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Erano davanti alla porta dell’appartamento del professor Matthew Johnson, al secondo piano di un elegante edificio georgiano che dava su St Paul’s Square, al centro del Jewellery Quarter, una delle zone più esclusive di Birmingham. Bernie stava parlando a voce bassa. «Questo qui ci è dentro fino al collo, considerando quello che sappiamo su Cassandra Levitte. E adesso voglio proprio chiedergli come mai non ci ha risposto quando lo abbiamo visto l’altra volta.»
Dopo che Johnson, in silenzio, ebbe aperto loro la porta, entrarono e si trovarono in salotto. Visto che l’uomo non li invitò a sedersi, Kate rimase in piedi accanto a un’ottomana imbottita. Guardandosi intorno, osservò le pareti dipinte nei vari colori di uno spettro che andava dal crema all’oro, dal pesca al rosso. Mi chiedo che lavoro faccia sua moglie. Probabilmente è un’artista anche lei.
Il professor Matthew Johnson non aveva ancora aperto bocca. Stava aspettando. Bernie andò dritto al punto. «Abbiamo le prove che negli anni in cui studiava al Woolner lei ebbe una relazione con Cassandra Levitte, che sfociò in una gravidanza.» Il viso di Johnson si colorì all’improvviso, ma poi sbiadì come se niente fosse. Continuava a non dire niente. Bernie lo guardò adirato. «Ha qualche commento da fare su ciò che le ho appena detto, professore?»
Johnson guardò lui, poi Joe e Kate. Poi rispose con una bordata. «Era necessario che veniste qui tutti e tre? Avete intenzione di accusarmi di qualcosa?»
«No, signore» rispose Joe. «Però abbiamo bisogno che risponda al mio collega. Ha qualche commento da fare riguardo al fatto che nel 1993 lei venne identificato come il padre del bambino mai nato di Cassandra Levitte?»
Kate vide i muscoli della mandibola contrarsi, gli occhi sfrecciare da lei ai colleghi e viceversa. Il professore era turbato. E stava riflettendo. Kate era impaziente. «Signor Johnson, quando siamo venuti a trovarla in precedenza le ho chiesto di quale natura fosse la relazione sua e dei suoi coinquilini con Cassandra Levitte.»
«Sì, e ricordo che le vostre allusioni al riguardo erano a dir poco scandalose.»
«E lei non ci ha detto di averci fatto un figlio.»
Lui fissò Bernie, infuriato. «Perché è un’idea assurda. Ve l’ho detto. Henry Levitte mi aveva affidato la cura di Cassandra per via della sua vulnerabilità.»
«Deve informarci sulla gravidanza di Cassandra Levitte» disse Kate. «Deve parlarcene. Ora stiamo investigando su tre omicidi.»
La testa di Johnson scattò su all’improvviso. «Credevo che Henry si fosse suicidato.»
Lei lo guardò negli occhi. «Andandosene alla chetichella, ieri sera, si è perso tutta l’azione. La patologa lo ha esaminato. Non è stato un suicidio.» Johnson distolse lo sguardo e lo diresse verso la finestra. «Perché non ha parlato chiaramente, prima? Perché non ha detto niente del suo legame con Cassandra Levitte?» gli domandò Kate.
«Perché non c’era un legame.» Fece qualche passo indietro, passandosi una mano tra i capelli, poi si voltò. «Non mi importa dove o come abbiate ottenuto queste informazioni. Vi sto dicendo che non sono vere. Io non ho mai avuto alcun coinvolgimento con lei. È una bugia.» Lo osservarono mentre proseguiva, a voce bassa: «Suppongo che queste “informazioni” possano essere mantenute confidenziali?».
Bernie lo fissò, sempre più arrabbiato. «Ha paura della reazione di sua moglie? Riguardo a qualcosa che non le ha mai detto?»
Johnson strizzò le palpebre. «Chi ha detto che ho avuto una relazione con Cassandra Levitte?»
«Pensa che Cassandra mentirebbe al riguardo?» chiese Kate.
Johnson la guardò senza capire. «Che cosa?»
Intervenne Joe. «Professor Johnson, sta negando categoricamente di aver avuto una relazione sessuale con Cassandra Levitte e di essere il padre del figlio concepito nel 1993?»
«Certo.» Fissò Kate. «È Cassandra che l’ha detto?» Si mise le mani sul viso, poi le lasciò cadere. «L’unica spiegazione che ho, se vi ha detto una cosa del genere, è che non sta bene. Se l’avete incontrata, saprete che ha seri problemi. Io non la vedo da anni, ma erano evidenti anche allora. Vi ha fornito delle informazioni false. Non so perché. E non mi importa. Io sono una persona riservata. Il lavoro e la vita privata per me sono due cose separate.»
Bernie lo guardò con disapprovazione. «Be’, è sfortunato, perché andremo dai suoi colleghi, dai suoi amici e dalla sua famiglia a chiedere che cosa sanno.»
«State alla larga dalla mia famiglia o chiamo un avvocato.» Li guardò tutti, furibondo. «Quando ve l’ha detto Cassandra?»
«Non possiamo divulgare queste informazioni, signore.» Sentendo le parole di Joe, Kate si morse il labbro.
Johnson era arrabbiato. «E cos’è che potete dirmi in modo che possa contestarlo? Mi servono i dettagli, quando ha detto che è successo.»
Kate guardò di traverso Bernie, che fece un cenno di assenso. «Nell’ottobre del 1993, la signorina Levitte era incinta di due mesi» disse lei.
