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Nella luce soffusa della grande aula, gli occhi di Kate passarono in rassegna il pubblico seduto di fronte a lei, scorgendo tutti i gruppi di studio delle matricole. Erano le cinque e mezzo e aveva quasi finito. Sorrise. «Okay. Per oggi avete sentito abbastanza teoria. Che ne direste di fare un po’ di esercizio su ciò che non si vede?» Premette un tasto del portatile posto sulla pedana, accanto a lei, e sul grande schermo alle sue spalle apparve l’immagine degli Ambasciatori di Holbein. Sollevò lo sguardo verso i due giovani uomini ritratti nel dipinto, rappresentati accanto a due mensole colme di oggetti, e l’enigma visivo posto in primo piano, proprio tra i due personaggi. Lo esaminò per alcuni secondi e poi si rivolse di nuovo agli studenti, a voce bassa: «Ditemi che cosa vedete».
Dopo qualche istante si alzarono varie mani. Kate fece un cenno a uno studente in fondo all’aula.
«Due tipi piuttosto ricchi. Quello a sinistra somiglia un po’ a Enrico VIII.»
«Tutte quelle cose sul tavolo tra loro… sono due uomini intelligenti, forse antichi scienziati» suggerì il suo vicino.
Si aggiunse un’altra voce. «E se fossero musicisti… o esploratori?»
Dopo aver ascoltato varie idee, Kate provò a riportare gli studenti sulla strada che voleva, puntando la penna laser sulla forma stretta e lunga in primo piano. «E questo? Che cos’è?»
Di nuovo un breve silenzio, poi altre mani alzate. «Una specie di incisione?»
Un’altra voce: «Una strana conchiglia».
«È tipo… un remo?»
A quel suggerimento, Kate fece un cenno di assenso. «Capisco che si possa vedere così, ma la risposta è no.»
«È una conchiglia.»
Attese che il mormorio delle voci si smorzasse, poi passò in rassegna i visi perplessi degli studenti. «L’arte ha sempre un significato, ma in questo dipinto Holbein ha usato una particolare tecnica per nasconderlo. La soluzione non è racchiusa nel dettaglio, ma nel dipinto nel suo insieme.» Vedendo che gli studenti erano ancora sconcertati, toccò un altro tasto. In silenzio, tutti videro la grande tela riprodotta sullo schermo ruotare lentamente di mezzo giro. Kate si avvicinò allo schermo, sollevando una mano verso il disegno laterale. «Quella che avete davanti agli occhi è un’immagine volontariamente distorta. Pare che l’intenzione di Holbein fosse che ci si avvicinasse a questo dipinto da un angolo obliquo; forse prevedeva che venisse appeso su una scalinata.» Guardò l’aula. «Capire che cosa significa dipende interamente dal punto di vista. Vedete come si è accorciato questo remo, o questa conchiglia?» Sentendo ulteriori brusii di commento si spostò sulla parte anteriore della pedana, in cerca della fila più vicina per individuare uno studente in particolare. «Che cosa è diventato il tuo remo, James?»
«Un teschio. Astuto.»
Kate tornò accanto allo schermo. «Holbein non utilizzò questa tecnica semplicemente perché ne era capace. La utilizzò per trasmettere il suo messaggio, la sua visione della vita: per quanto questi due uomini siano giovani e ricchi, la possibilità della morte è sempre presente.» Tornò sulla parte anteriore della piattaforma. «Bene. È tutto. Grazie per essere stati così attenti. Buon fine settimana a tutti.»
Gli studenti avevano riempito gli zaini e si stavano avviando verso l’uscita, quando il cellulare di Kate squillò. «Kate Hanson.»
«Ciao, Rossa.» Era Joe. «Che combini?»
Kate raccolse la cartella con gli appunti e la infilò nella valigetta. «Ho appena finito di fare lezione, vado a casa. E tu?»
«Abbiamo tirato fuori i fascicoli del caso Troy. I genitori vivono ancora allo stesso indirizzo. Li ho contattati e ora ho una proposta per te. Che ne diresti di andarli a trovare insieme? Così facciamo qualche domanda.»
«Ho avuto proposte migliori.»
«Ci scommetto, Rossa. Ho suggerito lunedì per dare loro il tempo di assimilare la notizia del ritrovamento del corpo del figlio, ma hanno insistito perché ci andassimo domattina. Immagino che abbiano aspettato abbastanza. Ti vengo a prendere alle otto?»
