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Trecento metri a ovest, nella struttura del Mossad, i due giovani analisti Isaac Vomisa e Moshe Trasekt, legati di schiena, nel salone di colore rosso, si avvicinarono in silenzio al piedistallo di vetro.

«Non ci posso credere», sussurrò il biondo Isaac. «È inaudito. Questo è Satana? Questo è il maledetto serpente dell’albero della Genesi? Questo lo incise la Redattrice R?».

Quello che lui e Moshe vedevano dentro il vetro era un mostro mitologico greco; il serpente sull’albero.

«Il suo nome è Ladone», spiegò Noè Robinson. «È la versione greca di Lotan. Non lo incise la Redattrice R, ma i suoi successori dell’anno 244 a.C., comandati da Tolomeo II di Alessandria. Questo è il serpente che vi siete sempre figurati, nella mente, nella vostra vita, nei vostri peggiori incubi, sull’albero della Genesi. In realtà fu l’undicesima fatica di Ercole. È il serpente che Ercole uccide nel giardino delle Esperidi»

«Diavolo! E come è successo?».

Il dottor Robinson sembrava soddisfatto.

«Gli scribi dell’epoca di Tolomeo II si incaricarono di inserire questo serpente greco nella Bibbia degli Ebrei per abbellire il racconto due della Genesi, per renderlo simile alla leggenda greca di Ercole, le cui prodezze erano molto amate dai Greci. Il mito dell’uomo forte che si avvicinò all’albero dei frutti proibiti: le mele d’oro del giardino delle Esperidi, che era il paradiso in cui viveva il titano Atlante. In quella storia, il serpente dalle mille lingue, Ladone, che era la versione greca del mostro fenicio Lotan, si attorcigliò all’albero per ingannare con le sue cento lingue chiunque si avvicinasse alle mele e intimorirlo con le minacce. Ercole non si fece ingannare da Ladone e lo decapitò semplicemente con questa spada, come si vede su questo frammento di ceramica proveniente dal museo Staatiche Antikensammlungen di Monaco, stanza due».

«Dio mio…», mormorò Isaac. «Non avrei mai immaginato che il serpente dell’albero avesse a che fare con Ercole. Ercole sono Adamo ed Eva?»

«Stasera, quando uscirete da questo edificio, guardate il cielo». E alzò gli occhi. «Osservate in alto il fiume di stelle che scorre intorno al Polo Nord. Quella costellazione a forma di vipera, di cui non vi siete mai accorti, è Ladone, il serpente della Genesi. Il suo nome astronomico è Drakon Hesperios, il drago delle Esperidi, o semplicemente Draco. La stella principale è Eltanin».

«Non può essere», commentò Isaac.

«A differenza di Adamo ed Eva nella Bibbia, però, che vengono ingannati e umiliati, sconfitti da un infelice rettile, Ercole lo affrontò e lo sconfisse in un colpo solo, portandogli via le mele. Adamo ed Eva fallirono per paura: per lo stesso timore reverenziale che, in seguito, gli scribi imposero a milioni di futuri lettori, voi compresi. Come Ercole, dovettero assassinare quel maledetto serpente e convertirsi in re, al servizio di Dio».

«No! Questa è blasfemia!», gridò Moshe Trasekt. «Siete voi il serpente! Come potete chiederci di disobbedire a Dio! È stato Dio a proibire all’uomo di avvicinarsi a quei frutti! Lo dice la Genesi, versetto 3:3!».

«Sei sicuro?», gridò Noè Robinson. «Te lo ha proibito il tuo Dio, oppure la Redattrice R e quelli che la finanziarono? E per chi lavoravano lei e i settanta di Tolomeo?». Lo strattonò per il braccio. «Sei troppo perso per via dello sdoppiamento della personalità dovuto al timore reverenziale! Non ti azzardi a pensare con la tua testa! Ti hanno bloccato il cervello! E credimi: Dio incoraggia sempre chi cerca la verità, perché Dio è verità, non menzogna! Tutto questo è stato fatto per sottomettere il popolo ebraico!».

Si rivolse a Isaac Vomisa.

«Vai dal cherubino. Nel cherubino è il segreto della Bibbia. Sta nella sala del trono, in mezzo alle Pietre di fuoco».

«Prego? La sala del trono?»

«Tu sei come Davide. Hai la sua personalità. Sarai Ercole, non Adamo. Arriva alla mela. Prendila. Non lasciarti intimidire dal serpente. Guida il tuo popolo alla verità. La verità è la Terra Promessa. La Terra Promessa è il Documento J e si trova là. Vai a cambiare il mondo», e indicò a est.

«Là? Che cosa c’è là?», chiese Isaac, sbalordito.

«Entra nelle gallerie, come fece Davide tremila anni fa, verso Sion. Vai a prendere quella fortezza». Tirò fuori dalla tasca un oggetto brillante: un diamante. Lo mostrò a Isaac. Alla luce del riflettore sul soffitto, il gioiello cristallino brillò di mille colori. «Questa è la vera Bibbia, il Documento J andato perduto nel passato. Essi lo gettarono nel fango e lo contaminarono, e una volta contaminato lo diedero al tuo popolo. Tu devi toglierlo dal fango e restituirgli l’originale splendore». E utilizzando la pietra come una lama, con un solo colpo tagliò le corde di Isaac e anche quelle che lo legavano a Moshe Trasekt.

«Voglio tornare nel mio ufficio!», gridò quest’ultimo.

Noè continuò a parlare con Isaac, che era ancora incredulo per come il dottore aveva cambiato atteggiamento.

«Esiste una Bibbia e non ha niente di Babilonia, né della Fenicia, né della Grecia, ma solo il messaggio che Dio trasmise a Mosè nel 1350 a.C. È la Fonte J». Gli mise in mano la pietra tagliente. «Questo ponte ti porterà in cima all’abisso di Tyropoeon, fino agli scavi sul monte Sion, dove si trova la giornalista di Moses Gate, a trecento metri da questa porta». Indicò a est. «Lì incontrerai Sarah Rebborn, la figlia di Ted Shackley. Trova insieme a lei la Fonte J. Portala all’ONU. Poni fine al terrorismo, all’odio e allo sterminio. Hai l’appoggio del tuo governo».

In quel preciso istante, Noè Robinson fu colpito al cuore da un proiettile.

Glielo aveva sparato dall’alto Kyrbu Firesword, un uomo dai capelli rossi arruffati sulle tempie, come la criniera di un leone. Il naso era schiacciato come quello di un felino, per via della leontiasi ossea. Vestiva in gessato aderente, gli occhi umidi e cisposi come quelli di un vitello. Sbatté le palpebre.

«Io sono il cherubino di guardia al giardino dell’Eden». E sorrise a tutti. «Il ponte Dilmun non è di competenza di Israele, né del governo palestinese. Lo controllano gli Stati Uniti. Il mio presidente è la Fonte J».

L’enigma dell’ultima profezia
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