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Trecento metri più avanti, a est, sempre sotto Gerusalemme, nelle profondità del monte Sion, nel buio tunnel di Ezechia, la bionda Clara Vanthi avanzava nell’acqua fredda fino alla vita con la maglietta bianca completamente fradicia che le aderiva al corpo.

Il leader dei terroristi, Hussein Zatar, abbassò lo sguardo sulle sue gambe, immerse nell’acqua dentro i jeans leggeri. Le prese delicatamente le dita.

«Ci sono più verità, non soltanto “Anat-Yahu”».

La donna lo guardò.

«Ad esempio?», chiese, mentre pensava: “Devo ricordarmi tutti questi nomi per il reportage”.

«La prima discrepanza davvero grave nei racconti E e J fusi nella Bibbia è la creazione della donna». Sorrise. «Da lì nacque la “donna diavolo”»

«Donna diavolo?». “Questo sarà il titolo”, pensò.

L’uomo la osservò e continuò ad avanzare nell’acqua.

«Il punto di unione delle due storie della creazione presenti nella Genesi, fuse insieme dalla scriba R, si trova al versetto 2:4. Oggi praticamente nessuno se ne accorge, ma dopo aver affermato che “Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto […] Dio benedisse il settimo giorno”, sembra ricominciare da capo: “Queste sono le origini del cielo e della terra, quando vennero creati”. È come se al versetto 2:4 si ripartisse da zero. È la storia numero due, quella che si deve a Babilonia. Sono due storie, una dopo l’altra, e si distinguono abbastanza per via dei dettagli».

«Nel versetto 1:27, che appartiene alla prima storia, si dice che Dio creò l’uomo e la donna nello stesso momento, “maschio e femmina li creò”. Pochi versetti dopo, al 2:21, che appartiene alla storia due, si dice che Dio creò prima l’uomo, il quale però cominciò a sentirsi triste e solo. Allora Dio ne ebbe compassione e gli offrì una compagna “che gli corrispondesse” e, per farlo, dovette addormentarlo ed estrargli una costola che trasformò nella donna, che oggi conosciamo come Eva».

«Non vedo il problema», osservò Clara Vanthi.

«È un problema, invece», obiettò l’uomo. «Qual è la storia vera? La costola? O la creazione simultanea di uomo e donna?»

«Oddio…».

«Questa contraddizione è talmente grave che per mille anni i rabbini non hanno saputo come risolverla. Cominciarono a ipotizzare che si trattasse di due donne diverse. Ancora oggi ci sono milioni di esseri umani che hanno terrore della “prima donna”, che chiamano Lilith e che fu antecedente a Eva. La considerano la “donna diavolo”».

Clara inarcò le sopracciglia.

«Lilith?»

«Sì, Lilith, la donna diavolo, moglie di Satana».

«E questo si trova nella Bibbia?»

«No. È una delle lacune presenti nel libro, legate al fatto che la Redattrice R si trovò a unire due racconti. Gli ebrei di oggi ancora tengono un talismano nelle loro case che impedisce a questa Lilith di entrare a rapire i bambini. Prima disegnavano semplicemente un anello a carboncino sulla parete della stanza in cui era avvenuto il parto. Sulla porta scrivevano i nomi di tre angeli: Senoy, Sansenoy e Semangelof, nemici di Lilith. Sotto l’anello, nella mano di Semangelof, scrivevano anche “Adamo ed Eva. Va’ via, Lilith!”».

Clara accarezzò con mano tremante i tre angeli dipinti sulla parete, uno dei quali aveva in mano un anello.

Il terrorista proseguì.

«L’anello è abbastanza simile a quello che ha in mano l’angelo guardiano di Persia, simbolo dello zoroastrismo, el Faravahar. È un simbolo classico in Mesopotamia e in Persia: un anello magico. Qui importa poco, però: il mito di Lilith, che non ha nessun fondamento reale se non quello di cercare di colmare un buco della fusione dei miti, nel corso dei millenni ha provocato in milioni di donne veri e propri danni mentali. Per questo fu disegnato»

«Come?»

«È il meccanismo perfetto per evitare che una donna si ribelli all’uomo, e te lo dico io che sono maomettano. Lo crearono alcuni rabbini per schiavizzare le donne. Se si ribellano, sono maligne».

