19
Kate stava tornando in macchina dopo essere uscita dall’Istituto di psicologia quando le suonò il cellulare. Rispose.
«Doc? Che cosa stai facendo?»
«Sono stata da Roderick Levitte e adesso sto uscendo da lavoro. Vado a casa.»
«Ripensaci. Indovina chi è venuto a farci compagnia qui? Ti do qualche indizio. C’è il suo DNA sulla torcia trovata sotto al pavimento insieme a Troy, ha sedici anni…»
«Arrivo.»
Attraverso lo specchio unidirezionale, Kate vide spalancarsi la porta della stanza e Bernie entrare per primo, seguito da un adolescente e da una donna minuta sulla cinquantina. Bernie si sedette a un lato del tavolo e fece cenno a Stuart Butts e alla madre di mettersi di fronte a lui. Joe si sistemò contro il muro.
Ascoltò Bernie che faceva le presentazioni al ragazzo, poi lo guardò rigirarsi la penna in mano, gli occhi fissi sul giovane dall’altra parte del tavolo. Passò poi a esaminare Stuart Butts. Si era aspettata un ragazzo dall’atteggiamento antisociale, magari con pettinatura e abiti da ribelle. Ma non era il suo caso. Butts era entrato con indosso una giacca a vento grigia costosa a giudicare dalla fattura, che ora era appesa allo schienale della sedia. Sotto, portava l’uniforme scolastica e un paio di scarpe sportive. Anche le scarpe sembravano costose. Kate studiò i capelli ordinati, con la riga da una parte, che lasciavano libero il viso liscio e apparentemente ingenuo. Poi osservò con attenzione la donna ossuta appollaiata sulla sedia accanto, che teneva in grembo una sporta per la spesa, stringendola forte tra le mani.
La voce di Bernie arrivò nella stanza in cui era seduta Kate. «Si metta comoda, signora Butts. È possibile che dobbiate trattenervi qui per un po’.» La donna squadrò Bernie, le labbra strette. Chiaramente riluttante, si tolse la sporta dal grembo e la appoggiò a terra. «Bene… bene» la tranquillizzò Bernie con un breve cenno del capo. Il figlio sembrava rilassato, teneva le lunghe gambe distese accanto al tavolo, le caviglie incrociate.
Davanti a Bernie c’era un foglio con le informazioni che Julian aveva trovato negli archivi della polizia. Kate lo aveva letto appena arrivata. Osservò Bernie leggere le informazioni in tutta calma, mentre l’adolescente cominciava a muovere convulsamente i piedi. La famiglia Butts era ben nota alla polizia. Il padre aveva precedenti penali, tra cui violenza domestica. Anche Stuart Butts era una persona conosciuta: oltre a un’accusa di furto presso un’edicola del suo quartiere, aveva a suo carico un’aggressione a un coetaneo avvenuta tre anni prima. Gli aveva rotto il setto nasale e danneggiato un’orbita. La vittima si era rifiutata di fare dichiarazioni riguardo a che cosa avesse causato l’aggressione, poi aveva negato di essere stata aggredita da Butts e la faccenda si era chiusa lì. C’era anche una serie di segnalazioni di anziani del quartiere che lo accusavano di molestie per via di una serie di proposte di «aiuto» accompagnate da velate minacce. Il giovane viso era sempre disteso, ma adesso i suoi piedi si muovevano di continuo. Kate guardò Bernie sollevare lo sguardo e rivolgere a Butts un’occhiata livida e penetrante.
Il ragazzo continuò a guardarlo con aria leggermente insolente. Bernie esordì. «Sai come funzionano questi colloqui, quindi andiamo al sodo. Parlaci del Woodgate Country Park.»
«Che ha che non va?» ribatté il ragazzo con aria da finto innocente.
Appoggiandosi al tavolo, con le spalle ingobbite, Bernie gli puntò un dito contro. «Ascoltami bene. Questa è una chiacchierata informale ma non abbiamo tempo da perdere, chiaro? Sappiamo che giorni fa sei stato in quel parco. Racconta.»
Stuart Butts ricambiò l’occhiata furibonda pur mantenendo la solita aria da santarellino. «Non capisco di che cosa parli. Mia mamma mi dice di non andare in quel posto, quindi non ci vado.»
Il sorrisetto furbo scomparve quando ricevette una rapida gomitata nel fianco. «Hai sentito che cosa ha detto» sibilò la donna. «Diglielo.»
Stuart Butts si voltò dall’altra parte. «Smettetela. Io non so niente.»
Ignorando la madre, Bernie si concentrò unicamente sul ragazzo, pronunciando le seguenti parole: «Sì che lo sai. E anche noi. Ma c’è una cosa che invece non sai. Abbiamo le prove che sei stato al parco.» Kate vide la testa ben pettinata di Butts voltarsi di scatto. «Potresti anche indovinare di cosa si tratta, se ripensi a quando ci sei stato.» Stuart Butts mantenne un’espressione impassibile, ma Kate capì che si stava arrovellando, vide la sua gola ondeggiare rapidamente mentre deglutiva.
