23

Kate era nella camera di Maisie. «Qui ci sono i tuoi vestiti da hockey.» Infilò gli abiti piegati nel borsone sul letto, spostando lo sguardo su un grande poster in bianco e nero. Vi prego, qualcuno mi dica che ci sono un sacco di dodicenni con un poster di Isambard Kingdom Brunel in camera. «Hai preparato tutto?»

Maisie stava mandando un SMS. «Sì. Sto dicendo a Chel che saremo da lei tra… tipo, dieci minuti?»

Kate annuì. «Dovrebbe andar bene.»

Maisie lasciò cadere il cellulare nello zaino e si avvicinò alla finestra per appoggiarsi al davanzale. «È arrivato Bernie.» Mentre Kate usciva dalla stanza, Maisie si appoggiò il mento su una mano. «Sai, se Bernie si mettesse a dieta potrebbe trovarsi una fidanzata.»

«Infilati il cappotto e smettila di fare certi commenti.»

Kate era nella Range Rover e stava ripassando i dettagli sui tre uomini arrestati l’anno precedente al Country Park. Bernie le indicò alcuni dati mentre guidava. «Ronald Dixon si era preso diciotto mesi. È uscito dopo nove. Ernest Phillips ed Edward Morrell hanno ottenuto la condizionale, a patto però che accettassero un percorso di cura per i colpevoli di reati sessuali.»

«Qui non si dice che cosa rendesse i crimini di Dixon diversi da quelli degli altri due… anche se dubito che “diversi” sia la parola giusta.»

«Dixon era alla terza incarcerazione ed era colpevole di aver fisicamente minacciato le vittime. Gli altri due, Phillips e Morrell, erano stati semplicemente oggetto di denunce da parte di persone che usavano gli spazi del parco per gironzolare intorno ai ragazzini. Li avevano accusati di essere dei guardoni…»

«Voyeur.»

«… e quando hanno perquisito casa di Phillips gli hanno trovato il computer pieno di materiale pedopornografico, oltre a una serie di registrazioni televisive di cori di bambini, più un quaderno di foto di bambini ritagliate da cataloghi di vendita per corrispondenza. Da non credersi.»

«Altroché se ci credo!» rispose Kate.

«Morrell era stato arrestato anche nel 1993, ti ricordi? E in entrambe le occasioni aveva pedinato delle donne o ronzato intorno a ragazzini, quindi è uno con un raggio d’azione ampio. Come ho detto, lui conferma la mia teoria che questi tipi rimangono attivi per anni. Se lui e gli altri due sono visitatori abituali del parco, dobbiamo sentire che cos’hanno da dire sui loro eventuali compari che frequentano il posto.»

«Adesso da chi stiamo andando?»

Bernie rallentò, mettendo la freccia a sinistra prima di imboccare Harborne Lane. «Per primo volevo parlare con Dixon, ma quando ho telefonato stamattina presto non ha risposto nessuno. Lo stesso vale per Morrell.» Scosse la testa. «Chissà che cavolo stanno combinando.» Si infilò nel traffico che andava aumentando, in direzione di Bristol Road. «Stiamo andando a casa di Ernie Phillips. Un’improvvisata. Gli facciamo una sorpresina.»

Proseguirono in silenzio, svoltando infine a destra e fermandosi in una strada costeggiata da villette bifamiliari. Kate si voltò. «Tu lo ritieni davvero possibile che uno di questi tre sia stato implicato nella morte di Nathan Troy nel 1993… e forse nell’aggressione a Harper, sempre che ce ne sia stata una?» E magari nella sua scomparsa?

Bernie spense il motore. «Doc, tutte le volte che trovo una coincidenza in un caso mi viene voglia di andare più a fondo. Un ragazzo morto, ora un adolescente scomparso e una serie di maniaci sessuali, tutti nello stesso posto? È un punto d’inizio come un altro. Questi tre erano attivi nella zona del parco l’anno scorso, quando Harper è stato aggredito.»

«Ma non c’è niente che indichi un movente sessuale nell’assassinio di Troy. Non sappiamo se è stato ucciso nel capanno o in qualsiasi altro posto nelle vicinanze.»

