghi. «Era troppo prezioso perché lo tenessimo qui.» Aprì un cassetto e ne estrasse un semplice fascicolo di carta marrone, senza graffette metalliche, e ne voltò le pagine finché non trovò ciò che stava cercando. «Questo è l’inventario degli oggetti personali di Philip al suo arrivo.» Lo passò agli ospiti dall’altra parte della scrivania, indicando una voce dell’elenco. Patek d’oro. «Philip ha dovuto darlo a sua madre perché lo conservasse. Vuoi aggiungere altro a ciò che hai detto ai nostri visitatori?»

L’uomo annuì. L’occhio offuscato e quello più o meno funzionante si diressero entrambi verso Kate. «Voglio che lei capisca. Lei deve capire. Qui dentro ci sono delle persone terribili.» Indicò il proprio viso. «Guardi che cosa mi hanno fatto. Io non sono come loro. Quello che ho fatto l’ho fatto con cura e attenzione. Per amore. Ciascuno dei miei ragazzi ha ricevuto degna sepoltura. Avvolto ben bene, come… coperto, curato come avrebbero fatto una madre o un padre.» L’occhio buono tornò su Ellen. «Posso rientrare adesso? Voglio un caffè e una focaccina con la glassa.»

A un cenno di Ellen, Noonan si alzò e le guardie comparvero all’istante all’interno dell’ufficio, pronte ad accompagnarlo alla porta. Quando la raggiunse, l’uomo si fermò e si voltò di nuovo verso la stanza. «Tornerete a trovarmi? Sono sempre felice di aiutare la polizia.» Poi, ripensandoci, raggrinzì la guancia un’ultima volta. «Qualcuno di voi ha figli maschi?»

Le due guardie lo scortarono sulla via del ritorno con espressione impassibile.

Arrivarono al parcheggio mentre Bernie sfogava la furia che aveva dovuto reprimere nel corso dell’ora precedente. «Ve lo dico io… la gente come lui la conosco! Non importa che cosa gli fanno gli altri, non cambiano mai

«Occorre esaminare con cura ciò che ci ha detto…» esordì Kate.

«Adesso occorre che mi lasciate dire cosa penso di quel bastardo assassino.» Bernie aprì con violenza la portiera dal lato del guidatore e Kate sentì arrivare un principio di mal di testa.

Niente di umano
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