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A Efeso, all’interno della tomba segreta di Giovanni apostolo, Max León, Serpia o Serpentia Lotan e John Apostole stavano camminando nel tunnel buio quando udirono lo sparo.
John Apostole si voltò. «Che diavolo è stato?»
«Te l’avevo detto», sorrise Serpentia Lotan, «Te l’ho detto che mio padre avrebbe mandato un sacco di gente per ucciderti. Sono arrivati. Mio padre è intoccabile. Senza dubbio ci stanno già aspettando. Hanno appena visto il cadavere nella falsa tomba di Giovanni, no? Lasciami, adesso, e vediamo se posso mostrarti clemenza. Implora la mia protezione. Inginocchiati, forza!».
John Apostole l’afferrò per il polso.
«Tu vieni con me, strega. Non riuscirai a manipolarmi!».
Max la prese per l’altro polso.
«Infatti, tu vieni con noi, strega maledetta! Non manipolerai neanche me! Com’è che adesso le fanno così ingestibili?».
La trascinarono via.
«La pagherete, luridi bastardi! Mio padre è più potente di quanto immaginiate! Insieme, lui e io, vi tormenteremo con il fuoco dell’arcangelo!».
«Fa’ come ti pare, pazza. Per questo vuoi la tua religione?», la apostrofò John. «Tuo padre ti ha mandato in malora il cervello con tutte quelle terrificanti storie prese dal Libro dell’Apocalisse, che poi è tutta una cavolo di bugia. Proprio come i suoi genitori hanno fatto con lui. Si chiama psicosi sovrannaturale, una delle stronzate che dobbiamo al mondo moderno».
Sulla parete videro un altro orrendo disegno del sacerdote Creseto Montiranio. John lo illuminò con la sua torcia a luce ultravioletta: un agghiacciante uomo gigantesco.
«Un altro pezzo della Bibbia. Questo è il Lahmi», disse John Apostole a Max León. «Riesci a leggere cosa c’è scritto?»
«No».
«Te lo leggo io, amico». Strizzò gli occhi. «Il gigante Lahmi. Versetto biblico: Deuteronomio 3:11. Fratello del gigante Golia. Statura: tre metri. Lahmi è un’altra importazione straniera dovuta alla Redattrice R. Proviene da Babilonia. Nome originale babilonese: Lahmu, gigante sumero peloso e fangoso, fratello del gigante Lahamu. Mitologia mesopotamica. Favorito di Nabucodonosor».
Max continuò a camminare rapido nel buio.
«Tutto questo è così… biblico? Tutti i mostri della Bibbia… sono falsi?»
«Lahmu era un serpente gigante peloso», rispose John Apostole, «all’origine del mondo babilonese: era un gigante fangoso, un guardiano, figlio di Tiamat, dea dell’oceano. Sarta Lahim significa “coperto di peli”. Lahmu aveva un fratello, sempre gigante: Lakhmu. Nella Bibbia lo puoi identificare con Golia. È il Golia biblico, altro acquisto da Babilonia», sorrise a Max, «eppure la gente crede a tutto questo come se venisse direttamente da Dio. Lo recitano la domenica in chiesa!».
«Dai, non è chissà che. Ci sono cose peggiori».
«Come questa?», disse John. Direzionò la luce verso l’alto, verso un altro disegno: una serie di numeri.
«Che sono?», chiese Max León. Osservò i numeri G6:4, n13:22 E N13:33.
«Libro della Genesi, versetto 6:4. “C’erano sulla terra i giganti a quei tempi e anche dopo, quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell’antichità, uomini famosi”».
«Sono i nefilim», disse rabbiosa Serpia Lotan che, costretta a terra, scalciava per atterrare John. «Sono gli angeli caduti! Sono i seguaci di Lucifero, e siete voi due! Che possiate marcire all’inferno!».
«Io non sono un gigante», sorrise Max. «Ma grazie per averlo pensato. Mi hai risollevato la giornata».
John Apostole proseguì.
«Il Libro dei Numeri ai versetti 13:27 e 13:33 riporta il momento in cui Mosè avrebbe individuato questi giganti alti tre metri. Arrivando dall’Egitto, inviò le proprie spie in esplorazione a Canaan, la Terra Promessa, per sapere chi ci vivesse. Le spie li osservarono a loro volta dal monte Negheb, nella valle dell’Ebron: “Vi abbiamo visto i nefilim, discendenti di Anak, della razza dei giganti di fronte ai quali ci pareva di essere come locuste e così dovevamo sembrare a loro”. Tra i discendenti di tali giganti ne videro in modo particolare tre: Akhiman, Sheshai e Talmai. Il problema è che fino a oggi non si è ritrovato un solo maledetto fossile riconducibile a questi giganti. E lo sai perché?»
