11
Si misero accanto a Connie, che consultò i suoi appunti. «Nathan Troy è stato strangolato.»
Bernie guardò di striscio il collo del corpo, che aveva ormai acquisito la consistenza del cuoio. «Di solito per me gli strangolamenti vogliono dire assassino maschio e vittima femmina. Se erano entrambi maschi potrebbe essere che ci fosse in mezzo una questione di sesso. Entrambi gay e qualcosa va storto.»
Kate si guardò intorno, esasperata, e vide il viso di Julian, che stava mostrando un appassionato interesse. Nell’ultimo anno circa era maturato molto. Avrebbero dovuto includerlo maggiormente nelle loro attività. Lo ascoltò parlare. «Se erano due uomini, magari Troy è stato messo K.O., tanto per cominciare?»
«Calma, Devenish. Sta’ a sentire e impara.»
Joe sollevò gli occhi dal lettino. «Da me ci sono stati dei casi di strangolamento in cui erano entrambi uomini. Lo Strangolatore della I-70, con più di otto vittime, poi un altro in Florida e uno in Georgia. Tutti e tre gli assassini erano eterosessuali. Un altro, in Indiana, ha ucciso due uomini. Lui era gay, le vittime no. Nel caso di Troy non possiamo ancora presumere che l’orientamento sessuale sia stato rilevante.»
Sentendo elencare quella sfilza di omicidi, Kate provò un gran senso di sconforto. Forse è vero ciò che ha detto Bernie: non voglio un altro recidivo.
«Nathan Troy poteva essere gay?» chiese Bernie, che non aveva intenzione di mollare la sua ipotesi.
Lei si strinse nelle spalle. «Come ha appena detto Joe, non possiamo estrapolare un movente a sfondo sessuale dal modo in cui Troy è stato ucciso. Un assassino può strangolare una vittima perché è furibondo e non pensa a cercare un’arma, il che potrebbe suggerire che ci fosse un certo grado di confidenza tra loro. D’altro canto, lo strangolamento potrebbe anche venir scelto perché dà il controllo totale sulla vittima, che viene vista dall’assassino come un oggetto impersonale.» Mentre ascoltava le sue stesse parole, Kate si incupì ancora di più. Una definizione niente male di come potrebbe operare un recidivo. «Scusa, Connie.»
«Volete i dettagli?» Tutti annuirono. «Lo strangolamento è avvenuto per legatura, non manualmente. E questo indica quasi sempre un omicidio. Tuttavia, in questo caso l’uso della legatura potrebbe indicare uno scenario diverso: la morte come risultato di un’asfissia autoerotica, altrimenti nota come “Morte per piacere” e un paio di altre definizioni che evito di ripetere. Considerato che questo cadavere è stato nascosto, direi che possiamo dare per scontato l’omicidio.» Indicò una particolare zona del collo. «C’è un solco causato dalla corda che avevo già notato nell’esame preliminare, ma dovevo essere certa che non fosse semplicemente una ruga dovuta alla posizione in cui il corpo è rimasto per un periodo tanto lungo, o magari anche un risultato del processo di mummificazione. Ora…»
«Troy era giovane. Sarà stato forte.»
«Capisco che cosa intende Bernie» intervenne Kate. «Lo strangolamento in effetti pare più probabile come atto maschile su una vittima femminile per via della differenza di peso e forza fisica.»
Vide che Connie annuiva. «È improbabile che un giovane in salute si lasci mettere un laccio intorno al collo da un altro e che se ne stia lì a farsi strozzare, no?» Connie si voltò e indicò una delle braccia rattrappite di Nathan Troy. «Ho esaminato le mani: le unghie sono in buone condizioni. Non ci sono frammenti sotto, sangue, tessuto o capelli che siano, quindi non ci sono indicazioni del fatto che Troy abbia cercato di difendersi.»
Mentre Kate rifletteva su queste informazioni, Joe osservò le mani grinzose del cadavere. «Stai dicendo che Troy non ha reagito mentre qualcuno gli metteva qualcosa intorno al collo?»
Connie sorrise. «Non posso fare a meno di pensare che sia andata così. Adoro ragionare insieme a voi dell’Udi. E se ci fosse qualche altra variabile?» Sollevò un taccuino attaccato a una cartelletta, girandolo per mostrare i dati che conteneva.
