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All’interno del castello millenario, la folla di invitati si mosse come uno sciame attorno al protagonista della serata: l’ambasciatore Moses Gate. Le telecamere delle emittenti internazionali lo inquadrarono.
«Signor ambasciatore, cosa accadrà questa sera? Cos’è che dirà al mondo nei prossimi minuti?»
«Oggi trasmetteremo in diretta, via satellite da Gerusalemme, una scoperta archeologica che sconvolgerà il mondo. Tra pochi minuti, milioni di telespettatori in tutto il mondo ne saranno testimoni: si tratta della scoperta archeologica più importante di tutta la storia dell’uomo». Moses Gate sorrise all’inviata, poi proseguì la sua avanzata lungo la scala nord, diretto alla terrazza.
La giornalista lo investì mettendogli il microfono dell’ABC News davanti al volto. Strinse le labbra. Nei suoi occhi c’era un lampo di freddezza. «Cosa rivelerete?».
L’ambasciatore Moses Gate era un settantenne distinto e imponente. Indossava un impeccabile completo grigio chiaro e una cravatta rossa con la scritta PACE NEL MONDO.
Rispose alla giornalista: «Oggi, insieme e davanti a tutto il mondo, riporteremo alla luce la più antica versione mai esistita della Bibbia, cioè la versione originale delle Sacre Scritture. Si chiama Fonte J».
«Un momento… La versione che conosciamo oggi non è autentica?».
Senza smettere di camminare, l’ambasciatore israeliano ribatté: «La versione oggi nota al mondo è falsa. Mi spiace dirvelo. Il manoscritto originario della Bibbia si chiama Fonte J. Gli archeologi di tutto il mondo sanno della sua esistenza, ma non l’hanno mai trovato. Oggi lo riporteremo alla luce. I capi religiosi sono al corrente di tutto». Proseguì. «Oggi lo sapranno tutti. Quello che ci hanno insegnato a scuola e in casa è una menzogna».
Salì per le scale di gesso strette e gremite, stritolato dalla gente. Gli fecero mille domande tutte insieme, in lingue diverse, cercando di carpirgli altre dichiarazioni in merito a quanto l’inviata dell’ABC News stava riferendo a milioni di telespettatori sul suo canale.
Qualche metro più avanti, mentre Max León veniva guidato da Serpia Lotan, uno dei suoi uomini gli comunicò via radio: «Monarca 2. Monarca 2. Situazione di pericolo in direzione nord!».
Alle spalle di Moses Gate, cinque scalini più in basso, il giovane sacerdote Creseto Montiranio, tra le lacrime e con la Bibbia stretta al petto, gridò rivolto all’ambasciatore: «Datemi ascolto quando vi preannuncio ciò che sarà! Enoch 9:6: “Azazel, l’angelo maligno, ha rivelato agli uomini i segreti del cielo. Legatelo mani e piedi e ponetelo nelle tenebre”. Secondo libro delle Cronache 15:13, “Per chiunque, grande o piccolo, uomo o donna, non ricercasse il Signore, Dio di Israele, ci sarà la morte…”».
I presenti attorno a lui si misero a bisbigliare. Un mucchio di telecamere lo inquadrarono mentre i giornalisti si nascondevano dietro ai cameraman.
Il giovane sacerdote, il cui quoziente intellettivo era pari a settanta, si rivolse ancora a Moses Gate; con tutta la forza che aveva nei polmoni, squarciandosi il petto, urlò: «Levitico 24:16: “Chi bestemmia il nome del Signore dovrà essere messo a morte: tutta la comunità lo dovrà lapidare”. Tu sei il falso profeta di cui Giovanni scrisse nel Libro dell’Apocalisse, e io vengo a metterti a tacere!». Sollevò la Bibbia.
L’agente Sebastiáo Villa-Lobos sbraitò nel piccolo microfono al colletto, sul canale aperto: «Max León! Max León! Ho qui un fattore di pericolo! Non riesco a portare la mano alla pistola!».
In effetti, stretto tra la folla, Sebastiáo non riusciva ad afferrare la sua arma per difendere l’ambasciatore.
Con uno sforzo immane Creseto sollevò la Bibbia oltre le teste dei presenti, brandendola come se fosse una bomba. Nel frattempo salì gli scalini a uno a uno, nello spazio che la gente aveva creato per allontanarsi da lui. Lo avevano preso per un pazzo, uno dei tanti che si recavano all’isola di Patmos.
«Pagherai con il sangue, falso profeta! Apocalisse 19:20: “Ma la bestia fu catturata, e con essa il falso profeta. Ambedue furono gettati vivi nello stagno di fuoco”».
Al piano inferiore, l’investigatore Max León, laureato a Stanford e consigliere dell’ambasciatore messicano, inclinò la testa. Cercò di svignarsela, ma invano: Serpia esercitava uno strano controllo su di lui. Varcarono in silenzio la soglia del sotterraneo, una porta di colore chiaro, di profumato legno di sandalo. Nell’auricolare sentiva le grida al piano di sopra e la voce stridula della sentinella.
Nella cappella c’erano cinque uomini fermi, immobili. Erano i consiglieri militari dei cinque ambasciatori: Claude Ubamba del Congo, Steve Bower dell’Inghilterra, Bubal Kehara della Namibia, Joao Sierra del Brasile e Robin Gerarde dell’Australia.
Max fu sorpreso. Si voltò lentamente verso la donna.
«Che diavolo è questa storia? È una trappola?». Si portò la mano all’auricolare, ma nel frattempo i suoi muscoli si stavano addormentando, paralizzandosi da sotto la pelle. «Mi hanno drogato con qualcosa». Guardò Serpia. «Mi hai drogato. Qui non c’è segnale radio. Non c’è segnale!».
Sembrava che il soffitto stesse per crollargli addosso. Ma in realtà era Serpia, che si chinò su di lui e disse: «Non preoccuparti, Max León». Gli sfiorò il collo con la bocca. «In questo luogo siamo tutti protetti da Dio. Questo è il monastero della fine del mondo. Il solo a morire sarà colui che lavora al servizio del demonio». Chiuse i grandi occhi neri. «Presto tutto questo verrà distrutto».