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Di fronte alla pistola di John Apostole, nel buio della Tomba 3 di Amarna, Clara sussurrò a Max León: «È così che è andata. Quella notte Nabucodonosor fece prigionieri tremila giudei di Gerusalemme. Li deportò come schiavi in una gigantesca carovana nel 597 a.C. e rimasero in schiavitù per settant’anni, in quella che ora è conosciuta come “cattività babilonese” o “esilio babilonese”». Forzò verso l’alto la statua di Yah-Mes sul suo seggio di roccia. «In questi settant’anni portò a termine il lavaggio del cervello degli Ebrei, facendo loro credere che determinati miti babilonesi, come il diluvio di Gilgamesh, facevano parte del messaggio che Dio aveva un tempo dato a Yah-Mes. La religione degli Ebrei catturati cominciò a riempirsi di mostri babilonesi, come Lahamú, Tiamat e Kuribu. La rivelazione di sette secoli prima divenne qualcosa di orribile: una religione babilonese».
Il blocco di pietra non si mosse.
«A quell’olocausto riuscirono a scampare millecinquecento giudei. Non sapendo dove andare fuggirono a sud, in Egitto, attraverso il deserto. Lì il principe egizio Psammetico offrì loro un’isola sul Nilo: l’isola Elefantina, che prosperò per secoli come colonia ebraica, protetta dal governo egizio».
Max León cercò di sollevare la statua dall’altra parte.
«Impossibile, è troppo pesante». Si rivolse allora a John Apostole. «Aiutaci, coglione. Non basta scrivere vangeli!».
Dall’altra parte Clara continuava: «Fu quello in realtà il vero Esodo: non per fuggire dall’Egitto, ma per trovarvi rifugio. Il faraone Necao e suo figlio offrirono protezione a migliaia di ebrei contro Nabucodonosor di Babilonia che li stava schiavizzando, ma nessuno se ne ricorda. La storia è tutta al contrario. La schiavitù degli Ebrei non fu in Egitto, ma a Babilonia, in quei settant’anni; e l’Esodo fu per trovare salvezza in Egitto, non per fuggirvi. Sono i Babilonesi ad aver scritto la storia, Max, ma ora io e te stiamo per portare alla luce la verità».
Max osservò i piccoli segni sulla parte anteriore del seggio di Yah-Mes.
«Scusami», disse a Clara. Accarezzò delicatamente i segni.
«Necao fu un faraone molto più illuminato di quanto tu possa immaginare», gli disse Clara. «Fu lui, con il navigatore Hanno di Fenicia e i greci Talete di Mileto e Samos, a finanziare la prima esplorazione marittima per circumnavigare l’Africa e scoprirne i confini, con l’intenzione di aprire una rotta verso est, senza dover passare per Babilonia. Quell’esplorazione gli fece scoprire molte cose ma, soprattutto, favorì lo sviluppo della Grecia come futura potenza mondiale».
«Wow…», commentò Max. «Potresti dare uno sguardo a questi segni qui sotto? Penso che servano ad aprire questo blocco di pietra».
«Da parte sua, la vicenda di Radapu ebbe un finale incredibile», sorrise tra sé e sé. «Arrivò in Egitto tra le migliaia di scampati all’olocausto, protetta da Psammetico, ma si smarrì lungo la strada. Molti greci pagarono grandi cifre per trovarla, per averla, compreso Carasso, fratello della famosa poetessa di Lesbo, Saffo di Mitilene, che si lamentava che suo fratello avesse bruciato tutta la fortuna della sua famiglia per trovarla. Alla fine, Psammetico divenne il faraone Psammetico II d’Egitto e al suo fianco apparve come moglie una donna di nome Netakr, Nitocris. Per Erodoto, si tratta di Rhodopis, chiamata anche Dorika, l’antenata di tutte le eroine, in particolare di Cenerentola».
«Scusa…», insistette Max.
«Non ho finito! Nel museo di Atene sono conservati i sandali di Rhodopis e…».
«Basta con le tue maledette favole!». Max l’afferrò per il braccio. «Adesso è questa statua l’unica cosa che conta», e la tirò giù, per farle vedere i piccoli segni sulla parte anteriore del sedile, tra i piedi di Yah-Mes.
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Radapu
«E questo cos’è?», le chiese.
Clara inclinò la testa.
«Che cosa significa?», chiese Max.
«Ra-Dapu». Si girò lentamente verso Max. «Significa “cesto di sole”».
Entrambi si girarono lentamente verso l’alto, verso il viso di pietra di Yah-Mes.
Risuonarono dei passi.
«Devi girare il sole che ha in mano. È un intarsio: uno smeraldo».
A parlare fu una voce cavernosa. Poi ci fu un applauso.
«Bravi. Eccellente».