Kate lesse la prima riga: Test per presenza di alcol/acidi/reazioni alcaline/narcotici. «Hai fatto degli esami considerando la possibilità che al momento dell’uccisione fosse stordito da qualche sostanza?»
Connie annuì. «Non sto a sovraccaricarvi di dettagli. La parte utile dice che, benché le analisi non siano riuscite a confermare o smentire la presenza di alcol nei tessuti, sono invece risultate positive per i medicinali: a esser precisi, c’era del Lithane. Il che avrebbe potuto rallentarlo e forse dargli sonnolenza, a maggior ragione se avesse anche assunto dell’alcol. A seconda del livello di debolezza di Troy, non possiamo nemmeno escludere che sia morto per mano di una donna.»
Bernie sembrava uno caduto improvvisamente dalle nuvole. «Che cos’è ’sto Lithane?»
Connie lanciò un’occhiata a Kate, che rispose: «È il nome commerciale del litio».
Bernie volse rapidamente gli occhi al cielo. «E il litio sarebbe…»
«Un farmaco usato comunemente per curare i disturbi dell’umore.»
Le sopracciglia di Bernie si alzarono all’improvviso. «Questo Troy era un mezzo matto?»
«Né i genitori né John Wellan hanno parlato di problemi simili.» Kate abbassò lo sguardo sui resti. «Non sappiamo nemmeno se fosse un farmaco che usava d’abitudine.»
«E se fosse stato uno un po’ sull’agitato, visto che era un artistoide?»
Esasperata, Kate si rivolse di nuovo a Connie. «Quindi, poco prima di morire, Nathan Troy aveva assunto del litio, e forse anche dell’alcol, il che avrebbe permesso anche a una donna di strangolarlo.»
Connie mise le mani avanti. «Se ha assunto entrambe le sostanze, è possibile. Ma c’è un’altra variabile. Il vostro giovane collega ci ha pensato subito.» Fece un cenno e tutti la seguirono – Julian a bocca aperta – per fermarsi intorno alla testa mummificata. Connie indicò una porzione della superficie scura con un dito protetto dal guanto di lattice. «Vedete? Proprio lì.» Cambiò l’angolazione della lampada. «Vedete, ora?» Rimasero tutti a fissare una rientranza di forma circolare. «Contusione laterale destra alla testa subìta in prossimità del decesso.»
Joe si chinò in avanti a esaminare la ferita. Poi sollevò lo sguardo su Connie. «Quindi è stato tramortito prima di essere strangolato?»
«Non posso essere così categorica, Joseph. Magari è stato solo reso temporaneamente inoffensivo.»
«Con…?» domandò lui.
«Un oggetto duro del diametro approssimativo di quattro o cinque centimetri, dalla superficie piatta e molto liscia, con bordi ben definiti ma ugualmente lisci.» Connie indicò il segno sul teschio e tutti lo osservarono di nuovo con attenzione. «Con la lente di ingrandimento si vede un segno molto netto, che però non è uniforme. Quando l’ha colpito, lo ha fatto da una certa angolazione. È stato colpito sul lato destro, così.» Connie fece un movimento laterale improvviso con la mano. «Sembra probabile che si trovasse in posizione seduta, con l’assassino di fianco e più o meno alla stessa altezza. La forza limitata del colpo ne ha contenuto i danni. La mancanza di frammenti nella ferita mi fa presumere che l’arma, lo strumento, di qualunque cosa si trattasse, fosse di metallo.»
«Allora, di che cosa stiamo parlando?» chiese Bernie. «Qualcosa tipo un martello?»
«Possibile. Di più non saprei dire.» Silenzio. «Lasciando da parte quei leggeri sentimenti di inadeguatezza che vengono a furia di vedere CSI, avete qualche altra domanda a cui possa dare risposte certe?» Nel silenzio che seguì, Connie ricoprì il cadavere con il lenzuolo verde. Nel frattempo apparve Igor.
Mentre lo guardava portar via Nathan Troy sul carrello, a Kate venne in mente qualcos’altro. Si rivolse a Connie. «È stato ucciso dove l’abbiamo trovato? In quel capanno sul lago?»