Bernie la guardò, paziente. «Ma se Troy invece è stato ucciso in quel posto, non possiamo escludere che chiunque l’abbia assassinato sia qualcuno che d’abitudine ci va per molestare i ragazzini.» Fece cenno ai fogli stampati tra le mani di Kate. «Sai bene quanto me che i maniaci sessuali hanno sì dei rifugi preferiti, ma sono anche degli opportunisti. L’hai detto tu stessa un mucchio di volte. Sfruttano le occasioni offerte dal caso. Possono avere le loro preferenze sulle vittime ma, se non ne trovano, allora si accontentano di tutto. Fa parte della loro “giornata lavorativa”, come quando io e te andiamo in ufficio e vediamo che cosa c’è da fare. Sì, sì, sai già tutto. Ma hai letto quelle informazioni, hai visto quanti anni hanno e conosci il mio approccio: “Maniaco una volta, maniaco per sempre”. Siamo arrivati. Andiamo.»

Kate si incamminò sul vialetto, mentre Bernie stava già bussando energicamente alla porta. Al quarto colpo, venne ad aprire un uomo dall’aria mite, con indosso quella che a Kate apparve come una selezione di capi sintetici in varie sfumature di beige, compresa una canotta da golfista con disegnati sopra dei diamantini marroni su sfondo chiaro. Mister Poliestere. «Sì?»

Bernie gli rivolse uno sguardo astioso. «Ernest Phillips?»

«Sì. Chi…» La domanda fu interrotta dal distintivo di Bernie. Il viso di Phillips assunse un’espressione tollerante. «Che cosa volete?»

«Fare due chiacchiere. Qui fuori o dentro?»

Phillips finì di aprire la porta e i visitatori entrarono. Kate lanciò di soppiatto alcune occhiate in giro per la casa silenziosa, mentre attraversavano l’ingresso pulito per poi passare a un salotto altrettanto ordinato. Si misero a sedere nel punto indicato da Phillips e Kate vide degli auricolari di alta qualità appoggiati a un bracciolo del divano. Riconobbe la musica che ne stava ancora uscendo: Glen Miller. Phillips si sedette e fece un cenno diretto a Kate con il mento. «Chi è questa?»

Mentre frugava in cerca del taccuino, Bernie lo guardò storto. «Questa è la dottoressa Kate Hanson, psicologa forense, che lavora con l’Unità delitti insoluti di Rose Road. Tagliamo corto, va bene? Raccontaci dei tuoi allegri trascorsi dell’altr’anno al Woodgate Country Park.»

«È stato tutto un malinteso…»

«Certo, ovvio. Immagino anche che tu non abbia mai guardato niente di quel materiale che avevi nel computer.»

Phillips arrossì. «Mi sono lasciato tutto alle spalle, adesso. Sto seguendo il programma di cura. Sto lavorando sui miei problemi.»

«“Problemi”? Tipo le tue perversioni sui ragazzini che vedi in televisione e il fatto che ti scarichi le immagini porno che ti mandano i tuoi amichetti?»

Queste parole fecero arrossire ulteriormente Phillips. «Potete chiedere all’agente che mi sorveglia.»

«Lo farò. Contaci.»

«Ve lo spiegherà lei. Io ho problemi di scarsa autostima, grande ansia, isolamento sociale dopo aver perso il lavoro per…»

Kate si preparò alla reazione di Bernie. Lo vide lanciare uno sguardo fiammeggiante a Phillips, con l’indice già puntato contro di lui. «Stai descrivendo gran parte della razza umana. Tutti hanno dei problemi. Neanch’io sono esattamente un cuorcontento, ma la differenza tra la maggior parte di noi e te è che noi riusciamo a vivere senza fare danni.» Kate vide l’irritazione di Bernie farsi anche maggiore quando Phillips cercò di interromperlo. «Taci e ascolta. Abbiamo una foto da mostrarti e una domanda da farti.» Fissò intensamente l’uomo. «Hai mai visto questo ragazzo?» Kate guardò la fotografia che aveva in mano. Non conosceva il ragazzino biondo ritratto nella foto, ma poteva indovinare chi fosse. Bradley Harper.