«Dai, tesoro» provò a blandirlo la madre. «Fa’ il bravo. Di’ alla polizia ciò che hanno bisogno di sapere e poi ce ne torniamo a casa. Il tuo papà rientrerà per l’ora del tè, e quando verrà a sapere di questa storia avrà un mucchio di…»
«Lo lasci stare» sbottò Bernie.
Kate si chinò sul microfono della scrivania lì davanti, collegato ai minuscoli auricolari dei due agenti nell’altra stanza. «Potrebbe essere d’aiuto cambiare dinamica: fate uscire la madre.»
Vide Bernie stringere le labbra, restio a seguire le sue indicazioni nel timore che Stuart Butts potesse lamentare l’uso di metodi illegittimi durante l’interrogatorio. «Eri lì. Lo sappiamo perché ne abbiamo la prova.» Ancora nessuna reazione facciale o di altro tipo da parte del ragazzo. «Abbiamo la torcia che hai lasciato lì.»
«Non sono stato io. Io non ce l’ho, una torcia.»
Intervenne la madre. «Sta dicendo la verità! Non ce l’ha. Questo lo posso confermare.»
Kate si chinò di nuovo sul microfono. «Toglietevela di torno.» Vide Bernie incupirsi e Stuart Butts sollevare uno sguardo candido verso l’agente alto e silenzioso appoggiato al muro con una gamba piegata. Poi Butts tornò a guardare Bernie.
Bernie stava proprio per perdere la pazienza. «Non è la prima volta che ti trovi davanti alla polizia. Conosci il sistema.»
«Ma adesso è un bravo ragazzo. Prende le medicine ogni…»
«Non mi interessa» sbottò Bernie, con gli occhi ancora fissi sul ragazzo. «Deve darci delle risposte a partire da questo preciso istante, altrimenti domani mattina potrebbe ritrovarsi a fare colazione qui.»
La donna si rivolse al figlio. «Dai, Stuey, tesoro. Digli quello che sai e andiamo a casa.»
«Tua madre ti sta dando un ottimo consiglio.» Sentendo la voce profonda del detective appoggiato alla parete, il ragazzo sollevò la testa. «È ora che tiri fuori ciò che sai.»
Stuart Butts stava studiando Joe. «Americano?» Ottenne un piccolo cenno di assenso in risposta. «Hai una pistola tutta tua, eh?» Joe non rispose. «Com’è sparare a qualcuno?» Nel silenzio che seguì, il ragazzo tornò a guardare Bernie, sbattendo le palpebre una sola volta, lentamente. «Io non aiuto i maiali.»
Kate vide la madre contorcersi sulla sedia e la sentì lanciare uno strillo acuto. Bernie lo rimproverò all’istante. «Attento a come parli, ragazzino! Ne ho abbastanza di te. E adesso canta!»
«Non gli parli con questo tono» protestò la signora Butts. «Non c’è da stupirsi che lei non gli piaccia.»
Kate si chinò sul microfono, stavolta con tono impaziente. «Come ho detto prima, otterrete maggiori risultati se la mandate via.» Alla terza gomitata nelle costole da parte della madre, vide Stuart Butts stringere le mani a pugno.
«Finiscila, stupida vacca.» Poi, cogliendo lo sguardo di fuoco del massiccio agente di fronte a lui, Butts strinse le labbra in un altro sorrisetto furbo.
Joe si avvicinò al tavolo. Vi appoggiò le mani e abbassò lo sguardo su Stuart Butts, che lo sostenne. «Stiamo indagando su un evento avvenuto al parco e tu sei implicato. Ascolta. Come ha detto il mio collega, un oggetto di tua proprietà è stato ritrovato sulla scena del crimine. Dicci come è andato a finire lì o dovremo prendere in considerazione l’ipotesi di denunciarti per omertà.» La signora Butts emise una specie di singhiozzo strozzato, seguito da un’occhiata terrorizzata al figlio. «Che ne dici?»
Kate vide Butts soppesare le varie opzioni. Era ovvio che volesse andarsene. Qualunque risposta avesse deciso di dare in quel momento, l’avrebbe data solo per andarsene finalmente da Rose Road. «Va bene. Penso di essere passato di lì facendo una passeggiata, alcuni giorni fa. Ci sono rimasto solo cinque minuti, poi me ne sono andato.»
Kate si avvicinò al microfono. «Non è andato al parco per non fare niente. Chiedetegli che cosa stesse facendo e dove.»
La voce suadente dell’americano si fece sentire di nuovo. «Dicci che cosa hai fatto una volta arrivato lì.»
