3

Kate entrò nel parcheggio improvvisato, infilandosi nello spazio accanto a una Range Rover piazzata in mezzo a diversi veicoli ufficiali della polizia, compresa una station wagon nera con i finestrini oscurati. Spense il motore e osservò i dintorni. Il lago era parzialmente offuscato dalla nebbia del primo mattino. Alcune sagome in tuta bianca si stavano muovendo metodicamente intorno all’acqua e a una struttura in legno verde scuro su un tratto di terreno sopraelevato, tra alberi spogli e folti sempreverdi.

Kate uscì dall’auto, sentendo un vociare indistinto e il lontano ronzio del traffico dei pendolari sulla vicina M5. Raggiunse il limitare del parcheggio e abbassò lo sguardo, accorgendosi della poderosa schiena di Bernie, resa ancor più massiccia dalla giacca imbottita. Stava camminando accanto a una figura alta e dai capelli scuri, in soprabito blu. Cominciò a camminare a sua volta lungo la discesa.

«Fa freddo, che diavolo.» Bernie Watts aveva le mani sprofondate nelle tasche e le sue parole lo precedevano materializzandosi in nuvolette di vapore. Fece un cenno verso la figura minuta, vestita di bianco, appena visibile oltre le porte aperte della piccola costruzione in legno. «Spero che Connie si sia messa le mutande di lana.» Lanciò un’occhiata indietro, nella direzione da cui erano venuti. «Doc è arrivata.» Joe si voltò a guardare Kate mentre continuavano ad avanzare. Si avvicinarono ai gradini che salivano verso la piccola struttura e la figura all’interno li salutò con la mano avvolta da un guanto di lattice. «Possiamo venire su?» domandò Bernie passandosi una mano sui capelli, insistendo in particolare sul punto in cui tendevano a starsene ritti sulla testa di loro spontanea volontà.

La patologa, originaria di Hong Kong, annuì. «Va bene. L’area esterna è già stata esaminata.» Salirono i gradini ed entrarono, a braccia conserte per evitare di toccare qualcosa per sbaglio, e raggiunsero il punto accanto a cui si era inginocchiata la dottoressa Connie Chong, sopra un’apertura nel pavimento. Quando Connie parlò, tutti abbassarono lo sguardo sul buco. «Ci ha chiamati stamattina un uomo che era a passeggio con i cani da queste parti. Ah, ecco la vostra psicologa forense. Ciao, Kate.»

Kate entrò, salutò Connie agitando una mano e fece un cenno ai colleghi maschi. Gli occhi di Joe si abbassarono e Kate lo vide sorridere dei suoi pantaloni infilati negli stivali di gomma. «Spero di non essermi persa niente.»

«Stavo giusto per cominciare» disse la patologa. «Il tizio con i cani era qui fuori all’incirca alle sei e mezzo di stamattina. Stando alla breve dichiarazione che ha rilasciato all’agente Whittaker, il capanno aveva già le porte aperte e i cani, che erano senza guinzaglio, sono entrati.» Tese entrambe le mani sullo squarcio. «I cani hanno cominciato a mordicchiare le assi e lui, non riuscendo a convincerli a venire via, si è avvicinato per dare un’occhiata. Al suo ingresso il pavimento era più o meno intatto, salvo un pezzo staccato dai cani, che ho recuperato, e un altro che era laggiù.» Indicò l’interno del buco. «Pare che la curiosità abbia avuto la meglio sul padrone dei cani, che ha voluto sapere come mai le bestie si agitassero tanto. Così ha sollevato una piccola porzione di un’asse e, essendo un tipo pratico che gira con una torcia in tasca, ha dato un’occhiata. E ha visto abbastanza da chiamarci.» Si accovacciò, sollevando lo sguardo sui colleghi. «Quando sono arrivata con gli agenti della Scientifica, alle sette e mezzo, abbiamo sollevato altre assi e…» tese le braccia per afferrare una scatola di cartone, che porse agli altri «se vi mettete questi, vi mostro che cosa ha visto.»

Ciascuno prese un paio di guanti di lattice azzurro e allungò il collo, accovacciandosi sull’orlo del buco, mentre Connie puntava una lampada. La accese. Gli altri aspettarono che i loro occhi si adattassero alla luce intensa.

Bernie distolse lo sguardo. «Che diavolo» disse per la seconda volta quella mattina.

Spostando il peso sulle mani, Kate si chinò in avanti per avvicinarsi di più al buco. La vista del suo sconvolgente contenuto la fece scattare all’indietro. Incrociò lo sguardo di Joe, che si stava rimettendo in piedi. Lo vide scuotere la testa.

Connie stava parlando. «Fa orrore, già. E anche tanta pena.» Kate attese, mentre la patologa li fissava tutti, uno alla volta. «Non posso ancora darvi una stima temporale precisa, quindi non chiedetemela. Però, come potete immaginare, è lì da un bel po’.» Tornò a guardare il buco. «Potrò dirvi di più dopo che lo avremo portato a Rose Road ma, tirando a indovinare, direi giovane e maschio.»