Kate stava improvvisando qualcosa per cena, preoccupata dalle prime informazioni sul caso. Magari il pavimento è stato rimosso da qualcuno che stava cercando di spostare Nathan Troy dal luogo in cui aveva riposato per vent’anni? E se così, chi? Era rimasto lì, senza che nessuno lo scoprisse o lo disturbasse, per…
Maisie era nel pieno di un racconto. «Quindi, allora ho detto, “Se facciamo una sostituzione, X uguale due meno”… Mamma!» Kate sollevò lo sguardo con aria colpevole. «Non mi stai ascoltando!»
«Scusami. Mi sono distratta. Va’ avanti.»
Maisie strinse le palpebre. «Stai pensando al corpo che hanno trovato vicino al Woodgate Country Park.»
Kate si bloccò di colpo e fissò la figlia. «Come fai a saperlo?»
«Ne hanno parlato alla radio locale. Hanno detto che era uno studente di diciannove anni e che era lì tipo da un pezzo. Che cosa gli è successo?»
«Non è un argomento di cui ti dovresti preoccupare» rispose Kate scompigliandole i capelli, anche se sapeva che a Maisie non piaceva per niente. «Continua a raccontarmi del professor Dallow.» Maisie era una delle tre studentesse molto portate per la matematica che una volta alla settimana uscivano da scuola e prendevano parte alle lezioni universitarie del professore.
Maisie sbuffò irritata. «Ha ammesso che avevo ragione, ma mi ha sgridata per “essere andata a sbirciare il programma dei prossimi mesi”. Gli ho spiegato che non l’avevo fatto, che lo sapevo e basta, ma ho capito benissimo che non mi ha creduto. Hai visto il corpo? È annegato nel lago?»
Kate tolse il pane all’aglio dal forno e le lanciò un’occhiata critica. «Non ho intenzione di parlarne, Maisie. Sposta quei libri dal tavolo, per favore.»
«Ma pensaci. E se magari volessi seguire le tue orme, lavorativamente parlando? In quel caso, qualunque informazione potrebbe essere d’aiuto alla mia futura carriera.»
«Credevo avessi deciso di studiare ingegneria. E il mio consiglio, lavorativamente parlando, è “smettila di essere così apertamente manipolatrice”.» Rimise in forno il pane aromatizzato e poi si voltò, il viso arrossato e una parola pronunciata da Maisie stampata in testa. Annegato. «Che cos’è che hai appena detto? Riguardo al parco?»
«Che cosa?»
«Ciò che hai appena detto del lago nel parco. Sembra che tu lo conosca bene.»
Gli occhi azzurri di Maisie si alzarono verso il soffitto. «No, non è così. Be’, so che c’è, insomma, e comunque da quando questo sarebbe un crimine?»
«Piantala di borbottare e apparecchia la tavola, per favore.» Osservò Maisie andare a prendere le tovagliette di lino e le posate, di malavoglia. «In quel posto non ci devi mettere piede. Mai. Hai capito?»
«Mamma, è lontanissimo e le uniche persone ad andarci che conosco sono Beatrice e Violet Miller…»
«Ah, quindi adesso conosci due ragazze che frequentano quel posto?»
Maisie sbuffò rumorosamente. «Sono le gemelle inquietanti e non contano davvero come due, inoltre non ho mai detto che lo frequentano.»
Con la sensazione di essere sotto assedio, Kate aprì il forno con uno strattone e tirò fuori di nuovo il pane. «Dico sul serio. Non andarci.»
«Non ci vado!» Maisie si alzò di scatto e se ne andò, lasciando Kate accaldata e scossa.
Molto più tardi, mentre saliva al piano di sopra, Kate si sentì chiamare piano. Spinse la porta della camera di Maisie e la trovò seduta sul letto a gambe incrociate, con Mugger acciambellato accanto. «Guarda, mamma.»
Kate si avvicinò e osservò con attenzione un complesso intreccio di piccole catenelle di sottile filo rosa. «Ma che carino! Non sapevo che sapessi lavorare all’uncinetto. Dove hai imparato?»
«Mi ha insegnato la vecchia signora Hetherington» rispose Maisie, riferendosi alla vicina di casa.
«Che gentile… però credo che sia sufficiente chiamarla “signora Hetherington”.»
«Okay, ma è tipo… vecchissima, davvero. Hai notato che certe volte la bocca dei vecchi assomiglia al sedere di Mugger?» Il gatto aprì un occhio.
Stanca, Kate sollevò il piumino bianco e rosa. «Sotto le coperte, sfacciata.» Si chinò a dare un bacio alla massa di riccioli rossi. «Ti voglio bene, tesoro.»
«Ti voglio bene anch’io, mamma.»
Sollevò il gatto che faceva finta di niente e lo portò fuori dalla stanza, ripensando a quanto aveva detto Maisie riguardo alle due compagne di scuola che andavano al Woodgate Park. Avrebbe ripetuto l’avvertimento.