«Perché, maledetto?», gridò la bella Serpia Lotan.
«Perché non sono mai esistiti! È una bugia! Anche questi giganti sono stati introdotti da Babilonia e integrati dalla Redattrice R nel VII secolo avanti Cristo! Sono stati inseriti nella Genesi!».
Ancora a terra, la donna gridò.
«A queste cose bisogna credere per fede, non per i tuoi stupidi fossili! Avere fede significa credere quando non esistono prove! Tu vuoi distruggere una fede di tre miliardi e mezzo di persone! Tu non sei nessuno! Chi ti credi di essere? Mio padre è una guida per tutta quella gente, che siano cristiani, ebrei, protestanti o cattolici! Credono in lui! Vuoi fare la guerra a uno come mio padre che può distruggerti con un solo dito?».
Max si rivolse a John.
«Mia moglie era uguale. Non farci caso. Hai detto qualcosa a proposito di Anak, la razza di giganti?»
«Anak è un gigante della mitologia greca».
«Porco diavolo».
«E Anak è, di fatto, una parola greca. Il gigante Anak, chiamato anche Anacte, è il titano che fondò Anaktoria; oggi la conosciamo come Mileto, laggiù», e indicò il sud: a settantotto chilometri di distanza sorgevano le rovine del luogo in cui nacque Talete.
«Accidenti. E come ci è arrivato nella Bibbia? Si sono messi a interferire con la Bibbia pure i Greci?».
Con la sua torcia, John illuminò un gruppo di pesci umanoidi, dotati di gambe, disegnati da Creseto Montiranio.
«Questi sono gli “uomini pesce” degli Assiri, con testa umana. Sono i “giganti” mesopotamici. Si chiamavano apkallu, “grandi uomini pesce”. I Fenici li adottarono come anche il dio Dagon, che è un uomo pesce. Il suo abbigliamento si ritrova attualmente nel copricapo a forma di bocca di pesce che utilizzano i papi della Chiesa cattolica».
«Porco diavolo…». Guardò verso il muro: un pesce, con le branchie laterali pendenti, gli richiamò alla mente pontefice romano. «È tutto così… acquatico…».
«Sono gli apkallu la vera origine dei giganti della Bibbia. Sono sumeri. I loro nomi sono: Uanna, Uannedugga, Enmedugga, Enmegalamma, Enmebulugga, An-Enlilda e Utuabzu, detto anche Adapa. Tutti questi pesci intelligenti furono partoriti dalla mente dei Sumeri, che già non esistevano più quando nacque Israele, ma li tramandarono ai Babilonesi. Questi pesci, all’inizio, nel mito mesopotamico, coesistevano con i primi umani, li aiutavano. Gli uomini dell’antichità sono sempre troppo tonti per ottenere qualcosa da soli, così è sempre esistita un’altra specie che ci ha aiutato, che fosse un pesce, un angelo o un extraterrestre. Tutti questi pesci giganti, tranne quattro, sono scomparsi con il diluvio sumero».
Max si bloccò per un attimo, con in mano la voluminosa HM4S.
«Un momento… diluvio?», chiese.
«Quello del Diluvio è un mito propriamente sumero: il regalo migliore di Nabucodonosor alla Bibbia. L’episodio di Noè è ricalcato sull’avventura di Gilgamesh, tavola 11. Noè è Utnapishtim, il vecchietto di quella saga epica. Gli apkallu sopravvissuti al diluvio si accoppiarono con le donne umane, che dovevano somigliare alle attuali scimmie, e da loro nacquero gli antichi re sumeri».
Lentamente, con il suo revolver, Max indicò il muro su cui c’era l’iscrizione GENESI 6:4 e cominciò a leggere.
«“C’erano sulla terra i giganti a quei tempi […] si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell’antichità, uomini famosi”».
Si rivolse a John.
«È questo che significa? Gli “uomini famosi” erano i re sumeri?»
«È stato tutto copiato», rispose John. «Viene tutto dalla Mesopotamia, dalla Fenicia o dalla Grecia. È questa la verità della Bibbia».
