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Nella remota Turchia, un grosso Mi-8 AMTSh Terminator giunse a Efeso. Sembrava un enorme rospo quadrato, nero e gigantesco; pesava dieci tonnellate. Tre giovani saltarono facilmente dall’elicottero.

Prima di scendere, Max León diede ancora una rapida occhiata agli uomini a bordo. Sorrise, ma avevano tutti il volto duro come granito; solo l’uomo dai capelli neri e riccioluti curvò appena le labbra.

Le eliche ruotavano sulle loro teste. Il velivolo non atterrò nemmeno, e tornò a sollevarsi nel cielo non appena loro saltarono giù.

Serpentia Lotan, John Apostole e Max León corsero sulle rovine di Efeso, circondati da migliaia di insetti che stridevano. Procedettero velocemente tra le colonne distrutte di quella che un tempo era stata la basilica di San Giovanni apostolo. Era stata costruita nel 565 d.C. per volere dell’imperatore Giustiniano: uno dei fanatici più feroci del nascente cristianesimo; assassinò chiunque avesse una religione differente. Adesso quelle antiche mura di mattoni erano distrutte e crollate per terra, trasformate in macerie a causa del terremoto che colpì Efeso nel 614 d.C.

John Apostole, pallido e con i capelli bianchi, passò dietro a una di quelle colonne spaccate. Ne uscì che sembrava un’altra persona: il sangue gli era fluito sul volto. Afferrò violentemente Serpia Lotan per il polso. «Non ci provare nemmeno a tradirci, maledetta cagna avvizzita! Tu sei il perfetto esempio di cosa fa la religione per creare degli assassini. Tuo padre è un reclutatore di psicopatici». Le mostrò la mano sotto la giacca per farle vedere che era armato.

Lei lo schernì: «Sei morto, imbecille». Si rimise in marcia. «Mio padre avrà già inviato delle squadre militari per salvarmi. Saranno qui da un momento all’altro».

Serpia rivolse lo sguardo al cielo e sorrise tra sé. «Vi faranno a pezzi. Mio padre è molto vendicativo quando si tratta di me. Vi infliggerà le torture descritte nel Directorium Inquisitorium, il manuale dell’Inquisizione».

John la spinse attraverso la lunga navata senza soffitto, il sito dell’antica basilica adesso esposta alle intemperie. La condusse sul lato di una strana serie di buchi rettangolari nel terreno; erano disposti in modo da formare una stella.

«Attenti a non cadere in queste buche», li avvertì John. «Questo era il battistero. Qui battezzavano i bambini immergendoli nell’acqua. Adesso è asciutto».

Mentre camminava, Max osservò verso il basso, all’interno dei fori: c’erano quattro grate di ferro chiuse con dei lucchetti.

«Da dove veniva l’acqua?».

Procedettero svelti tra le colonne distrutte e arrivarono alla piccola lastra di marmo che stava al centro, tra quattro sottili pilastri con scanalature a spirale. Al centro della lastra di marmo, simile a una scacchiera grigiastra, Max osservò la lapide quadrata che era collocata in modo da dominare su tutto. C’erano incise ventinove lettere in maiuscolo, scurite da decenni di terra umida: ST. JEAN IN MEZARI. THE TOMB OF ST. JOHN.

John scrollò Serpia. «È qui, strega maledetta? È qui la tomba del vero Giovanni? O questa è la tomba falsa, quella del suo sostituto? Colui che scrisse l’Apocalisse disse di essere il vero Giovanni e lo assassinò. È la sua tomba, questa?».

Con i suoi grandi occhi esotici, Serpia lesse lentamente la grande iscrizione sul marmo centellinandola con la lingua. Fece un ghigno e sussurrò: «“Il primo giorno della settimana, Maria di Magdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, Giovanni, e disse loro: ‘Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!’”. Giovanni, capitolo 20: Il sepolcro vuoto». Serpia rivolse un ghigno ai due uomini.

«Ho l’impressione che lei non ti dirà mai la verità su nulla», fece notare Max a John. «Perché glielo chiedi? Non cercare di cavare il sangue da una rapa. Comunque ci sta dicendo che in questa tomba non c’è niente».

L’agente messicano tentò con molti sforzi di rimuovere la lapide. La lastra era talmente pesante che non si spostò di un millimetro. Gli diede un calcio. Serpia scoppiò a ridere.

