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Su quello stesso trono – invecchiato di duemilaseicento anni e inclinato da una parte sullo scricchiolante pavimento di piastrelle – nel mezzo del buio sotterraneo, Clara Vanthi gridava.
«No, no… No! No!!!». Si voltò verso Abaddon Lotan. «Non c’è niente! È vuoto! Non c’è il Documento J!».
Tirò fuori dal buco l’ammasso di fango che aveva nella mano.
Si alzò e la gettò a terra.
«È vuoto! L’hanno portato via!».
Perplesso, Abaddon Lotan scuoteva il capo fissando la scritta DOCUMENTO J / NO ALLO STERMINIO sulla maglietta di Clara.
«Oh, no… no!». Si portò le mani alla testa, poi si slanciò verso quel buco dorato. Palpò con violenza le pareti d’oro tutte infangate, staccandone le incrostazioni con le dita. Nella parte bassa c’era altro fango ancora e ci infilò le mani dentro.
Tutti i presenti nella sala lo osservavano: Abaddon Lotan era in ginocchio davanti al grande sedile di metallo vuoto, come un adolescente in piena sbronza che vomita nel water.
«Il cherubino è vuoto…», mormorò John Apostole. Chiuse gli occhi e i soldati lo ammanettarono.
«Appendetelo alla corda. Appendeteli tutti».
«Il kuribu è vuoto», disse a Max León. «Non c’è un Documento J. Tutte le piste nella Bibbia conducevano a un inganno».
Nella parte alta delle colonne i sei volti orrendi dei serafini, angeli di fuoco dai grandi occhi spalancati, guardavano giù in silenzio, verso Abaddon Lotan, verso l’antico trono.
«Non ci posso credere…», esclamava il predicatore. «Non ci credo!».
Intanto i soldati appesero alla colonna anche Isaac Vomisa, ammanettato, e Serpentia Lotan.
«Legateli agli anelli!».
Abaddon Lotan si sentiva ormai abbattuto e “abbandonato” e si voltò lentamente verso la figlia.
«Passatemi una punta, un cacciavite. Voglio sventrare tutti questi maledetti degenerati, a cominciare da mia figlia. Voglio spargerne le viscere. Tu sei Lilith, maledetta! Sei il topo di fogna che mi ha inviato Satana per allontanarmi da Cristo. Da quando sei nata, sei stata solo una disgrazia per me». La schiaffeggiò con violenza. «Impiccatela! È una tentazione della carne perfino per suo padre». Poi gridò verso il cielo, «”Non lascerai vivere colei che pratica la magia”! Esodo 22:17!».
Serpia Lotan strillava.
«Perdonami, papà! Perdonami!», e divincolandosi cercava di impedire che la incatenassero. «Non farmi del male!». Piangeva, gridava. «Non ti allontanerò da Gesù, te lo prometto! Prometto! Non ti tenterò!».
Ken Tarko, il fedele alleato del reverendo, guardò l’orologio e, scuotendo il capo, si rivolse ad Abaddon Lotan.
«Il presidente degli Stati Uniti arriverà tra meno di un’ora. Aspetta il Documento J. Dobbiamo continuare a cercare. Dimentica il sacrificio. Quel documento dev’essere da queste parti», decretò guardando le pareti, le colonne degli angeli di fuoco.
Lotan lo fissò.
«È tutto perduto. Non c’è il Documento J. Dove altro potrebbe essere?».
Intanto, sul suo elicottero nero, il presidente degli Stati Uniti contemplava il panorama dal finestrino, calmo e soddisfatto, con un sorriso compiaciuto. Osservò il massiccio montuoso Harei Yehuda, colonna vertebrale di Israele. Osservò le casette bianche, addossate una sull’altra tra i monti, come se la grande città fosse un tappeto ondulato, ricoperto da migliaia e migliaia di abitazioni.
«La nuova capitale di Israele sarà Gerusalemme», si disse soddisfatto. «Lo decreterò io. Sono il presidente degli Stati Uniti. L’uomo più potente della Terra». Si voltò verso il proprio assistente: «Se qualcuno ha da ridire, è un problema suo».
«Signor presidente, i palestinesi che vivono a Gerusalemme la considererebbero un’aggressione. In rappresaglia, riconosceranno Texas, California, New Messico e Arizona come territori del Messico e non degli Stati Uniti».
Il presidente si appoggiò allo schienale dorato del proprio sedile. Tendine dorate oscuravano i finestrini. Era il colore che più amava, l’unico di cui amava circondarsi e che era ovunque possibile anche alla Casa Bianca: l’oro. Vi percepiva la sua stessa maestà.
«Forse dovevamo togliere la restrizione all’uso delle armi nucleari, non pensi?».
Il suo assistente disse: «Quello lì davanti è il monte Sion. È lì che è cominciato tutto questo conflitto. Sion fu la prima capitale, il nucleo originale della moderna Gerusalemme, la collina oggi conosciuta come Città di Davide o Settore antico. Migliaia di anni fa era una capitale egizia, ma questo la gente non lo sa e sarà meglio che non lo sappia mai. Gerusalemme faceva parte dell’Egitto. Atterreremo laggiù, nella base militare Mashabim. Ha un’ala sotto il controllo degli Stati Uniti ed è da lì che monitoriamo tutto il Medio Oriente, oltre che dall’altra nostra base Al-Udeid, in Qatar. Troverà una jeep blindata che la trasporterà allo scavo SION-001, più avanti».
Soddisfatto, il presidente guardò di nuovo dal finestrino.
«Abaddon Lotan è la voce che grida nel deserto», dichiarò al suo assistente. «È un nuovo Chelkia, un predicatore. Un nuovo Zoroastro, che preparò la via a Ciro di Persia. È qui per preparare la strada a me», sorrise. «Abaddon Lotan è solo un nuovo Giovanni Battista: un profeta. La sua funzione è di preparare la strada al Messia», e tornò a guardare dal finestrino.
«Abbiamo un problema, signor presidente…». Un altro assistente entrò con il telefono. «Abbiamo un problema. Il cassone è vuoto. Qualcuno ha già portato via il Documento J».