Phillips fissò la foto, poi distolse lo sguardo. «No. Non ho il permesso di tornare al parco. È una delle regole della condizionale.»

Kate soffocò un sussulto, mentre le sopracciglia di Bernie schizzarono in alto. «Chi ha detto niente del parco?»

«Al gruppo di terapia per i criminali sessuali ho sentito uno degli agenti di sorveglianza che parlava di un ragazzino scomparso lì… o che è stato trovato morto.» Apparve contrariato. «Mi dimentico tutto, da quando non ho più un lavoro.»

Bernie lo fissò. «Dopo che avremo parlato con la tua sorvegliante potremmo convocarti a Rose Road per un’altra chiacchierata. Come si chiama?»

L’uomo glielo disse e Bernie scrisse il nome. Cinque minuti dopo erano di nuovo all’interno della Range Rover.

«Siamo stati rapidi» commentò Kate.

«Volevo vedere com’era messo, così quando parlerò con la sua sorvegliante saprò di cosa stiamo parlando. Non c’erano segni di altri frequentatori della casa. Tu cosa ne pensi?» le domandò, prendendo il cellulare dalla tasca.

«Non so a che punto sia arrivato nel programma di rieducazione, ma sta ancora negando i suoi crimini. È effettivamente possibile che sia stato isolato socialmente, il che potrebbe portarlo a crollare e ad agire di nuovo. Per la stessa ragione bisognerebbe tenerlo sotto controllo, anche perché è a rischio depressione.»

«Quando chiamo la sorvegliante glielo dico. Ora sto riprovando con Dixon.» Bernie rimase seduto, tamburellando sul volante con le dita, poi chiuse la chiamata. «Ancora in giro a bighellonare, a fare Dio sa cosa. Faccio uno squillo a Morrell.» Dopo sei squilli riappese con aria bellicosa. «Neanche lui risponde.» Si immisero di nuovo nel flusso continuo del traffico. «Vanno rintracciati il prima possibile.» Guardò Kate. «Hai notato qualcos’altro in Phillips?»

Lei sollevò le spalle. «Le difficoltà personali a cui ha fatto riferimento sono tipiche di una certa tipologia di maniaco sessuale. Pensi sia vero che ha sentito parlare di Bradley Harper alla terapia di gruppo?»

«Ne so quanto te. È possibile che abbia sentito dire qualcosa sul ritrovamento di Troy.» Sembrava seccato. «Una delle cose che mi irritano veramente, nelle indagini, non sono gli interrogatori. È quando perdi tempo a rintracciare la gente per poterla interrogare.»

Kate aveva il quaderno aperto sulle ginocchia. «Finora non siamo riusciti a far parlare molti, ma lunedì sono stata da Roderick Levitte. E lui ha parlato. Parecchio.»

«Ho visto i tuoi appunti sulla lavagna. Fammi un riassunto.»

«Non è stato solo ciò che ha detto, è stato come lo ha detto.» Fece un breve resoconto del suo incontro con Levitte.

Rallentando nel traffico, Bernie sbuffò. «A me sembra uno svitato. Magari è una caratteristica di famiglia, visto che adesso sappiamo che Cassandra è sua sorella. A proposito, ho telefonato di nuovo all’altra sorella, Miranda. Ho lasciato un altro messaggio. Nessuna risposta. Due volte… se fossi uno con il giudizio facile, direi che ci sta evitando.»

Gli occhi di Kate scivolarono verso un indirizzo e un numero di telefono sul quaderno. Guardò l’orologio. Erano solo le dieci e mezzo. Doveva andare all’università per l’una e mezzo. «Mi puoi lasciare su Harborne High Street? Roderick mi ha detto dove lavora. Provo con l’approccio diretto.»

