27

A trecento metri e migliaia di anni di distanza, nella sala del concilio del palazzo reale di Giudea, sul monte Sinai, l’anziano segretario Safan camminò davanti al giovane e vigoroso re Giosia. Del liquido gocciolò dal manoscritto umido e pesante che aveva tra le mani e finì sul pavimento. Safan chiuse gli occhi.

Disse al sovrano: «Questa è la parola di Dio. Queste sono le istruzioni per il re». Srotolò la pergamena, che emanava un odore pungente. «“Quando il Signore, tuo Dio, ti avrà introdotto nella terra in cui stai per entrare per prenderne possesso e avrà scacciato davanti a te molte nazioni: gli Ittiti, i Gergesei, gli Amorrei, i Cananei, i Perizziti, gli Evei e i Gebusei, sette nazioni più grandi e più potenti di te, quando il Signore, tuo Dio, le avrà messe in tuo potere e tu le avrai sconfitte, tu le voterai allo sterminio”».

Con gli occhi lucenti, Safan osservò il monarca. Poi proseguì: «“Con esse non stringerai alcuna alleanza e nei loro confronti non avrai pietà. Non costituirai legami di parentela con loro, non darai le tue figlie ai loro figli e non prenderai le loro figlie per i tuoi figli”».

Re Giosia rimase di sasso a quelle parole.

L’anziano segretario deglutì. Poi il sovrano chiese: «Questo dice il manoscritto?». Si rivolse a suo figlio Eliakim. «Tu ne sapevi qualcosa?».

Eliakim fece di no con la testa. I ministri rimasero in silenzio. Tutti presero ad assentire.

Il re disse loro: «Signori, io non avevo mai sentito parole come quelle pronunciate da Moshe-Hanabí. Sottomettere nazioni? Sterminare popoli? È forse questo l’ordine che Dio diede a Mosè? Provocare dei massacri?».

Il grasso sacerdote Chelkia di Anatoth si avvicinò al re trascinando i sandali. Disse con voce tonante: «Lo scopriamo oggi. Questo rotolo è stato sepolto sotto al tempio per molti secoli. Oggi Dio ce lo ha mostrato. È la vostra benedizione come re che ciò sia avvenuto durante il vostro mandato. Dio stesso sta parlando proprio a voi, re di Israele e di Giudea».

«Dov’è Kesil Parus?». Giosia si guardò intorno. «Voglio l’opinione di Kesil Parus e di Huldah. Cosa pensano i sacerdoti farisei di tutto questo?»

«Parus è stato arrestato», rispose Chelkia. «È un traditore. Dovete giustiziarlo. È una spia degli Egizi. Lui e tutti gli altri farisei hanno commesso il tradimento ‘Am Ha’Ares».

Il re strabuzzò gli occhi e si alzò in piedi.

«Che avete fatto, Hilkiyahu? È una mossa politica contro di loro?».

I ministri si irrigidirono e si scambiarono delle occhiate.

Il re camminò in mezzo a loro. «Hilkiyahu, il vostro è un complotto per prendere il potere?». Guardò i ministri a uno a uno: Elnatan figlio di Acbor, Safan Sopher, Ahikam figlio di Safan, Asaiah Sopher. Quelli gli sorrisero.

Alle loro spalle, inginocchiata sulle mattonelle, in mezzo a due guardie babilonesi, c’era Radapu di Rumah. Era imbavagliata con uno straccio annodato sulla nuca e aveva le mani legate dietro la schiena. I capelli castani erano bagnati.

In silenzio, la Redattrice R fissò il pavimento e davanti ai suoi grandi occhi neri vide Mathokas. Vide il lucente corno con le punte di ferro del soldato Tarkullu che strappava le viscere a suo fratello. Chiuse gli occhi. Voleva urlare, ma lo straccio in bocca glielo impediva.

Il sacerdote Chelkia sussurrò al re: «Gli Assiri sono appena stati massacrati a Ninive». Indicò l’oriente. «Sono stati scacciati da Nabopolassar di Babilonia, padre di Nabucodonosor. La guerra tra Nabopolassar di Babilonia e Necao d’Egitto è vicina. Le nostre terre saranno il centro della battaglia, poiché ci troviamo nel mezzo. Babilonia ha sconfitto l’Assiria, perciò ora diventerà la più grande potenza mondiale. In questo stesso momento Nabopolassar sta conducendo i suoi eserciti verso Harran, l’ultimo rifugio degli Assiri sopravvissuti».Indicò verso nord. «Necao d’Egitto è preoccupato. Vuole bloccarlo lì: vuole impedire a Nabopolassar di prendere Harran, perché sa che se i Babilonesi prendono Harran, allora domineranno tutta l’Asia. Dopodiché Babilonia invaderà l’Egitto, una cosa mai successa in migliaia di anni. Necao non vuole essere l’ultimo faraone della storia d’Egitto. Per questo vuole portare le sue truppe in questa direzione, verso Giudea e Israele, e farle passare a nord, lungo la costa. Per ingaggiare la battaglia a Harran. I nostri informatori ci hanno detto che l’esercito si è mobilitato settimane fa e che ha oltrepassato il Sinai. A quest’ora gli Egizi saranno già nelle nostre terre».