Rimasero tutti in silenzio, gli occhi fissi sull’apertura. Kate guardò Bernie, le spalle ingobbite dal freddo, che si allontanava per esaminare il resto della pavimentazione. Joe si alzò e andò invece a studiare i danni alle porte d’ingresso.

Quando tornarono, Connie proseguì. «Che cos’altro vi posso dire? Ah, sì. Il pavimento in sé. Ecco, questo sì che è interessante. Volete sapere perché?» Tutti e tre annuirono in risposta. «Sospetto che quelle assi fossero già state divelte e sostituite in precedenza, prima che arrivassero i cani stamattina. E direi addirittura che la cosa è accaduta molto di recente, probabilmente pochi giorni fa. Hanno fatto come in un puzzle. Che sostanzialmente è ciò che i cani e il loro padrone hanno trovato stamani al loro arrivo.»

Kate spostò lo sguardo dal buco alla patologa. «Stai dicendo che di recente qualcun altro è stato qui e ha tolto questa parte di pavimento per poi sostituirla?»

«È il mio sospetto. Guardate quelli.» Indicò alcuni pezzi di pavimentazione di varie misure ordinatamente disposti da una parte.

Si avvicinarono ai pezzi e Kate li raccolse uno dopo l’altro, facendo scorrere le dita lungo i bordi scheggiati prima di rimetterli a posto e tornare a guardare Connie. «Ciò che abbiamo visto… laggiù. È lì da anni?»

«Sicuramente.»

«E hai già un’idea di quanti?» domandò Bernie.

«Sapevo che mi avresti fatto pressione» rispose Connie con un cenno di diniego. «No, non lo so.»

Tutta l’attenzione di Kate ora era assorbita dalla pavimentazione, il viso concentrato. «Sto cercando di farmi un’idea di cosa sia successo qui sulla base di ciò che ci hai detto e che abbiamo visto finora. Quello che stai dicendo è che a un certo punto, in passato, tutta questa porzione di pavimento è stata divelta perché qualcuno potesse nasconderci questo… lui. Poi il pavimento è stato ricostruito ed è rimasto intatto per anni… finché, qualche giorno fa, non è stato smontato e rimesso insieme. E questa mattina sono arrivati i cani e hanno ricominciato daccapo.» Kate fece qualche breve passo, concentrandosi sull’apertura. «Ed eccoci qui.»

La patologa sollevò lo sguardo su di lei. «Sì, questo è quanto.»

Kate camminò lungo il perimetro del buco. «Perché chiunque abbia messo qui il corpo è tornato solo qualche giorno fa per tirarlo fuori?»

Bernie le lanciò un’occhiata. «Chi ha detto che è stata la stessa persona?»

«Se non è così, perché prendersi la briga di ricostruire il pavimento e tenerne nascosto il contenuto?»

Quella frase le valse uno sguardo esasperato. «Chiunque sia stato a rimuovere le assi, probabilmente, non ha niente a che fare con ciò che abbiamo appena visto. Probabilmente è stato il solito atto di vandalismo idiota.»

Kate lo guardò. «E il tuo vandalo “idiota” è fissato con l’ordine?» Lo vide alzare gli occhi al cielo e scosse la testa. «Tendenzialmente i vandalismi sono atti criminali fatti da giovani. Dubito che il giovane vandalo medio avrebbe la pazienza o la motivazione necessarie a rimettere insieme un pavimento.»

Bernie la guardò di traverso. «Stai smontando tutto un po’ in fretta, anche per i tuoi standard. Che ne diresti di aspettare di saperne di più prima di cominciare con le teorie?»

Kate si mise a sedere, sollevando lo sguardo su di lui. «Ma allora questo è il prossimo caso dell’Udi?»

«Da quel che ha detto Goosey stamattina e dalla velocità a cui si muoveva quando lo ha detto, direi di sì.»

Connie sollevò gli occhi per sorridere ai colleghi. «Per quanto mi piaccia vedere gente entusiasta sul posto di lavoro, in questo momento il caso è mio. Va rimosso un altro bel pezzo di pavimento in modo da poter prelevare ciò che ci serve.» Si voltarono tutti a un suono di passi che si avvicinavano. «Ed ecco la Scientifica che viene a darmi una mano.» Si sporse verso la porta. «Buongiorno, Adam! Entra pure.»

Adam Jamison, il serioso capo della Scientifica di Rose Road, entrò con un cenno di saluto a Kate e ai colleghi e si rivolse direttamente a Connie. «Quanto va ingrandito il buco?»

Connie si alzò, trattenendo una smorfia di dolore. «Nessuno dice mai quanto i patologi si distruggano le ginocchia. Dammi un minuto e te lo faccio vedere.» Connie infilò una mano in una cassetta di metallo e ne estrasse un rotolo di nastro adesivo a strisce nere e gialle, poi si chinò per appiccicarlo sul legno con la mano coperta dal guanto.