Quando Kate ebbe quasi raggiunto Vine Terrace, telefonò per presentarsi e annunciare il suo imminente arrivo. Trovò solo una segreteria telefonica. Accelerò il passo, ormai incuriosita all’idea di incontrare l’altra figlia di Henry Levitte. La strada stretta si aprì su un grazioso spiazzo circondato da sempreverdi posti in ampie vasche di legno e vari negozietti affacciati sul cortile centrale, tra cui uno studio fotografico, un negozio di abiti firmati per bambini e una pasticceria da cui salivano, nell’aria fredda, gli aromi del pane appena sfornato e del caffè macinato di fresco.

Kate attraversò il cortile e camminò nella direzione della galleria Artworks: le luci erano spente. Sulla porta c’era un cartello che diceva: Chiuso. «Accidenti» mormorò. Quando si avvicinò di più lesse gli orari: Lunedì – Sabato, 9.30 – 16.00. Mercoledì, 9.30 – 12.00. Kate controllò l’orologio. Erano solo le undici.

Schermandosi gli occhi, provò a guardare oltre il vetro della finestra e le opere esposte nell’interno buio. Si voltò, diede un’occhiata agli altri piccoli negozi e poi tornò a guardare, sollevando di nuovo la mano. Fu in quel momento che vide qualcosa. Un movimento in fondo alla piccola galleria. Bussò alla porta. Nessuna risposta. Non c’era nessuno. Si era sbagliata.

Frustrata e infreddolita si voltò, seguendo la tentazione del profumo di pane appena sfornato. Entrò nella pasticceria, dove un uomo corpulento in grembiule bianco era chino sul bancone a leggere il giornale. Si raddrizzò con un sorriso. «Buongiorno! Che cosa le posso offrire? Ho sfornato da poco le baguette.»

Kate indicò i tavoli e le sedie dipinti di bianco. «È possibile prendere un caffè?»

L’uomo annuì. «Americano, caffelatte… Abbiamo il Giamaica Blue Mountain, se ha voglia di spendere qualcosa in più.»

Solo lavoro e niente… perché no? «Un Blue Mountain andrebbe benissimo.» Attraversò la saletta per sistemarsi a un tavolo da cui poteva vedere bene la galleria.

L’uomo si affaccendò dietro al bancone e presto Kate sentì il ronzio del macinacaffè, seguito dall’arrivo del pasticcere con un vassoio. Posò la piccola caffettiera e la tazza azzurro chiaro con piattino e brocca abbinati sul tavolo davanti a lei. «Lì c’è lo zucchero. Vuole anche qualcosa da mangiare?»

Kate declinò, indicando il cortile con un cenno. «La Artworks è aperta il mercoledì mattina, ma non c’è nessuno.»

Infilandosi il vassoio sottobraccio, l’uomo si piegò un poco su un fianco per guardare dalla finestra. «Dovrebbe esserci qualcuno. La signorina Levitte è sempre puntualissima. Sì, le luci sono accese. C’è.» Kate si voltò subito verso la vetrina. In effetti le luci erano accese. Con gli occhi fissi sulla piccola galleria, bevve il caffè, che era molto buono, poi guardò il conto. Doveva essere buono per forza.

Lasciò i soldi sul tavolo e fece un cenno di saluto all’uomo, uscendo dalla pasticceria per riattraversare il cortile, diretta alla galleria. Il cartello sulla porta diceva ancora che era chiusa, nonostante le luci accese all’interno. Bussò ancora una volta sul vetro della porta. Silenzio. Riprovò, questa volta più forte. Ancora niente. Irritata, prese il cellulare, cercò il numero e rimase ad ascoltare lo squillo della sua chiamata all’interno. Dopo sei squilli partì la segreteria. Chiuse la chiamata e controllò l’orologio, domandandosi cosa fare e lanciando un’altra occhiata all’interno. La sua osservazione di pochi minuti prima fu confermata dai rapidi movimenti che scorse in fondo ai locali.

Sollevò una mano verso la porta, poi si interruppe. Avrebbe lasciato stare, ma non era stato un viaggio sprecato. Adesso so che ci stai evitando, Miranda Levitte. E mi interesserebbe molto scoprirne il perché.

Niente di umano
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