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Dalla porta della sala del trono, ora convertita in un oscuro e claustrofobico sotterraneo roccioso, puntellato con grossi pali di acciaio e dotato di sensori laser per rilevare ogni movimento, la bionda giornalista Clara Vanthi avanzava con la sua torcia tra i ruderi di colonne con sei enormi serafini. Puntò il fascio di luce tra le crepe.
«La risposta deve essere qui», disse, infilandosi nel blocco di metallo nascosto sotto la patina verde di melma. Dietro la copertura fangosa individuò il brillio del metallo dorato. Sorrise. Distinse le ali enormi, spiegate ai lati. Tra i pali del trono vide i volti dei guardiani barbuti protettori di Babilonia e si rivolse ai terroristi.
«Signori, questi sono i tetramorfi. Qui dentro è scritto il passato di tutti i popoli. Sono gli scavi di Eilat Mazar, quello che fu il palazzo di Sion».
Gli uomini vestiti di nero e armati di mitragliatrici avanzarono tra i grossi frammenti delle maestose colonne.
«Seraphim…», disse uno di loro. «Gli angeli di fuoco…». Accarezzò sulla superficie della colonna i pettorali crepati del dio sumero Ghibli.
Gli altri nove proseguirono con cautela in mezzo ai pali di rinforzo in acciaio. I sottili laser verdi li attraversarono.
«Niente paura: l’allarme è stato disattivato dalla centrale Dilmun-1», li tranquillizzò Hussein Zatar, che poi, con delicatezza, tirò in avanti Clara per le dita. «Hai fatto un lavoro eccezionale, amica mia. Ti avevo detto di far fluire l’inconscio e così hai fatto. L’informazione è venuta fuori passo dopo passo. Sono orgoglioso e ti sono riconoscente. Ti propongo di convertirti all’Islam».
Proseguì con lei in direzione del Megathronos. Clara sbatté le palpebre.
“Se solo qualcuno mi tirasse fuori da qui, accidenti!”, pensò prima di alzare gli occhi in alto.
Nella parte superiore dell’impalcatura vide le grandi scritte in ebraico su lastre di acciaio: MAGEN VELO YERA’E / NON ENTRARE. AREA INTERDETTA. SICUREZZA INTERNAZIONALE.
Con la suola di gomma frantumò una delle piastrelle lucide e abbassò gli occhi. Sulla piastrella c’era un’antica macchia scura: sangue.