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A Efeso, in Turchia, nel sepolcro di Giovanni apostolo, in mezzo al pestilenziale odore di melma, la bella ed esotica Serpentia Lotan dai grandi occhi gridava: «Assassino! Assassino!».
Gridava contro il “nuovo” John Apostole. Quello precedente era a terra, che sanguinava dalla fronte sulle crepe erbose.
Il nuovo John alzò l’arma di lato. Si rivolse a Max León.
«Io sono il vero John Apostole. Non farti ingannare da questa arpia. Insieme a suo padre lavora per la CIA, come quello che mi ha rubato l’identità. Suo padre è un terrorista, sono la copertura dell’operazione Gladio».
Max León gli puntò contro la mitragliatrice HM4S.
«È…». Guardò il cadavere. «Porco diavolo… Sono cloni? Che diavoleria è questa?». Puntò dritto alla sua faccia.
Il nuovo John Apostole, con una cicatrice sulla testa, sorrise.
«Sono io il vero John. Devi credermi». Sorrise di nuovo.
Con l’altra mano frugò nella tasca del suo grande giaccone di pelle. Ne tirò fuori il tesserino identificativo azzurro dell’Interpol.
«Sono John Apostole, reparto di chimica forense, Interpol, Scotland Yard. Mi hai conosciuto sulla terrazza del monastero di Patmos. Non ti ricordi di me?».
Max León guardò a terra, verso il John Apostole morto.
«Ma…». Guardò il nuovo John.
«Quello che vedi lì è un sosia», disse John Apostole. Lo indicò con il revolver.
«Un sosia?». Max si girò verso la bella Serpia Lotan, che gridava contro il muro e piangeva.
«Si chiama anche Doppelgänger, doppione», gli spiegò John, riponendo l’arma nella fondina. Con estrema attenzione aprì la giacca di pelle, ricontrollando la sfilza di fiale chimiche nella tasca interna. «Tutti abbiamo un doppione nel mondo, un sosia o più di uno», lo guardò intensamente. «Da qualche parte del mondo anche tu hai un Doppelgänger, uno praticamente uguale a te, come lo sono stati, nella stessa epoca, Nicola II di Russia e Giorgio V d’Inghilterra o come oggi l’attore Louis Ortiz e il presidente Barack Obama. Sosia, doppi fisiognomici».
Max León abbassò gli occhi. Scosse il capo e si girò verso Serpia Lotan. La vide piangere contro il muro e gridare «Papà! Papà!».
Max parlò tra sé e sé. «Sono arrivato ai confini della realtà… spero solo di non abituarmici».
Sfoderò dalla cintola la sua arma preferita: la pistola sable Bernardo Reyes 1898 in argento. L’arma, di un metallo lucido e quasi liquido, brillò nel buio. Era un revolver: l’estremità anteriore della canna era affilata come una spada, una sable, appunto, invenzione di un generale messicano segretario di guerra. Max la brandì in aria, in avanti, verso il nuovo John.
«Chi sei tu, accidenti?», gli chiese, mentre gli girava intorno. «Perché sei identico a quest’altro? La tua spiegazione mi dà la nausea».
«Tranquillo, Max», disse l’agente britannico dai capelli bianchi. «Abbassa la pistola», gli sorrise. «Ti spiegherò ogni cosa».
Max fece per abbassare le due armi.
«Ti ascolto, ma ti avverto: ho un problema di udito. Le cazzate non le sento».
John sorrise.
«Vedrai, mio caro». Si avvicinò a Serpia Lotan e le appoggiò il revolver al viso. «Sulla Terra vivono oggi più di sette miliardi e mezzo di esseri umani. Il che significa una sola cosa: per la statistica, esistono perlomeno quattro o cinque persone identiche a te. Sono i tuoi doppi fisiognomici. Loro non sanno che esisti, né tu sai niente di loro. Poi, un giorno, se diventi importante o pericoloso per quelli che hanno il potere, si mettono a cercare uno identico a te in base ai dati GENYSYS in cui sono conservati tutti i volti del pianeta e vanno a contattare, assoldare e addestrare queste persone, come hanno fatto con Creseto Montiranio. In men che non si dica, questo sconosciuto che ha la tua faccia viene a ucciderti, per rubare la tua identità e tutto ciò che sei; per dire che lui è te, proprio come hanno fatto duemila anni fa, quando hanno sostituito l’apostolo Giovanni e hanno fabbricato la versione persiana del vangelo di Cristo, l’Apocalisse. Questo sostituto si infiltra nell’organizzazione di cui fai parte per distruggerla dall’interno e utilizza la tua identità per manipolare milioni di persone».
Max León abbassò gli occhi.
«Tutto questo è così… incredibile». Guardò fisso John Apostole. «Mi piacerebbe avere un doppione proprio adesso, in modo che sia lui e non io ad ascoltare tutte queste cazzate». Puntò di nuovo entrambe le armi. «Come faccio a sapere che non sei tu quell’accidenti di sostituto?».
John gli si avvicinò. Espose il petto alle due armi di Max.
«Quando arrivammo in questo sito archeologico un uomo cercò di ucciderti. Ti ricordi? Era un uomo di questa arpia, un soldato di suo padre. Ti ricordi? Arrivò e mi sostituì».
«No, diavolo! Non mi ricordo!», rispose Max. Ma poi, nella sua mente, rivide John Apostole che, arrivando al complesso, passava dietro una colonna spezzata e ricompariva con una macchia di sangue.
«Diavolo, forse ricordo qualcosa. Sei…?»
«Ricordati perché siamo qui», gli disse John. «Ricordati cos’è che siamo venuti a cercare qui, tra queste mura. Ricordi gli ordini del tuo capo? Annientare il padre di questa arpia terrorista». Si guardò intorno come se cercasse nemici nel buio. «Duemila anni fa Gesù trasmise al discepolo che più amava, Giovanni, il più grande di tutti i segreti, quello per cui venne crocifisso: il segreto della Bibbia».
Max osservò la parete con occhi nuovi, come se brillasse dall’interno. John continuò: «Da qualche parte in questa galleria c’è la chiave per trovare le Pietre di fuoco, il più antico nascondiglio della Bibbia. È la Fonte J il messaggio di Dio al mondo, il vero messaggio».
«Mio padre ti ucciderà, maledetto!», gridò Serpia Lotan, poi scoppiò in una risata che subito si trasformò in pianto. «Gli uomini di mio padre arriveranno da un momento all’altro, con altri sosia, e vi scuoieranno vivi come san Porfirio e sant’Onesiforo, perché tutto ciò accadde proprio qui, a Efeso, in questa basilica, in questo battistero! Guardate là!». Indicò la parete opposta.
Sulla parete, sotto degli antichi anelli di ferro, Max vide delle ombre scure, il sangue ormai secco di un vecchio sacrifico. Deglutì.
«Li hanno spellati?».
Vide anche il colatoio, sempre indicato da un segno scuro.
«Un momento…». Inclinò la testa di lato. «È lì…», sussurrò a John Apostole, e indicò con il mitra il colatoio. «“Chi beve il mio sangue e mangia la mia carne rinascerà…”».
Sul colatoio c’era anche un’antica iscrizione: LAPIDUM IGNITORUM.
«Le Pietre di fuoco…».