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Con il suo temibile esercito di quarantamila uomini, il re babilonese Nabucodonosor, pieno di odio e di oscurità, avanzava per le pianure Göbekli Tepe, tra l’Eufrate e l’Oronte, tra tormente di polvere ardente, per radere al suolo la regione di Canaan e non lasciarne pietra su pietra, per vendicarsi del re giudeo che gli aveva fatto uccidere suo fratello e spinto quello stesso fratello a uccidere il loro padre Nabopolassar.
Strada facendo rase al suolo i villaggi di Siria, Fenicia e Filistea, i quali, distrutti per sempre, scomparvero dalla storia: Ashdod, Lachish, Ekron e l’antica Ashkelon.
Una pioggia di fuoco investì Ekron, trentacinque chilometri a ovest di Gerusalemme, gli attuali resti di Tel Miqne. Il re filisteo Adone, di pelle chiara e alto due metri, gridava in lacrime tra i suoi soldati.
«Signore dei re, faraone d’Egitto, amato Necao, re del cielo e del Baalshamyan! Sono il vostro servo Adone, re di Ekron. Ho urgente bisogno del vostro aiuto, del vostro esercito! Nabucodonosor sta tornando per dare alle fiamme il mio regno! Vuole prendere il dominio di tutte queste terre. Ha già preso Ahek. Vi prego, inviate il vostro esercito a difendermi. Amato Necao, mandatemi vostro figlio Psammetico per proteggere insieme a me i Filistei. Non posso farcela da solo contro quella forza infernale. Non abbandonatemi qui a Ekron! Nabucodonosor mi mutilerà».
Le porte della sua stanza tremarono.
Trenta chilometri più a sudest, ad Ashkelon, il re Aga rosso di capelli, spettinato, gridava ai suoi due figli: «Andatevene da qui prima che arrivino! Non fatevi catturare. Nabucodonosor cava sempre gli occhi alle sue vittime per offrirli in sacrificio al padre».
All’esterno, con il suo grande carro a forma di drago a tre teste, il principe Nabucodonosor, senza smettere di avanzare tra le rocce, guardò le stelle e, piangendo, gridava: «Ti distruggerò, Joaquim, maledetto re giudeo! Ti mutilerò, sequestrerò il tuo maledetto popolo. Lo deporterò in schiavitù a Babilonia per tormentarlo. Distruggerò il suo passato, distruggerò la sua memoria! Lo costringerò a inchinarsi ai miei dèi, agli dèi di Babilonia, e si genufletteranno davanti al kuribu, perché tu mi hai tolto mio padre! Al mondo esisterà un solo impero, solo Babilonia! Perché dopo la distruzione di Yakudu, raderò al suolo anche l’Egitto per vendicare la mia tragedia. Il mondo sarà solo oscurità e terrore. La guerra che oggi comincia è infinita, brucerà per sempre!».
Gli occhi lacrimavano sangue e il re piangeva in silenzio.
«Che tutto finisca, che tutto finisca e basta».
E, con il viso stravolto, pianse come un bambino.