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L’Audi di Kate seguì l’ampia curva di Chancellor’s Court, oltrepassò la facciata in mattoni rossi dell’Aston Webb e proseguì fino al parcheggio riservato di fronte all’Istituto di Psicologia. Chiuse a chiave l’auto e, con la valigetta in mano, si affrettò a salire i gradini, ricambiando i saluti di alcuni studenti, poi prese l’ascensore per arrivare al terzo piano. Un altro caso irrisolto. Aprì la porta del suo ufficio, impaziente di consultare l’agenda e di capire quando poteva…
Si fermò. La lampada da tavolo era già accesa e il riscaldamento in funzione rendeva la stanza dal soffitto alto già piacevolmente calda. Disorientata, entrò lasciando cadere la sua roba sulla vecchia poltrona. Poi aprì la valigetta e ne estrasse due cartoncini di latte scremato, allarmata. Fece il giro della massiccia scrivania e con una spinta aprì la finestra dai vetri decorati per appoggiare i cartoncini su un lato del piccolo davanzale esterno. «Ciao, ragazzi» mormorò ai due piccoli e grotteschi gargoyle appollaiati con i corpi muscolosi protesi verso l’esterno, le labbra ritratte a scoprire le zanne.
Chiuse fuori l’aria fredda e, quando si girò di nuovo, vide una giovane donna snella, dai capelli biondi e corti, con le punte coperte di gel, labbra e unghie rosso fosforescente, in minigonna e calze nere, in piedi sulla porta che dava su una stanza comunicante. «Dottoressa Hanson?» Kate annuì. «Crystal Devine.»
Kate strizzò le palpebre, poi esclamò: «Ma certo! Dalle Risorse umane mi avevano avvertito che avresti cominciato con l’anno nuovo.» Le era arrivata anche una nota dal vicerettore: in considerazione del suo doppio incarico lavorativo – università e polizia – le avrebbero fornito un aiuto extra per le questioni di segreteria. Tendendo la mano, si avvicinò alla giovane, che la superava di un bel pezzo in altezza. «Mi dispiace, ma oggi non potrò spiegarti molto. Da mezzogiorno…»
Crystal annuì. «Lo so. Ha il ricevimento studenti. Le ho preparato l’elenco dei nomi di quelli che si sono iscritti firmando il foglio sulla porta e prenderò tutte le telefonate fino alle due e mezzo, prevedendo mezz’ora di pausa pranzo all’una. Da quanto ho sentito, probabilmente non le servono i fascicoli degli studenti, ma glieli ho preparati comunque.» Era raggiante. «Così potrà inserire i suoi commenti nel corso del ricevimento.»
Kate la fissò. Così efficiente… E di preciso che cosa hai sentito su di me? Niente di tremendo, spero. «Grazie, Crystal. Tutto molto utile, ma non devi davvero…»
La ragazza sorrise di nuovo e si voltò per tornare nel piccolo ufficio adiacente. «Ho solo iniziato a fare qualcosina. Mi faccia sapere se le serve altro… Non deve essere facile dividersi tra l’università e la polizia, e oltretutto essere una madre single.» E con quelle parole scomparve, lasciando Kate a fissare la soglia vuota con la sensazione che la sua privacy fosse stata violata. Al diavolo i pettegolezzi di questo posto!
Con un respiro profondo, Kate entrò nell’ufficio della ragazza. «Crystal, credo che sarebbe bene che chiarissimo una cosa. Questo posto è un covo di pettegoli, ma non mi va…»
«Ah, lo può dire forte.» La zazzera bionda e spettinata ad arte annuì vigorosamente. «Non si deve preoccupare. Qualunque lavoro mi affidi, so perfettamente che è riservato. Si può fidare.» Sollevò un altro sguardo raggiante su Kate. «C’era altro?»
Spiazzata, Kate si passò una mano tra i capelli. «No. Anzi, sì. Se chiama un certo sergente Watts, o un certo tenente Corrigan…»
«Glielo faccio sapere subito.» La giovane annuì con fare serio.
Kate tornò nel suo ufficio e si mise a sedere alla scrivania. Lasciò perdere Crystal e prese una tesina dalla pila ordinata lì accanto, che aveva lasciato pronta dalla fine del trimestre precedente, scegliendo poi due dei numerosi pennarelli allineati davanti a lei. Lo stile della sua nuova assistente poteva sembrare un po’ invadente, ma la sua efficienza lasciava intuire che poteva essere una benedizione. In particolare se ciò che Kate e i colleghi avevano visto quel mattino fosse stato davvero un nuovo caso per l’Udi.