Johnson smise di camminare avanti e indietro e la fissò. Passò qualche secondo. «Ecco. Questo mi esclude. Nel luglio, agosto e nella prima metà di settembre del 1993 non ero neanche in questo Paese.» Lo guardarono voltarsi e andare al piccolo scrittoio sotto alla finestra. Aprendo uno dei cassetti, Johnson prese un passaporto e lo diede a Joe. Guardando Kate e poi Bernie, Joe lo aprì. Gli altri si avvicinarono per vedere.
Bernie si rivolse a Johnson. «Tutto questo mostra semplicemente che in quel lasso di tempo lei era all’estero. Ma Cassandra Levitte potrebbe aver fatto un salto da lei.»
Poi tutti si voltarono. La porta d’ingresso dell’appartamento si aprì e dal corridoio arrivò una voce gradevole. «Ciao, tesoro. Ho preso il salmone affumicato e il… Oh. Non sapevo che avessimo compagnia, stasera.»
Il ritardatario entrò nel salotto immerso in un profondo silenzio. «Qualcuno vuole qualcosa da bere?» chiese Johnson.
Erano nella Range Rover, nel parcheggio. Bernie era andato su tutte le furie. «Perché non ha detto subito che è… e neanche questo lo esclude. Potrebbe essere uno che tiene il piede in due scarpe. Che cosa se l’è messa a fare, la fede!» Kate stava battendo ritmicamente la testa contro il sedile davanti al suo. «E un’altra cosa! Ha messo le mani su quel passaporto un po’ troppo in fretta, maledizione, se volete sapere la mia opinione. Chiunque di noi ci metterebbe ore a ritrovare il passaporto.»
«Mi è parso un tipo ordinato» mormorò Joe.
Bernie non aveva finito. «Io non lo escludo come padre del bambino di Cassandra. Come ho detto, potrebbe essere andata lei a trovarlo. Tutti quegli anni fa magari lui era “confuso” sul suo… come si…»
«Orientamento sessuale» mormorò Kate in automatico, fissando l’architettura georgiana illuminata e i ristoranti affollati oltre il finestrino.
«Esattamente! Io dico che dovremmo metterlo nella lista dei sospettati insieme a Buchanan e al maledetto Roderick Levitte.»
Joe si voltò a guardare Kate. «Verificheremo, ma sembra proprio che in quei mesi del 1993 fosse a Istanbul.»
Kate annuì, prendendo alcuni rapidi appunti. Avrebbero controllato. In quel momento stava cercando di chiarirsi le idee su una domanda che le era venuta in mente nel momento in cui avevano assistito alla scena finale nell’appartamento di Johnson. Guardò i due colleghi. «Il medico visita Cassandra e le conferma la gravidanza. Le chiede chi sia il padre. Domanda: Perché Cassandra Levitte avrebbe dovuto dire che il padre del bambino era Johnson? Risposta: Perché dava per scontato che, se qualcuno fosse venuto a sapere della gravidanza, il nome di Johnson non le avrebbe causato problemi. Perché nessuno ci avrebbe creduto. Perché già all’inizio degli anni Novanta lei sapeva che Johnson era gay. Ha detto che era stato lui per proteggere qualcun altro.» Kate scorse pagine di appunti, ricordandosi della risata di John Wellan quando aveva fatto qualche domanda incerta sul fatto che Johnson potesse essere un «rivale» di Troy. Quindi Wellan sapeva che Johnson era gay. Probabilmente lo sapevano anche altri. «Chi stava proteggendo Cassandra?» Il suo sguardo si perse nel buio. «Il suo stesso padre?»
«Doc, hai pensato che magari poteva essere stato Nathan Troy?» fu la risposta di Bernie.
Joe si voltò a guardarla e la vide aggrottare la fronte. «Non ti sembra plausibile che Troy possa essere stato ucciso perché aveva messo incinta Cassandra?»
Kate stava fissando l’edificio attraverso il parabrezza. «Intendete una punizione familiare? Una sorta di atto di vendetta dinastico?» Pensò ai due maschi Levitte: Henry e Roderick. Mentre la Range Rover si spostava, fissò gli alberi spogli che sostenevano i fili di minuscole decorazioni. «Non sappiamo se la famiglia sia mai stata a conoscenza della gravidanza. Se non lo erano, non potevano vendicarsi di nulla.» Si mise una mano sulla fronte. «E poi perché avrebbero dovuto ritenere necessaria una ritorsione, nel clima di libertà sessuale degli ultimi vent’anni?»
Bernie la scrutò dallo specchietto retrovisore. «A me sembra che la gravidanza sia stata tenuta segreta perché, chiunque fosse il padre, si trovava in un bel guaio. Tu dici che era il suo stesso padre, ma poteva essere una persona qualunque, che l’aveva sfruttata per via dei suoi problemi o che magari era sposato. Quando torniamo a Rose…»
«No. Voglio sapere di più su questa gravidanza. Voglio sapere se Cassandra ha avuto il bambino e, se così è stato, che cosa gli è successo. In quel periodo Miranda ha avuto un figlio. Prendi la prossima a sinistra.»
Kate vide Bernie scuotere la testa. «Posso tirare a indovinare su dove tu abbia preso le informazioni. Ti piacciono proprio i guai, eh?» Lei si strinse nelle spalle. Se la sua infrazione nel consultare le cartelle cliniche di Cassandra Levitte fosse stata scoperta, ne avrebbe dovuto subire le conseguenze.