«Santo Dio, sembra efficace».

«Lilith è la conseguenza di un errore nella fusione di E con J», disse il terrorista barbuto, «in cui in una delle storie c’era una costola e nell’altra nessuna. Nel X secolo d.C., in pieno Medioevo, un anonimo sacerdote affermò di aver trovato la soluzione alla discrepanza tra Genesi 1:27 e Genesi 2:21: L’alfabeto di Ben Sira. Fu lì che prese forma la personalità di questa donna immaginaria per renderla satanica. Per questo motivo si distorse un versetto misterioso presente in Isaia 34:14 in cui si diceva che nel deserto esisteva un’entità temibile chiamata Li-lit. Secondo questa spiegazione, tale mostro sarebbe la donna che compare in Genesi 1:27. Dice proprio: “Ak-Sam hir-gi-ah Li-lit”, che tradotto significa: “Le bestie selvatiche si uniranno ai lupi e il capretto selvatico piangerà i suoi compagni e il gufo urlatore anche vi riposerà”. Li-lit è il gufo urlatore».

«E perché parlavano di “gufo urlatore” se era una donna?»

«Perché così decise chi scrisse questo Alfabeto. Gli sembrò demoniaco».

«Quindi Lilith è un gufo?»

«Proprio così. L’otus scops, chiamato così a causa del suo nome greco: skopos, “guardiano”. Un semplice gufo».

«Diamine, poveri gufi».

«Liyliyth era un semplice gufo del deserto di Edom. Tuttavia, l’autore apocrifo del Medioevo, creatore di un altro libro falso, ci vide l’opportunità di creare un mito. Fu la mitogenesi, detta anche religiogenesi, a convertire questo gufo urlatore in una donna indemoniata e a colmare il vuoto esistente nella Genesi dopo la grande fusione del VII secolo a.C. Robert Graves afferma infatti che “le divergenze tra i miti della creazione in Genesi 1:26-28, 2:18-25 e 3:20 sono la conseguenza di aver intrecciato alla leggera una tradizione ebraica primitiva a un’altra sacerdotale posteriore”. Oggi la gente immagina Lilith come venne ritratta nel Medioevo: con ali di pipistrello e zampe da rapace, pelle squamata e coda spinosa».

«Diamine! E perché dire che una donna si è trasformata in demone? Come l’hanno spiegato? Com’è che diventò malvagia?»

«Per non aver obbedito ad Adamo», spiegò il terrorista. «Secondo L’alfabeto di Ben Sira, la sua disobbedienza consistette nel non assumere la posizione sessuale che le ordinò Adamo».

Clara abbassò gli occhi.

«Tutto qui?».

Da dietro, uno degli uomini del terrorista sorrise e gridò: «Questo deve essere vero! La mia prima moglie non mi ha mai obbedito e oggi lo potete vedere dalle foto su Facebook: il suo corpo si è trasformato in quello di un tacchino!».

Il capo si fermò di colpo in mezzo all’acqua. Rimase zitto. Poi, lentamente, si girò. Gli sparò alla testa. Il cervello si spappolò sulla parete e il corpo cadde e affondò.

Poi riprese a camminare, sotto lo sguardo terrorizzato di Clara, che cercò di farsi coraggio.

«È babilonese», le disse l’uomo.

«Prego?», chiese lei, guardando sprofondare sott’acqua l’uomo sfigurato.

«Lilith, anche lei è babilonese. Proprio così», disse senza fermarsi. «Si chiama Lillake. Raphael Patai così scrisse nel 1963: “Il nome Lilith deriva dal termine assiro-babilonese lilitu, che indicava un demone femminile o spirito del vento, e che era parte di una triade di cui si parla nella cultura babilonese. Prima ancora appare come Lillake in una tavoletta sumerica del 2000 a.C. ritrovata a Ur, che contiene il racconto di Gilgamesh e del salice. Il termine babilonese per demonio è lilu, o lilitu al femminile».

«Diamine. E perché qualcuno nel Medioevo avrebbe preso elementi della mitologia babilonese per integrarle nell’ebraismo e nel cristianesimo, mille anni dopo la fine di Babilonia? Non si finisce mai?»

«E non è tutto. Adesso ti dirò da dove è venuta Eva».

«Neanche lei è reale?».

L’enigma dell’ultima profezia
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