Butts rispose in modo vago: all’inizio aveva «cazzeggiato» per cinque minuti. Poi si era messo a piovere e quindi se ne era tornato a casa. Al termine di quel resoconto striminzito, Butts chiuse la bocca.
«E che cosa hai fatto esattamente durante quei “cinque minuti”?» domandò Joe, che evidentemente non aveva creduto a una parola.
«Niente. Ho fatto… un giro, tutto qui.»
«Hai visto qualcuno mentre eri lì?» domandò Bernie.
Gli occhi di Butts scivolarono verso il grosso agente. «Tipo?»
Bernie lo scrutò. «Tipo qualcuno che si ricordi di te e possa confermare la tua versione dei fatti. Se conosci quel parco bene quanto penso, allora saprai anche che ha dei frequentatori abituali.» Fissò gli occhi azzurri del ragazzo e Kate immaginò che dovesse essere come guardare attraverso una lastra di vetro. «Sto parlando dei vecchi porci che vanno sempre in quel posto.» Queste parole strapparono alla madre un altro strillo acuto, che poi si trasformò in un accesso di tosse. Il sorrisetto svanì dal viso del ragazzo. Ora aveva gli occhi fissi su un punto alle spalle di Bernie, l’espressione impassibile. «Non c’era nessuno.»
Da dietro il vetro, Kate lo stava studiando. «Fategli delle domande sui soldi.»
Bernie sbirciò la giacca a vento sullo schienale della sedia di Stuart. «Lavori part-time?»
«State scherzando» rispose Butts, sprezzante. «Lavorare per due soldi? Ma fatemi il piacere.»
«Smettila di fare lo spaccone con il poliziotto! Quando tuo padre verrà a sapere…»
«Chiudi la bocca.»
Dopo un’occhiata al collega, Bernie premette un bottone sul fianco del tavolo. La porta si aprì ed entrarono due agenti in uniforme, un maschio e una femmina. «Signora Butts, che ne direbbe di seguire l’agente Whittaker? Le offrirà un tè e qualche biscotto.» Bernie rivolse lo sguardo al giovane agente, che annuì con fare energico.
La signora Butts esitò. «Penso che dovrei rimanere qui con il mio St…»
«Non si preoccupi, signora. Il suo ragazzo starà benissimo. L’agente Sharma ci terrà compagnia per il resto della chiacchierata.»
Stuey congedò la madre con un’occhiata fugace. «Fuori dalle palle.»
La donna minuta lo guardò in cagnesco, raccolse la sporta e uscì dalla stanza insieme a Whittaker. Mentre l’agente Sharma andava a sedersi in un angolo, Joe si avvicinò al tavolo, sollevò la sedia lasciata libera dalla donna, la posò accanto a quella di Bernie e si mise a sedere. I due ufficiali rivolsero a Stuart Butts la loro attenzione.
Lui sostenne i loro sguardi, pronto a fare il duro. «Vi ho detto tutto quello che…»
Bernie lo interruppe, deciso. «Tua madre è uscita, ma c’è qui l’agente Sharma a vegliare su di te. Adesso puoi dirci il resto.» Kate colse lo sguardo schifato che il ragazzino aveva rivolto alla giovane agente e che Bernie, pur con evidente riluttanza, stava cercando di ignorare. «Muoviti.»
«Non c’è nessun “resto”. Quel che vi ho detto è tutto. Fine.»
Joe prese la parola. «Sappiamo che lunedì ha piovuto.»
Gli occhi azzurri sostennero lo sguardo di Joe, la voce ridotta a un sussurro. «Sono io che l’ho detto, giusto?»
«A che ora sei arrivato a casa?» chiese Bernie.
Stupito dall’improvviso cambiamento di direzione, l’adolescente si strinse nelle spalle. «Non so, direi alle tre e mezzo. Chi se ne importa.»
Joe gli lanciò un’occhiata inquisitoria, con le sopracciglia alzate. «Sei arrivato a casa più o meno all’ora a cui solitamente esci da scuola? Sapendo che tua madre era in casa? Non mi pare una mossa brillante.»
«Non c’era. Non c’era nessuno.»
Senza distogliere lo sguardo, Bernie picchiettò un dito sul foglio che aveva davanti. «Dopo che ti abbiamo beccato, ho telefonato a tua madre. Stando a lei, non sei arrivato a casa fino “alle cinque passate”.» Si chinò in avanti. «Un consiglio in tre paroline, ragazzo. Sputa. Il. Rospo.»
Gli occhi di Butts stavano passando da un agente all’altro. «Continuo a non capire di che cosa parlate.»
Joe lo studiò, con la testa reclinata da una parte. «Sei andato al parco da solo, quel giorno?»