Indicò fuori dalla finestra. Poi si avvicinò al re. «Dovete impedire alle truppe di Necao di passare da qui. Non permettete al faraone di trattenere i Babilonesi a Harran. Noi stiamo con Nabopolassar e con suo figlio Nabucodonosor». Chelkia fece un ghigno.

Il re si rivolse a suo figlio Eliakim.

«Capisci cosa sta succedendo?».

Eliakim fece di no con la testa. «Penso che questo sacerdote vi stia manipolando, padre».

Hilkiyahu disse a entrambi: «Se lasciate che Necao d’Egitto porti le sue truppe attraverso le nostre terre, sarete colpevoli di tradimento. Tradimento ‘Am Ha’Ares. Collusione con il governo egizio».

Il re sorrise con sarcasmo.

«Cosa state dicendo? Voi, Chelkia, accusate me, il re di Giudea e di Israele che governa su tutti voi, di tradimento?». Scrutò gli altri ministri. Quelli gli sorrisero.

Hilkiyahu esclamò: «È lo stesso tradimento che perpetrò vostro padre Amon». Arricciò il naso con disgusto. «Egli morì per questo».

Re Giosia strinse gli occhi. Mentre stavano in silenzio, il sacerdote gonfiò lentamente il petto. Il sovrano era tormentato dai ricordi del padre, Amon.

Hilkiyahu trascinò le calzature dorate verso la giovane scriba in ginocchio.

«Il regno si riempì di streghe e peccatori come questa», mormorò. Le accarezzò una guancia. «Fu il tradimento di vostro padre a contaminare la nostra terra. Per questo motivo fu assassinato. Vostro padre Amon disobbedì agli ordini di Dio».

Re Giosia abbassò lo sguardo.

Il giovane Eliakim si avvicinò al sovrano. «Padre», gli disse, «se neghiamo all’Egitto la via di accesso a nord perché possa dare battaglia agli Assiri, sarà come dichiarargli guerra. È questo che volete?», chiese rivolto a Chelkia. «Volete una guerra contro l’Egitto? Volete mandare il vostro stesso popolo a combattere una guerra superflua contro chi è stato nostro alleato?».

Il robusto sacerdote lo guardò dall’alto in basso. Scosse la testa e sussurrò al re: «Chiamate a raccolta il vostro esercito questa sera stessa, sire. Radunatelo immediatamente e mandatelo a combattere contro l’Egitto». Indicò fuori dalla finestra. «Quest’oggi, con questo codice, Dio stesso vi ordina di fermare l’esercito egizio qui nella vostra terra e di difendere la nostra nazione con fede assoluta. Non siate un codardo traditore come vostro padre! Dio stesso ci ha consegnato questo documento che contiene le sue promesse».

Chelkia strappò la pergamena dalle mani del vecchio Safan. Alzò lo sguardo al soffitto e proclamò a gran voce: «“V’impadronirete di nazioni più grandi e più potenti di voi”. “Tu infatti sei un popolo consacrato al Signore, tuo Dio: il Signore, tuo Dio, ti ha scelto per essere il suo popolo particolare fra tutti i popoli che sono sulla terra. Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli, siete infatti il più piccolo”».

Eliakim rimase ammutolito. Poi chiese cautamente a Chelkia: «È vero ciò che stiamo sentendo?». Si voltò verso i cinque ministri. «Quest’uomo vuole portarci tutti in guerra contro l’Egitto. Forse solo perché è alleato della famiglia reale di Babilonia? E perché ha questa scorta di guerrieri anzu fornitagli dai Caldei?». Indicò le guardie; portavano grosse maschere di bronzo a forma di testa d’aquila.

Il sommo sacerdote si avvicinò al re. «Un uomo come vostro figlio aspira a essere l’erede al trono di Giudea?». Scosse la testa. «In questo palazzo il coraggio cessò di esistere il giorno in cui perirono Davide e Salomone».

Fuori, nel buio corridoio delle scuderie, i soldati babilonesi trascinavano i sacerdoti farisei incatenati; il novantenne Kesil Parus era tra i prigionieri. Lo trascinarono lungo il corridoio acciottolato, sull’urina dei cavalli. Dietro di lui sfilavano gli altri trenta sacerdoti che si erano opposti a Chelkia.

Il soldato babilonese Kalubtu inveì contro il capo dei farisei, in accadico: «La vostra fazione non fermerà gli ordini di Babilonia. Vi taglieremo la lingua sull’altare di Marduk-apal-iddina, il vero dio di Nibiru. Portateli all’antica cisterna».

L’enigma dell’ultima profezia
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