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Isola di Patmos - Grecia

Isola dell’Apocalisse

Isola di Patmos

Mar Egeo

Isole Cicladi

Località appartenente alla Repubblica ellenica

Coordinate 37° 325' nord, 26° 541' est

(L’isola in cui teoricamente, all’interno della grotta chiamata Σπήλαιο της Αποκάλυψης [Spelaio tes Apokalipses], Grotta dell’Apocalisse, l’apostolo Giovanni vide Gesù Cristo, il quale gli preannunciò la fine del mondo. Sempre in teoria Giovanni mise per iscritto questa rivelazione, che costituisce l’ultimo libro della Bibbia cristiana: l’Apocalisse di Giovanni, appunto, il cui personaggio centrale è l’Anticristo).

In mezzo a un giardino di cipressi, con un sigaro appena pressato tra le labbra, l’investigatore della polizia Max Léon, che aveva accompagnato in Grecia l’ambasciatore messicano Dorian Valdés in qualità di consigliere politico, puntò la sua mitragliatrice, una HM4S nuova di zecca, verso un oggetto di ceramica grassoccio e sorridente appoggiato sullo steccato: un Babbo Natale.

«Tu non esisti, faccia di culo. Sei solo una delle tante fandonie inventate dal genere umano. Perché dovrei credere a Babbo Natale? Ti ha creato la Coca-Cola». Gli sparò in testa.

L’esplosione riecheggiò per tutto il giardino e Max avvertì l’odore della polvere da sparo. Intanto i pezzi di ceramica volarono tutt’intorno. Il revolver emanò del fumo pungente, impercettibile. Max fece ruotare l’arma tre gradi a destra e la puntò contro il primo dei nove nani che completavano la natività. Le statuette parvero tremare.

«Nemmeno voi esistete, brutti stronzi».

Sparò loro in testa, a uno a uno, con una serie di detonazioni della sua HM4S immacolata.

Mentre le esplosioni martellavano l’aria, l’investigatore disse: «Sì, sì. Non li uccido. Li consacro». Ridacchiò. Quando inspirò, il sigaro prese a bruciare. Esalò un’altra boccata di fumo. Nel giardino, i suoi dieci colleghi messicani, anche loro ex agenti della scientifica, ridevano e scuotevano la testa.

«È così che sfrutti il tuo tempo libero?»

«Per me non esiste tempo libero. Non sono libero nemmeno di morire».

«È a questo che ti serve il dottorato in Teoria dei sistemi complessi all’università di Yale? O quello in Pensiero laterale all’università di Stanford?».

L’investigatore León ruotò il revolver di sei gradi più a destra e puntò i tre re magi che stavano sulla recinzione e portavano i loro doni.

«Max, non prendertela con loro!», gli urlò Leto Flep.

«Nemmeno voi esistete», sbottò Max rivolto ai re magi. Però esitò un momento. Li osservò in silenzio. Socchiuse gli occhi e mormorò: «O forse voi siete realmente esistiti?». Aggrottò le sopracciglia. «Un altro mistero per la scienza forense… I re magi sono esistiti davvero?».

Sparò. Tuttavia, quando arrivò a Gaspare il revolver restò immobile, sospeso a mezz’aria. Il poliziotto non riuscì più a premere il dito sul grilletto.

Ebbe timore.

«So cosa mi sta succedendo», si disse. «È il timore reverenziale a frenarmi. È il timore reverenziale sancito nel codice civile del distretto federale, articolo 1820; la distruzione del pensiero. Per tutta la mia infanzia ho assorbito queste credenze religiose. Non importa se sono reali o meno: il rispetto adesso è reale… Ormai è impiantato nel mio cavolo di cervello». Si decise a premere il grilletto.

Le statuette saltarono in aria.

«Mi libererò di tutte le mie paure. Crederò solo in ciò che è reale». Si mise a urlare: «Si può indagare tutto! Si può capire tutto! Si deve scoprire tutto! Il mio lavoro è trovare la verità!».

King Burger, il suo gigantesco amico di centoventi chili, arrivò nel giardino e corse verso di lui. Aveva in mano un piccolo cellulare che sembrava scomparire nella sua mano immensa.

«Ti chiama l’ambasciatore. Devi rispondere, è urgente».

Max León inspirò il suo sigaro di marca Delicado, caldo e gradevole. Poi prese il telefono e se lo portò all’orecchio.

Il suo capo andò subito al dunque in tono solenne: «Non potevo dirti perché ti ho inviato sull’isola di Patmos. Ora te lo spiego. Ti ho mandato lì per supervisionare il coordinamento logistico e la sicurezza di un importante evento delle Nazioni Unite. Si svolgerà tra un’ora esatta al monastero di San Giovanni apostolo, in cima alla montagna che sta al centro dell’isola. Dal punto in cui ti trovi si vedono sia la montagna sia il monastero. Girati verso nord».

Max León ruotò la testa in direzione nord e scrutò al di là della recinzione, verso la cima del monte Chora.

«Sì, vedo il monastero».

Davanti a lui si stagliava un gigantesco castello medievale fortificato, marroncino, con le torri merlate; una vera e propria fortezza antica. Notò uno sciame di elicotteri intorno all’edificio, al di sopra delle centinaia di case bianche circostanti, simili a un nido di specchi che riflettevano il sole.

«Quel monastero è legato alla fine del mondo, all’Apocalisse», lo informò l’ambasciatore Valdés.

«Cavolo». Max riprese a fumare. «E cosa devo fare? Occuparmi della sicurezza?»

«Il prosegretario delle Nazioni Unite, Moses Gate, ha convocato lì i rappresentanti di tutti i Paesi e anche i capi religiosi di tutte le fedi. Farà un annuncio estremamente importante, lì al monastero; ha a che fare con la scoperta del papa in Vaticano. Moses Gate rivelerà al mondo chi è il vero autore della Bibbia e quali sono le parti false delle Sacre Scritture».

Max inarcò le sopracciglia e morse il sigaro. Nell’aria si sentiva ancora l’odore della polvere da sparo.

«Okay». Rinfoderò l’arma. «Perché mi manda lì?»

«Tu sei il miglior investigatore della polizia che conosco. Sei il mio braccio destro. Hai un quoziente intellettivo pari a centoquarantacinque. Voglio che tu vada lì a impedire un omicidio».

L’enigma dell’ultima profezia
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