Max abbassò lo sguardo sui minuscoli scorpioni che camminavano tra le crepe.
«Porco diavolo, ma c’è qualcosa di certo?». Si girò lentamente verso Serpia Lotan. «Non possono essere tutte bugie». Le puntò contro la mitragliatrice Mendoza HM4S. «O deriva tutto da altre mitologie? Ci deve pur essere qualcosa di accertato, no?».
John Apostole gli fermò l’arma con la mano.
«Quello che vedi lì sopra è il vero segreto che stiamo cercando qui». Indicò il muro, la parte su cui colava dall’alto l’acqua nera e putrefatta. «Queste tre fotografie. In queste tre fotografie deve esserci la chiave: chi sta occultando tutto al giorno d’oggi, chi è l’Organizzazione Gladio».
«Mio Dio». Max riprese ad avanzare. John Apostole lo seguì trascinando Serpia Lotan per i capelli.
«Lasciami andare, Neanderthal!».
«Sono questi uomini ad aver ucciso il tuo ambasciatore, e sono stati loro a addestrare Creseto Montiranio in modo che assassinasse un ambasciatore ONU. Quell’uomo però ha lasciato qui questa chiave perché potessimo sapere tutto, per smascherare l’Organizzazione Gladio, che è a capo del terrorismo nel mondo».
Max accelerò il passo. Dall’altro lato della cintola sfoderò la sua pistola sable Bernardo Reyes 1898, in argento. John Apostole gli gridò: «Hanno tutti bisogno della Bibbia nella sua forma attuale, perché istiga allo sterminio diretto, sempre attraverso l’odio religioso; perché in questo modo controllano il fanatismo e la deformazione mentale di milioni di persone! Mentre il Medio Oriente resta un calderone di odio reciproco, sarà un altro impero a imporsi su tutti loro; lo fece Nabucodonosor, poi Ciro e adesso lo zio Sam! È questo il vero testamento di quel coraggioso sacerdote che fino a oggi è stato manipolato ma che, alla fine della sua vita, si è liberato e ha scritto tutto questo, perché chi avesse indagato sull’attentato potesse scoprire tutto! Oggi lo stiamo scoprendo noi e tutto il mondo lo saprà! Ecco la vera eredità di quello psicopatico!». Si girò verso Serpentia Lotan. «Dirò a tutto il mondo chi è veramente tuo padre», sorrise.
«Mio padre ti martirizzerà proprio qui dentro!», gli gridò lei. «Ti ho offerto clemenza! Hai rifiutato l’accordo che ti ho proposto!».
Quando arrivarono alle fotografie, la vista fu sconcertante: in tutte quante era ritratto proprio John Apostole abbracciato a Creseto Montiranio.
Max León restò di sasso. «Ma che…?». Incredulo, scosse il capo e guardò John. «Non capisco…», socchiuse gli occhi, «…tu? Tu sei… l’operazione Gladio?».
Il britannico gli sorrise e gli puntò contro il pesante revolver.
«Non sarei mai arrivato fino a qui senza il tuo aiuto o quello del tuo capo, pace all’anima sua», sorrise. «Deve essere qui che papa Paolo VI si inginocchiò e prese il mosaico. Adesso preparati alla fine dei tempi».
«Non ne uscirai vivo, maledetto bastardo! Sei tu a controllare i terroristi che in questo momento si trovano all’interno degli scavi del monte Sion!».
In quel momento, un colpo di pistola raggiunse John in piena fronte. Dal foro in mezzo agli occhi sgorgò sangue fino al naso. Rimase immobile, sbalordito.
L’ultima cosa che videro i suoi occhi strabuzzati fu lo stupore sul viso di Max León che si trovò di fronte al vero e unico John Apostole, perfettamente identico a quello appena assassinato.
«John… Apostole?».
L’ultimo arrivato scaricò l’arma contro il cadavere.
«Io sono il vero John!», gridò. «Questo impostore è un sosia! È Cerinto! Sta usando il mio nome e la mia faccia, proprio come duemila anni fa! Lavorano per Abaddon Lotan: lui e la sua maledetta figlia, questa rapitrice! Ti stanno manipolando, Max. È quello che hanno fatto anche con Creseto Montiranio!».
Il nuovo John sorrise compiaciuto. Dall’auricolare gli arrivò la risata del reverendo.