Con la bocca chiusa, il ragazzo guardò l’orologio appeso alla parete. I secondi continuavano a scorrere. «Sì. E allora?»
Kate aveva notato che accompagnava ogni breve risposta con una domanda, e parlò di nuovo. «Stabilite dove fosse quando si è messo a piovere.»
Joe guardò il ragazzo. «Che cosa stavi facendo quando ha iniziato a piovere?»
Lui fece spallucce. «Stavo a guardare gli uccelli vicino al…» Il ragazzo chiuse la bocca all’improvviso.
«Vicino al…?» insisté Joe, mentre nella testa di Kate si faceva strada una parola: lago.
«Ero in giro e basta. Nessun posto in particolare.»
Joe annuì con cautela. «E quindi che cosa hai fatto quando ha cominciato a piovere?»
Butts spostò l’attenzione sulla finestra sbarrata. «Me ne sono andato. Avevo freddo. Ero stufo. Sono andato via. A casa.» Kate trascrisse le stringatissime risposte del ragazzo. Mentire è più semplice se ci si tiene sul vago.
Inclinando la testa di lato, Bernie esaminò il volto impassibile di Butts. «Ti sei fatto più di tre chilometri a piedi per fermarti cinque minuti in quel posto e poi andartene?» latrò, facendo trasalire l’adolescente per la prima volta. L’agente Sharma aggrottò la fronte e si schiarì la voce.
Joe interruppe il breve silenzio. «Hai idea del perché stiamo indagando a Woodgate?»
«Non ne ho la minima idea.» I piedi avevano ricominciato a muoversi senza sosta.
Joe e Bernie si guardarono di traverso mentre Sharma lanciava loro un’occhiata significativa. Bernie consultò l’orologio appeso al muro. «Per adesso basta.» Puntò il dito verso il ragazzo. «Però adesso ascoltami. Ti verremo a cercare ancora, puoi scommetterci. E se nel frattempo salta fuori che ci stai tacendo qualcosa, te ne pentirai, ragazzo.»
I due agenti si alzarono e Butts fece lo stesso, con un’espressione sprezzante in viso. Bernie lo fissò, collerico. «Lo sai che sei sulla buona strada per il riformatorio? Se non lo sai, ecco, te lo dico io. Sei in cerca di guai.» Nella stanza accanto, Kate annuì in segno di tacita approvazione.
Le sopracciglia aggrottate di Stuart Butts fingevano preoccupazione, mentre dagli occhi azzurro pallido guizzava un’espressione di puro scherno. «Oooh, davvero?» Dopo neanche un minuto era già scomparso. Lo stesso valeva per l’agente Sharma.
Bernie si voltò verso Kate, che era appena entrata nella stanza. «Che cosa ne pensi?»
«Penso che conosca bene il parco e, vista la riluttanza a collaborare, credo che si trovasse lì. Al capanno sul lago.»
Bernie guardò Joe. «E tu come l’hai giudicato?»
«Inaffidabile e reticente. Probabilmente non era lì da solo.»
Lasciarono la sala interrogatori insieme e percorsero il corridoio e le scale che scendevano verso l’Udi. Bernie lasciò cadere dei fogli sul tavolo, con uno sguardo rivolto a Joe. «Come prima cosa, domani mattina, ce ne andiamo a raccogliere tutte le informazioni possibili su Stuey Butts, a partire dalla sua scuola.»
Kate annuì. «Dobbiamo scoprire con chi marina le lezioni di solito.»
Camminava a capo chino nella monotonia del pomeriggio, affrettando il passo per allontanarsi il più possibile dall’edificio e da lei. Lanciandosi un’occhiata alle spalle, prese il cellulare dalla tasca, compose il numero e rimase in attesa. Dopo tre squilli partì la segreteria telefonica, una voce compassata che offriva dei biglietti. Lui sogghignò, e dopo aver aspettato che finisse parlò con voce derisoria. «Pron-tooo. Indovina chi è?»
Il suo messaggio fu interrotto – sapeva che sarebbe successo – e la voce boriosa giunse al suo orecchio. «Ti avevo detto che non dovevi mai…»
«Ascolta, razza di cafone! Attento a come parli con me, se non vuoi che tutti i tuoi segretucci saltino fuori. So che cosa hai fatto, ricordi? Indovina dov’ero cinque minuti fa?» Dopodiché rispose senza attendere che la voce all’altro capo del filo potesse ribattere.
«Che cosa?»
«Ho pensato che ti sarebbe interessato.»
«Perché eri…? Che cosa hai detto?»
«Calmati, cretino. Stanno cercando un ragazzo che conosco.»
«E allora perché mi telefoni? Che cosa vuoi da…» La voce si affievolì.
Lui represse un risolino, immaginandosi il viso madido di sudore, le mani tremanti. «Escogito qualcosa e poi ti faccio sapere. Contaci.»