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Su quelle stesse rocce si trascinò un’altra ragazza, della stessa stazza e statura di Radapu, ma con i capelli biondi e gli occhi verdi. Indossava una maglietta bianca, bagnata e macchiata di fuliggine, con la scritta: FONTE J / NO ALLO STERMINIO. Adesso era anche bruciata e sporca di sangue. Il suo.
«Non sta succedendo davvero», ripeté a sé stessa l’inviata del giornale italiano «la Repubblica».
Clara scrutò nell’oscurità e avanzò appoggiandosi sui palmi delle mani. Si strappò i jeans sulle ginocchia.
Sentì dietro di sé le voci degli uomini con le torce che parlavano tra di loro in arabo: «Waqad sahamat hadhih almar’at mae eulama’ alathar min jamieat talin ‘abib. Questa donna ha collaborato con gli archeologi dell’università di Tel Aviv per screditare la storia di Mosè e di Abramo. Li ha aiutati a localizzare il Documento J, in questa galleria. Prendetela viva».
Alle loro spalle, in fondo al tunnel, altri sette uomini armati di mitragliette tastarono la parete al di sopra delle macchine perforatrici ancora calde. Insieme a loro c’erano le troupe televisive degli archeologi.
«È qui. Hadha hu almakan. Questi scienziati dicono che la versione prebabilonese della Bibbia si trova qui. Passatemi i vostri martelli».
Si sistemarono tutti attorno a quel punto della caverna. Iniziarono a colpire la roccia calcarea con dei martelli enormi. «Lays hunak alwahi alhaqiqiu ‘iilaa min Allah! Distruggiamo quello che è nascosto dietro questa roccia!», urlarono. «La sola rivelazione autentica è quella che Allah annunciò al nostro profeta Maometto nel 610 dopo ‘Isa ibn Maryam, il Cristo».
Clara Vanthi avvertì la pressione di un forte artiglio umano sulla caviglia.
«Tu vieni con noi, donna malefica». Poi il suo aguzzino sbraitò: «“Io seminerò il terrore nel cuore dei miscredenti: colpiteli tra capo e collo, colpiteli sulle falangi!”. Corano, versetto 33:50, 8:12. È così che ti picchierò, schiava schifosa». La spinse.
A millecinquecento chilometri di distanza, tra le onde del mar Mediterraneo, presso la terrazza del monastero di San Giovanni apostolo sulla vetta più alta dell’isola di Patmos, Max León accarezzò l’oggetto argentato che aveva tra le dita. Appoggiato sul petto carbonizzato del sacerdote c’era un cuore immacolato fatto di argento. Creseto Montiranio lo portava appeso a una catenella delicata, d’argento anch’essa.
Max spostò l’attenzione su John Apostole, l’agente britannico dagli occhi azzurri.
Erano entrambi chini sul cadavere e si riparavano dagli spari del cecchino nascosto.
«Ho appena contaminato questa prova», disse Max a John. «L’ho appena macchiata con le mie impronte digitali. Avrei dovuto usare i guanti».
John Apostole gli si avvicinò. «Lascia perdere i guanti». Una raffica di proiettili gli passò oltre la testa. «Il segreto si trova all’interno di questo sacro cuore». Accarezzò il ciondolo. «Dobbiamo aprirlo».
Entrambi pigiarono sul piccolo cuore argentato. La bellissima Serpia Lotan, figlia del reverendo Abaddon Lotan, si avvicinò ai due uomini.
«Posso vedere?».
Max la guardò con diffidenza, ma riportò l’attenzione su quello strano oggetto. Il cuore si aprì in due parti come un minuscolo libriccino. All’interno c’era un finissimo pezzo di carta, sgualcito e ripiegato in una pallina compatta che iniziò a disfarsi.
«È carta di riso», sussurro Max. Si scambiarono un’occhiata. L’agente britannico distese il foglietto tra le dita. Inclinò la testa e disse: «È latino».
In DCXXII – ante nativitatis Domini Iesu – aliquis alteretur Revelatio Mosi: Bibliae. Contaminatus traslatio factorum. Unus est enim alia nobis hodie. Qui creavit libro Babylonem. Deo, rediit in terra – ut hoc corrigere errorem. Ideo crucifixerunt eum… Ioannes… Eusebius, Historia Ecclesiae. Caput 39. 3. 6. Sex sex sex cubiculum meum veritatis est, in illa gravis.
«Non lo capisco», fece Max.
