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Ai piedi della torre, Radapu guardò Nabucodonosor dritto negli occhi; brandivano le rispettive armi.

Il re gli sorrise e parlò rivolto al cielo: «Amato esercito!», e chiuse gli occhi. Nel silenzio assoluto in cui aleggiavano gli echi sempre più distanti delle sue stesse grida, riprese. «La donna che avete davanti ha scritto il libro della religione di questo regno! Volete sapere cosa ha scritto in questo libro, sostenendo che fosse una rivelazione del suo dio?».

Dietro di lui, tra i soldati sorse un gran clamore.

«Nella sezione cinque di questo libro ha scritto quanto segue: “Quando Jahvè tuo Dio ti avrà introdotto nella terra in cui entrerai per prenderne possesso, e ti avrà messo davanti molte nazioni e razze, Ittiti, Gergesi, Amoriti, Cananei, Ferezei, Evei, Greci e Gebusei, sette nazioni più grandi e più potenti di te, tu le distruggerai del tutto! Non farai alleanze con loro, e non userai loro misericordia! E non ti imparenterai con loro, né permetterai alle tue figlie di essere mogli dei loro figli!”».

«Distruzione! Distruzione! Distruzione!», gridarono rabbiosi i soldati.

Il re disse loro: «Questa donna e il suo popolo provano disprezzo e ripudio per tutti voi, amato esercito! Non siete niente per loro! Questa donna vi disprezza. Vi odia perché siete della vostra razza, perché siete stranieri. Pensa che rappresentiate tutto il male e ha scritto al suo popolo l’ordine di distruggervi insieme alle vostre famiglie, convincendo l’intera popolazione che siano ordini del suo dio: lo sterminio dello straniero».

Radapu negava tutto con la testa.

“Ipocrita codardo”, pensò stringendo la lancia di Simonide.

I soldati iniziarono a colpire i loro scudi musezibu.

Nabucodonosor sorrise.

«Ti uccideranno. Ti odiano per via di ciò che hai scritto, ma io posso salvarti». Le rivolse uno sguardo intenerito. «Devi solo genufletterti davanti a me». La fissò senza battere ciglio. «Inginocchiati di fronte a me. È facilissimo. Trascinati fino a me, in ginocchio, con le gambe aperte e metti la bocca tra le mie gambe, con le braccia dietro la schiena, e dimmi: “Accetto il tuo giogo sul collo, re degli Accadi e dei Babilonesi. Il mio Dio mi ordina di servirti e di essere tua schiava”».

Radapu, senza muoversi di un centimetro, scosse la testa.

«La mia unica funzione è di annientarti».

«Sottomettiti a me, bellissima donna. Ti perdonerò. Interromperò la distruzione del tuo popolo. Di’ loro che il tuo dio ordina di piegarsi davanti a me e di servirmi».

Radapu guardò all’orizzonte e vide migliaia di teste. Centinaia, migliaia di soldati babilonesi con le lance in alto. Alle sue spalle le fiamme lambivano le mura della città.

«Avevi promesso che prima avremmo combattuto solo io e te, senza il tuo dannato esercito. Un’altra prova della tua codardia».

Il re socchiuse gli occhi in maniera quasi impercettibile verso la cima della torre. Da uno dei merli di pietra, un tiratore scoccò un piccolo dardo contro la donna.

Radapu sentì la puntura alla spalla destra. Un formicolio iniziò a diffondersi lungo il braccio. Non sentiva più la mano.

«Cosa mi sta succedendo?», si rivolse al re.

Nabucodonosor agitò i suoi due bastoncini di legno sui lati, contro la luce del sole. Con due piccoli scatti dai due legni sbucarono due lunghi bracci di bronzo, ognuno appeso a un intreccio di fili di rame, con una serie di punte.

Li fece roteare come eliche.

«Sto per strapparti la carne», disse scagliandoli contro le gambe di Radapu. I fili le si attorcigliarono alle cosce e le punte vi si conficcarono. Poi tirò con violenza.