Connie scosse la testa. «Questa è una cosa che non posso sapere. Non abbiamo prove in nessun senso.» Agitò una mano. «Venite a vedere la torcia che ha trovato Joe sulla scena del delitto.»
La seguirono a un tavolo poco distante, sul quale il piccolo oggetto era posato su uno spesso strato di carta grezza. Bernie si chinò a esaminare il cilindro di plastica nera. «Escludiamo che l’arma fosse questa, giusto?»
Connie annuì. «Non pesa abbastanza.»
Kate ebbe un’idea. «Non c’era dentro niente, a parte le batterie?»
«No, ed erano scadute da tempo. Ricordate che Adam aveva detto che c’era stampata una data di scadenza più o meno illeggibile? La Scientifica è riuscita a evidenziarla: luglio 2010, il che conferma che la torcia è finita lì sotto diversi anni dopo Troy.» Sollevò lo sguardo su Kate. «E conferma chiaramente anche ciò che dicevi tu sul pavimento riassemblato di recente.»
«Momento in cui la torcia è caduta nel buco» aggiunse Joe.
«Wow, certe volte la vostra attenzione per i dettagli mi fa venire voglia di applaudire. Vi va se ve ne dico un altro?» Incrociò lo sguardo di Bernie e sorrise, indicando la piccola torcia, la forma cilindrica in gomma rigata e le estremità di metallo. «È un modello piuttosto comune, anche se non lo si trova proprio ovunque. Ma è qui che la cosa si fa interessante.» Kate osservò Connie indicare la parte in gomma rigata. «Proprio qui, tra questi solchi, la Scientifica ha trovato una minuscola macchia di sangue.» Sollevò una mano con espressione birichina. «E noi sappiamo tutti che cosa significa il sangue, no?»
«DNA» sussurrò Julian.
Connie fece un ghigno. «Come sapete, i campioni vengono inseriti nel database indicizzato dei DNA. E sapete anche che la corrispondenza di un campione dipende dal fatto che una persona possa o meno aver subìto un prelievo di sangue in conseguenza di un arresto. Ora, volete sapere a chi appartiene questo DNA?» Tutti la fissarono. «Si chiama Stuart Butts.»
«Sì!» Bernie sollevò un pugno in aria, poi diede il cinque a Joe e tornò a rivolgersi a Connie, raggiante. «Te l’ho mai detto che sei la miglior patologa che sia capitata tra queste mura?»
Lei lo guardò di traverso. «No, non l’hai mai fatto. Di solito, quando non confermo quello che vuoi quando lo vuoi, non mostri grande entusiasmo.»
«Sì, be’… il caso Troy l’abbiamo appena riaperto e c’è già una svolta definitiva. Abbiamo l’assassino! Dopo vent’anni! C’è qualcos’altro che ci vuoi dire su questo Butts prima che lo sbattiamo dentro?»
Connie annuì. «È di qui.» Vedendo il sorriso smagliante di Bernie, la patologa assunse un’espressione compassionevole. «Mi dispiace, ma la prossima informazione non ti piacerà per niente. Butts ha compiuto da poco sedici anni.»
Erano nella stanza dell’Udi, con i cappotti addosso. I radiatori riuscivano a malapena a far salire la colonnina di mercurio del termometro. Su richiesta di Bernie, la famiglia di Stuart Butts aveva ricevuto una visita da parte di due agenti. Il ragazzo non era in casa e i genitori non erano in grado di fornire informazioni su dove si trovasse, a parte un vago riferimento al fatto che fosse andato a trovare qualche cugino e che non avevano motivo di preoccuparsi.
Bernie stava riepilogando le informazioni che avevano sull’adolescente e sulla situazione. «Non possiamo fare nient’altro. La famiglia non ne ha denunciato la scomparsa. Finché questo non accade, non possiamo chiedere a Goosey di emettere un mandato di ricerca. È ovvio che a sedici anni non può aver ucciso Troy. Il fatto che una torcia con sopra il suo DNA fosse lì sotto insieme al cadavere non significa necessariamente che sia stato Butts a lasciarla lì. Potrebbe averla persa, data a qualcuno, o potrebbero avergliela rubata, chi lo sa?»