Adam la guardò lavorare, poi annuì. «Vado a prendere gli attrezzi. Farai delle foto a tutto quanto prima che eliminiamo il pavimento?» Connie annuì, concentrata sul suo compito. «Comunque porto la macchina fotografica e le tabelle da inventario della Scientifica.» Salutò e scomparve.

Nel corso di quello scambio, Joe era rimasto a guardare all’interno dell’apertura. Si rivolse a Connie. «C’è qualcos’altro lì sotto. Sembra una torcia.»

«Esattamente, Joseph.»

Joe si fece da parte mentre Kate si avvicinava per guardare di nuovo a sua volta. «Proprio lì. La vedi?»

Kate si chinò sull’orlo del buco, inspirando un piacevole profumo di sapone e dopobarba leggero. Abbassò gli occhi, lasciando scorrere lo sguardo sulla superficie chiara e coperta da uno strato leggero di sabbia, fino a individuare una piccola forma cilindrica. Alzò gli occhi verso Joe. «Che sia caduta di mano all’assassino?» Tornò a guardare il buco per esaminare di nuovo i resti e la sua attenzione fu catturata da un minuscolo dettaglio, tanto ben illuminato quanto straziante. Qualcosa di curvo e scuro. Ciglia. Kate si rimise in piedi e si incamminò verso l’uscita, per fissare il lago nero e piatto. Un tempo qualcuno lo amava. Magari ne sentiva ancora la mancanza? Sospirò. Concentrati sul lavoro.

Voltandosi di nuovo, tornò a esaminare i vari pezzi di pavimento rotto. In ginocchio, sollevò e capovolse ogni frammento, accostandolo agli altri e provando nuove combinazioni, interrogandolo in cerca di un significato, identificandone la posizione. Dopo alcuni minuti si alzò, togliendosi la polvere dai pantaloni. «La mia prima ipotesi è che chiunque abbia smontato e poi rimesso insieme questa pavimentazione negli ultimi giorni sapesse già che cosa c’era sotto e volesse assicurarsi che rimanesse nascosto.»

Bernie abbassò lo sguardo su di lei, strofinandosi una mano sulle guance. «Io continuo a pensare al solito vandalo idiota, convinto di fare un bel lavoretto. Poi si è trovato davanti qualcosa di più di quello che si aspettava e se l’è data a gambe.»

Kate scosse la testa. «Ma non se l’è data a gambe, no? È rimasto qui, ha passato del tempo a riassemblare il pavimento, a nascondere ciò che c’era sotto. Perché disturbarsi a farlo, a meno che non fosse la persona che aveva infilato il corpo lì dentro fin dall’inizio?» Camminò lungo il perimetro del buco, parlando a bassa voce. «Ha ricostruito un puzzle di pezzi di legno rotti. Cosa che richiede qualche capacità: acume visivo, coordinazione, una certa manualità.» Guardò Bernie e Joe. «Un tipo paziente, metodico, bravo – o brava – a usare le mani.»

Il suono di altri passi che entravano nell’edificio li fece voltare e videro Igor, l’assistente di Connie all’obitorio, che si trascinava dietro una grossa cassa metallica. Aveva il respiro pesante, i capelli lunghi legati in una coda e il viso grassoccio arrossato per lo sforzo.

Bernie tornò a focalizzare l’attenzione su Connie, che ora era distesa su un fianco, con la testa sotto al livello del pavimento. Si accovacciò lì accanto. «Quando ne saprai di più?»

Connie tese una mano per prendere la macchina fotografica che le stava passando Igor. «Secondo la mia esperienza, l’entusiasmo dell’Udi si trasforma invariabilmente in insistenza. Adesso devo fotografare quello che abbiamo quaggiù e poi fermarmi a riflettere sul modo migliore per rimuoverlo da qui. Vi telefono.»

I tre lasciarono il capanno accanto al lago e risalirono il pendio ripido per tornare alle rispettive auto. Bernie stava parlando, senza fiato. «Bene, Corrigan, che ne diresti se quando torniamo io e te tiriamo fuori i file dal database delle persone scomparse tornando indietro di… che ne pensi? Cinque, sei anni?»

«Basandomi su quel che abbiamo visto, direi dieci» intervenne Kate.

Joe si voltò verso di lei. «Come va la vita, Rossa?»

Kate sorrise mentre raggiungevano il parcheggio improvvisato. «Più o meno come andava quando ci siamo visti l’ultima volta. Sempre frenetica, come piace a me. Quando Bernie mi ha chiamato, stamattina, stavo ragionando sui miei propositi per il nuovo anno riguardo a vita e lavoro.»

Bernie la guardò di traverso. «Questo prima di colazione?»

Lei abbassò lo sguardo. «E adesso ci sono persone coinvolte in ciò che abbiamo appena visto, che hanno iniziato l’anno nuovo ignare delle brutte notizie che stanno per ricevere.»

Bernie scosse la testa. «Se vuoi il mio parere, Doc, pensi troppe cose al mattino presto.»

Niente di umano
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