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«Così fu», disse Clara Vanthi a Max León. «Dopo la vittoria nel kuribu avvenuta nel 605 a.C., Nabu-Suma-Lisir organizzò un colpo di Stato contro suo fratello. Nabopolassar fu assassinato, Nabucodonosor voleva andare a invadere l’Egitto ma quel golpe cambiò i programmi. Gli accadde la stessa cosa che cento anni prima era toccata al Senaquerib di Assiria, in seguito a un piano del re giudeo Ezechia, colluso con il babilonese Marduk-apal-iddina, che nella Bibbia compare come Merodac-Baladàn. In poche parole: non aveva più suo padre e suo fratello era il re usurpatore. Gli eserciti si divisero e a Babilonia fu guerra civile. Nabucodonosor perse un anno intero in cui dovette andare a Babilonia per recuperare il trono e dovette assassinare il fratello».

«Uccise suo fratello?»

«Sì, e anche in modo brutale. Peggio di ciò che fece suo padre ad Ashur-Uballit II. Gli tagliò le estremità da vivo, gridando davanti a tutta la corte, a tutti i soldati di massimo rango. Subito, però, vedendo ciò che aveva fatto al suo stesso fratello, cominciò a piangere, a gridare. Fu come se fosse distrutto da dentro, da un inferno interiore, dal potere».

Max León chiuse gli occhi e la sua mente viaggiò a Babilonia.

«Rimettetegli le braccia!», gridava Nabucodonosor, ora re degli Accadi e dei Babilonesi. «Riportatelo a com’era prima! Rivoglio mio fratello!».

A terra, Nabu Suma Lisir si contorceva, con gli arti amputati, gemendo, la bocca che riversava sangue così come i moncherini macilenti. La moglie Saku e il figlio Gobryas gridavano contro Nabucodonosor.

«Maledetto! Essere infernale!».

Nabucodonosor si guardò intorno e pianse.

«Che sta succedendo?». Guardava Saku. Il piccolo Gobryas continuava a urlare.

«Maledetto! Maledetto! Maledetto!».

Nabucodonosor osservò suo fratello e deglutì.

«Dèi… riportartelo com’era prima. Rimettetelo a posto!». Si diresse verso l’uomo rosso, Zeyaryà, il secondo generale dell’impero. «Riportatelo a com’era prima! È un ordine!». Colpì Zeyaryà in pieno viso. «Riportalo a com’era prima!».

Ascoltò i gemiti del fratello minore, lo vide come un bebè, come quando era appena nato. La moglie era nuda e gridava, inzaccherata del sangue del marito, così come il figlio. Nabucodonosor cominciò a piangere.

«È un incubo… un incubo!». Deglutì e si bagnò del sangue del fratello. «Non sta succedendo davvero». Si portò le mani al volto. «Padre, padre! Come faccio a riattaccare le braccia a mio fratello?». Si rivolse al generale Zebuzaradan, con lo sguardo da avvoltoio. «Fa’ che finisca tutto. Fallo finire!».

Il generale gli sussurrò all’orecchio: «Imperatore degli Accadi, degli Assiri e dei Babilonesi, ora siete voi al potere. Questo è potere: l’orrore. È qualcosa che vostro padre non vi ha mai detto. Avrete il potere, ma vivrete nell’orrore. Il potere è orrore».

Nabucodonosor guardò il muro nero. Vide la scultura di suo padre.

«È sempre stato così», continuò il generale. «Assurbanipal uccise suo fratello Shamash-shum-ukin. Sargon II il fratello Salmanasar V. Vostro padre assassinò il fratello Nabu-balatsu-iqbi. Si sta solo compiendo il destino della vostra casta. Se volete il potere, ciò che amate brucia. Desidererete di non essere mai nato».

«E con questa mossa magistrale», spiegò Clara Vanthi a Max León nel nero Terminator, «il principe egizio Psammetico riuscì a disfarsi di Nabucodonosor per un bel po’ di tempo, a consolidare il proprio potere nel Sud, in Egitto, soprattutto contro i ribelli della Nubia, l’attuale Sudan, che di fatto ricevevano denaro da Babilonia. A Babilonia, però, anche Nabucodonosor, ormai fuori di testa, consolidava il proprio potere. E quando si sentì di nuovo forte, pieno di odio, decise di compiere la propria vendetta. A cominciare da Yaduku, dal re Joaquim, distruggendo completamente Israele, perché fu Joaquim che gli aveva fatto uccidere il fratello».

«E ci riuscì?».

Clara sorrise.

«Se non ci fosse riuscito, tu e io non staremo qui. Non sei d’accordo? Mi deludi come detective. Non solo ci riuscì, ma cancellò Israele, la convertì in una succursale di Babilonia e modificò completamente la religione ebraica, dato che, come parte del castigo, deportò gli Ebrei in schiavitù a Babilonia, dove rimasero prigionieri settant’anni. Questo è in pratica tutto ciò che stiamo scoprendo. Da parte loro, Talete di Mileto e la Redattrice R», e si accarezzò dolcemente i lisci capelli biondi, «che già erano diretti, con l’appoggio del principe Psammetico, verso l’Iran, verso il santuario in cui il segretario Safan aveva loro assicurato che avrebbero trovato il rotolo di rame, dovettero rientrare d’urgenza quando ricevettero la notizia che Nabucodonosor aveva deciso di prendersi la propria vendetta e distruggere la Giudea. Nabucodonosor credeva che tanto l’assassinio di suo padre quanto l’orribile fine di suo fratello fossero colpa della Giudea e voleva torturarne gli abitanti. Così, Talete e la Redattrice R dovettero tornare in Giudea per difendere il re Joaquim. Ma fallirono».

«In che modo?», chiese Max.

«Se Talete e la Redattrice R avessero avuto successo, Nabucodonosor sarebbe stato rovesciato. Non avrebbe né invaso né saccheggiato la Giudea e oggi noi tutti parleremmo egiziano. La Bibbia non avrebbe subito contaminazioni. Invece oggi siamo qui, a cercare la Bibbia. Significa che Talete di Mileto e la Redattrice fallirono o, semplicemente, non arrivarono mai».

L’enigma dell’ultima profezia
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