Kate, che stava guardando fuori dalla finestra, si voltò e si avvicinò alla lavagna, mentre Julian iniziava a riempire lo zaino di libri. «Quando ricomparirà, lo interrogheremo per stabilire quale sia il suo legame con il parco.»
Bernie annuì. «Sarà vandalismo, come dicevo io.»
«Perché?» chiese Kate. Vide il volto appesantito di Bernie assumere la famosa espressione da bulldog con l’influenza.
«Che cosa vuol dire “perché”?» Batté l’indice sulla scheda di Stuart Butts. «Conosciamo il tipo: sedici anni e l’hanno già beccato due volte per furto e atti di violenza. È quel genere di persona che devasta ciò che trova in giro, così, per noia.»
Kate gli puntò contro il dito anche se sapeva di irritarlo. «Non sappiamo ancora niente di lui, non sappiamo neanche se era davvero al parco! E se c’era, era solo? Se non era solo, chi c’era con lui?» Aggrottò la fronte. «E se era lì con qualcuno, è possibile che quel qualcuno fosse la persona che ha ucciso Nathan Troy vent’anni fa?»
«Doc, sono un sacco di domande e non avremo le risposte finché non lo portiamo qui.» Kate lo osservò prendere un sacchetto di carta e aprirlo con movimenti delicati, tirandone fuori una ciambella alla marmellata.
Si voltò a guardare Joe, che aveva reclinato all’indietro lo schienale della sedia. «Ed ecco a voi il punto di vista del sergente Incubo.» Si sentì bofonchiare. «E tu come pensi che dovremmo procedere?»
«Finché non troviamo Stuart Butts, andiamo avanti con quello che stiamo facendo, cioè parliamo con le persone che abbiamo individuato e seguiamo qualunque possibile pista.»
Kate si mise a sedere, trattenendo a stento l’irritazione. «È scocciante non sapere se questo Stuart Butts sia rilevante o no per l’indagine.»
Joe sorrise, scoprendo i denti bianchi e regolari. «Rilassati, Rossa. Tutto a suo tempo.»
Bernie si leccò le dita. «Non sei arrivata fin qui rilassandoti, eh, Doc?»
«Mi sento semplicemente frustrata perché abbiamo di fronte una possibile pista che non possiamo seguire» sbottò lei. «E se il cadavere di Troy fosse stato scoperto accidentalmente da Butts? … Forse è stato davvero un atto vandalico, come dicevi tu.»
«Grazie.»
«E ha visto il corpo.»
Bernie la guardò. «E secondo te non se l’è data a gambe come avrebbe fatto chiunque, ma è rimasto lì a ricostruire il pavimento?»
Kate lo guardò, afflitta. «Sto dicendo che sono d’accordo con te. Che Butts non ha niente a che fare con l’omicidio di Troy. È semplicemente un tipo distruttivo che si è imbattuto nel cadavere per caso. E se questo Stuart Butts non ha riassemblato il pavimento, chi è stato?»
A grandi passi Kate tornò alla finestra, mentre i suoi neuroni analizzavano le informazioni riempiendole la testa di domande. Dov’era Nathan Troy quando la morte è venuta a prenderlo? Il litio era suo? Era effeminato? Che sia stata un’indicazione data di proposito sull’orientamento sessuale di Troy? Finora niente ha suggerito che fosse omosessuale. Ma se qualcuno avesse pensato che fosse gay? Una cosa del genere avrebbe potuto portare a una colluttazione? Una colluttazione impari: alcol e farmaci.
Tornò a sedersi mentre Joe prendeva il telefono, poi ascoltò Bernie lasciare un messaggio al professor Matthew Johnson. In quel momento tutto ciò che potevano fare era controllare i contatti che già avevano. Ripensò ai vestiti di Nathan Troy, che avevano visto giù in obitorio. Era novembre. Sicuramente aveva addosso qualcosa di più che un paio di jeans e una maglietta.
Prese il cellulare e compose il numero di casa del professor Henry Levitte. Nessuna risposta e nessuna segreteria. Interruppe la chiamata e telefonò all’università per sentirsi dire quel che sapeva già: il professor Levitte non aveva orari d’ufficio fissi, e quel giorno non c’era.