«Aprirai le gambe, assassina!». La trascinò a terra. «La donna che viene scoperta a praticare una magia o un incantesimo nella terra di un uomo, o in un’imbarcazione, in un forno o dovunque sia, sarà giustiziata per stregoneria! Questo è ciò che stabilisce il codice di Babilonia! Sei una femmina dell’inferno, Lilitu, figlia di Ereshkigal, e oggi ti farò a pezzi!».

Con gran forza tirò le due trecce di rame, arrotolandole intorno ai legni, separandole e facendole sanguinare le gambe.

«Mi hai fatto passare anni a scrivere storie, a leggere storie di centinaia di popoli», gli disse Radapu. «Ho trascorso anni e anni a scrivere ogni genere di strategia di combattimento! Ora ho tutto in testa! Sono tutti i miei personaggi! E tu morirai per la tua superbia!».

Poi, con le braccia intorpidite dal veleno, afferrò i fili e li tirò con tutte le sue forze al petto.

«Signore mio Dio, sei l’unica potenza nell’universo! Tutto il resto non è che un velo!».

Il re di Babilonia, senza lasciare i bastoni, barcollò in avanti. Con gli scarponi calpestò i rami che si spezzarono sotto il suo peso. La gamba di Nabucodonosor, dalla caviglia alla coscia, cominciò a entrare nella trappola di spine.

«Maledetta strega! Maledetta Lilitu! Uccidetela con le frecce! Uccidetela ora!».

Dal cielo piovvero migliaia di dardi. Nella loro stessa ombra la scriba vide tra le nuvole la luce di Jahvè, vide il creatore dell’universo. Sorrise.

«Mathokas. Sono sempre con te». Aprì le braccia.

Poi gli passò accanto uno scudo di ferro a forma di scarabeo, arancione, viola, verde e giallo.

Una mano decisa le strinse forte il braccio e la tirò indietro.

«Tagliate queste corde!».

Un’ascia egiziana calò sulle trecce di rame.

Sotto lo scudo, l’uomo tirò indietro Radapu, verso il canale Tyropoeon, mentre venti metri più indietro Talete di Mileto, con la sua spada kopis, si difendeva dal giovane vestito di stracci.

«Geremia…?».

Il figlio del sacerdote Chelkia maneggiava la sua barra come un guerriero scita.

«Ti avevo ordinato di mettere il giogo di Nabucodonosor sul collo e di dichiararti suo schiavo!». Distolse gli occhi.

Talete colpì la spada con il tubo di ferro.

«Sei pazzo. Credi davvero a quello che dici?».

Lo straccione girò su sé stesso e, con la punta, colpì Talete alla mascella.

«Chi non si sottomette al comando di Nabucodonosor sarà distrutto! Questo è il comando di El-Elyon, il tuo Dio! Nabucodonosor è la sua creatura!». Gli sorrise. «Nabucodonosor è il cherubino di fuoco!».

Talete si rivolse a Radapu.

«Ehi, non portatela via! Dove la stanno portando?!».

Le frecce cadevano a terra uccidendo i millepiedi. Da sotto lo scudo egiziano in ferro battuto, il principe Psammetico correva verso la cavità con Radapu tra le sue braccia.

«Ucciderai Nabucodonosor di Babilonia, ma non ora!», le disse.

«Che dici?!».

«Lo faremo insieme, come marito e moglie!».

Saltellando tra le frecce, il mercenario greco Talete di Mileto li raggiunse.

«Dove la stai portando, maledizione?! Lei è mia, la amo!».

Il principe egizio si fermò per un secondo. Si rivolse a Talete.

«Il tuo aiuto è stato prezioso», sorrise. «Ma adesso lei viene in Egitto».

E Talete di Mileto rimase solo, in ginocchio, in mezzo al campo di battaglia

L’enigma dell’ultima profezia
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