«Che troglodita. Sei un uomo delle caverne!». Gli puntò il dito contro. «Sperate di trovare qualcosa così? Per questo il tuo Paese non è progredito!».

Max la fissò.

«Non hai ancora visto fino a che punto posso essere troglodita». Estrasse dalla cintura la sua Mendoza HM4S. Puntò il revolver nero e dagli spigoli squadrati verso il centro della lastra, mirando alla lettera J di John. «Cos’è che diceva quel maledetto messaggio del sacerdote, quello sulla carta di riso, nel cuore d’argento?», urlò rivolto all’agente inglese.

«“Il segreto è nel mio sacro cuore. Nel 666 si nasconde il segreto della Bibbia”. È stata l’ultima cosa che ha detto alla televisione».

«Sì, ma cosa diceva quel dannato pezzo di carta?».

John chiuse gli occhi e recitò in latino: «“In DCXXII-ante nativitatis Domini Iesu – aliquis alteretur Revelatio Mosi: Bibliae. Contaminatus traslatio factorum…”». Guardò verso la tomba. «“Nell’anno 622 prima della nascita di Gesù, qualcuno alterò la rivelazione di Mosè: la Bibbia. Fu creata una versione contaminata, quella che oggi ci guida. Babilonia la creò. Dio stesso dovette tornare in terra per porre rimedio al danno. Perciò lo crocifissero. Il suo apostolo Giovanni si portò questo segreto nella tomba: l’autentica rivelazione di Mosè, la verità sull’enigma della Bibbia, si trova nel Documento J, presso il monte Sion, tra le Pietre di fuoco. Ho lasciato nella tomba di Giovanni la mappa degli assassini che mi hanno assoldato e la chiave per la nicchia sotterranea. Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica. Libro III. Capitolo 39. Paragrafo 6. La mia vera dimora è il numero 666, in questa tomba”».

Max rilesse l’iscrizione incisa sulla lapide di marmo. ST. JEAN IN MEZARI. THE TOMB OF ST. JOHN. Strinse gli occhi.

«Sei, sei, sei…». Si girò verso Serpia. «Questa è la tomba falsa, vero? Perciò è vuota. Giovanni non è mai stato qui. Qui sotto non c’è niente».

La bella figlia del reverendo si limitò a rispondergli con un ghigno. Poi scoppiò a ridere e lo guardò in maniera molto maliziosa.

Max le chiese: «Il numero 666 è la chiave, giusto? 666 è un numero ripetuto. È il 6 ripetuto tre volte. Giusto? Significa tre volte sei». Si rivolse a John. «E se l’indizio fosse nel vero Vangelo di Giovanni, nei capitoli 3-6?».

John guardò la donna.

«È vero. Cosa dice quel passaggio, brutta strega?». Le torse il braccio dietro la schiena.

Serpia rispose tra le risa: «“Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito”». Scrutò la lapide di marmo.

John rimase perplesso.

«Un momento…». I suoi occhi azzurri si illuminarono. «Ricordo questo passaggio. È uno dei miei preferiti di tutta la Bibbia». Si rivolse a Max con un sorriso, poi proseguì: «Dice così: “E Gesù rispose al fariseo Nicodemo: ‘In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio’. Gli disse Nicodemo: ‘Come può rinascere un uomo quando è vecchio?’. Rispose Gesù: ‘Se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito’”».

«Rinascere…». Max chiuse gli occhi. «È il battesimo». Si girò verso nord, osservò i resti delle mura distrutte. «È là. È il battistero! Andiamo». Si mise a correre stringendo il revolver. «È lì che si rinasce con l’acqua. La morte è l’inizio!».

Nel cielo spuntarono piccoli puntini neri. Gli elicotteri sembravano dei corvi. Erano le forze armate della Turchia, ora comandate dal padre di Serpia Lotan: il reverendo Abaddon Lotan, dirigente sotto copertura delle missioni terroristiche del governo degli Stati Uniti.

Presto avrebbero scoperto che le parole di Serpia erano vere: nessuno scherza con la figlia del reverendo. In passato, Abaddon Lotan era stato un seviziatore della guerriglia.

L’enigma dell’ultima profezia
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