John Apostole lesse il testo in silenzio per qualche minuto, poi tradusse in un lieve sussurro: «“Nell’anno 622 prima della nascita di Gesù, qualcuno alterò la rivelazione di Mosè: la Bibbia. Fu creata una versione contaminata, quella che oggi ci guida. Babilonia la creò. Dio stesso dovette tornare in terra per porre rimedio al danno. Perciò lo crocifissero. Il suo apostolo Giovanni si portò questo segreto nella tomba: l’autentica rivelazione di Mosè, la verità sull’enigma della Bibbia, si trova nel Documento J, presso il monte Sion, tra le Pietre di fuoco. Ho lasciato nella tomba di Giovanni la mappa degli assassini che mi hanno assoldato e la chiave per la nicchia sotterranea. Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica. Libro III. Capitolo 39. Paragrafo 6. La mia vera dimora è il numero 666, in questa tomba”».
Rimasero tutti e tre in silenzio. Poi John Apostole sussurrò: «La storia si ripete. Si tratta dell’autore dell’Apocalisse. Tutti credono che l’autore sia l’apostolo Giovanni. Ma non fu lui a scrivere quella parte del Nuovo Testamento. Il vero autore è l’uomo che assassinò Giovanni. Il suo nome era Cerinto». Digitò qualcosa sulla tastiera del suo cellulare.
«Cosa stai dicendo?», gli chiese Max. Sotto di loro, Creseto Montiranio stava in silenzio, fumante.
John digitò sul cellulare: “Eusebio Cesarea. Storia ecclesiastica. Libro 3. Capitolo 39. Paragrafo 6”. Fece una ricerca su Google.
Il risultato gli fece spalancare ancora di più gli occhi.
«Dio santo…».
Serpia osservò Max. John spiegò: «Si tratta di una parte del libro sulla storia della Chiesa scritto dal vescovo di Cesarea nel 324 d.C. Questo vescovo, conosciuto come sant’Eusebio, oggi è considerato uno dei padri della Chiesa». Guardò il cellulare. «Dice: “In Asia vi furono due con lo stesso nome, e a Efeso vi sono due tombe che portano entrambe ancor oggi il nome di Giovanni apostolo. Sono due persone diverse. È certo che fu il secondo, e non il primo, colui che scrisse il testo che oggi chiamiamo Apocalisse”».
Rimasero in silenzio, perplessi. Due proiettili passarono tra le loro teste.
Un uomo correva verso di loro, piegandosi il più possibile per schivare i colpi: era l’ambasciatore Dorian Valdés.
Quando li ebbe raggiunti, disse: «Ragazzi. È ora che sappiate una cosa che cambierà per sempre le vostre vite. Esiste un segreto in merito alla Bibbia, che non è stato rivelato al mondo. Gli archeologi lo sanno. I capi religiosi lo sanno. Ma non vogliono che il resto della gente lo venga a sapere. I governi hanno insabbiato quest’informazione. La Bibbia odierna è stata alterata sette volte: dai Babilonesi, dai Persiani, dai Greci e infine dall’imperatore Costantino. Persino la figura di Cristo è stata modificata. Nella Bibbia compaiono mostri babilonesi. Ma la vera Bibbia, il messaggio di Mosè e di Gesù, dice delle cose diverse. Oggi conosceremo la risposta».
Max scosse la testa. «No, no, no… Questo è un racconto da Alice nel paese degli incubi. Cosa sta dicendo?». Guardò l’angolo dello schermo gigante. Il cecchino era ancora nascosto con la sua mitraglietta. Gli spari venivano da lì.
Max sfoderò dal cinturone la sua bellissima Mendoza HM4S nera. «Questi maledetti stronzi mi hanno stufato».
«Statemi a sentire, figli di puttana!», sbraitò. «Non ho intenzione di uccidervi! Vi consacrerò!». Fece fuoco.
Il suo superiore lo prese per un braccio. «Max, in realtà sono esistiti due Giovanni. Questa è la chiave dell’enigma della Bibbia. Non fu il vero Giovanni a scrivere il Libro dell’Apocalisse. Il vero Giovanni fu assassinato. A ucciderlo fu un impostore che arrivò dall’Asia per sostituirlo, per predicare utilizzando la sua identità e il suo nome. Quest’uomo era al servizio dell’impero persiano, che voleva distruggere Roma. I Persiani sfruttarono il cristianesimo e la Bibbia come mezzo di propaganda per porre fine all’impero romano. Per questo dovettero modificarla. La Bibbia odierna è uno strumento persiano».
«Non è possibile, capo». Max continuò a sparare. «Chi era questo impostore? Perché la gente non ne sa nulla?»
«Ora sei di nuovo ciò che sei sempre stato, Max León: un investigatore. La chiave di tutto il mistero è questo sacerdote. Il suo nome non era Creseto Montiranio. Il suo nome era Cerinto, come il suo doppio nel passato».
«Cerinto…? Cerinto è il secondo Giovanni?».
Una pallottola colpì l’ambasciatore Dorian Valdés alla tempia.