Un’ora più tardi, Kate consultava il termostato del soggiorno con sospetto mentre aspettava che qualcuno rispondesse alla sua chiamata. Aveva ancora i brividi, nonostante si fosse messa una maglia bianca a maniche lunghe, una felpa sbiadita e un paio di pantaloni da ginnastica neri. Il termostato continuava a sostenere che la temperatura di casa fosse di venti gradi. «Questo lo dici tu. Dai, dai.»
«Ufficio del professor Johnson.»
«Sono Kate Hanson, polizia di Rose Road. Un mio collega, il detective Watts, ha lasciato una richiesta di appuntamento con il professore, ma non ha ricevuto risposta. Dovremmo incontrarlo al più presto, per favore.»
«Mi dispiace» cantilenò una voce femminile. «Questa settimana non c’è disponibilità.»
«Si tratta di una questione di polizia. È urgente» disse Kate.
«Mmm… mi faccia vedere… Che ne direbbe delle dieci e mezzo di domani mattina? C’è un buco di mezz’ora.»
Per un primo colloquio era abbastanza. Kate concluse la chiamata e poi informò i colleghi.
Tornò in cucina e accese il bollitore, sentendo un debole ticchettio provenire dall’esterno. Si avvicinò alla grande porta finestra che dava sul giardino e, aprendola, venne subito investita dall’aria pungente della sera. Mugger schizzò in cucina e si fermò davanti alla ciotola del cibo vuota, lanciandole un’occhiata di rimprovero.
«Hai fame, micetto?» Kate versò dei croccantini nella scodella e accarezzò il pelo del gatto, mentre nella sua mente si insinuava l’immagine di Nathan Troy in jeans e maglietta nel mese di novembre.
Maisie entrò in cucina a passi felpati, con un piatto in mano. «Mmm… quel formaggio grigliato era una delizia. Posso averne ancora?»
«Certo che sì.» Kate si lavò le mani e poi andò al frigorifero per prendere altro formaggio.
«Mamma?»
«Mm?»
«Il formaggio è nutriente, vero?»
Kate le lanciò un’occhiata dall’altro lato della cucina. «Sai che lo è.»
«Oggi abbiamo avuto economia domestica. Una noia…» Kate sospirò, sapendo che la passione di Maisie per la matematica non era estesa alle altre materie. «E la signora Rodder non ha fatto altro che blaterare sulla corretta alimentazione e su come questa influisca sullo sviluppo del corpo.» Lanciò un’occhiata critica alla madre. «Tu parli sempre dell’importanza di una dieta sana eccetera, ma…»
«Ma cosa?» domandò Kate, mettendo in tavola il formaggio e cominciando ad affettarlo.
«Dilla tutta, mamma, tu non è che sei proprio “sviluppata”, eh?»
Kate smise di affettare e osservò la figlia dall’altra parte del tavolo. «Maisie, potresti darmi un’idea più precisa dell’argomento della nostra conversazione?»
Maisie assunse un’aria stizzita. «Sto parlando del fatto che porto ancora il primo reggiseno che mi hai comprato l’anno scorso! Ecco di cosa sto parlando. Ma l’hai vista Chelsey?»
Certo che l’aveva vista. Ora capiva. Attraversò la stanza per raggiungere Maisie e le mise un braccio intorno alle spalle magre. «Hai dodici anni. Continuerai a crescere – a svilupparti – per anni. Smettila di avere tutta questa fretta.»
Vedendo la figlia sbirciare dentro il collo della maglia, Kate scosse la testa e tornò ad affettare il formaggio, ideale per lo sviluppo. «Lo vuoi o no questo?»
«Certo che lo voglio. Ho fame. Ma il problema è: che cosa succede se non mi sviluppo?»
Kate si interruppe di nuovo. «Maisie, abbiamo parlato della pubertà, giusto? Da giovani si cresce a ritmi diversi. Come ti ho già spiegato, hai ancora davanti gli anni dello sviluppo. Diventerai più alta e… cambieranno un sacco di altre cose.» Riprese ad affettare. «Diventerai quella che devi diventare e andrà benissimo così.»
Maisie si mise in piedi accanto alla madre, al bancone. «Okay. Però, giusto per sicurezza, fammene due fette… Che cos’hai da sorridere?»