Capitolo settanta
Rose
Oggi
Le gargouille di pietra scrutano verso il basso dalla loro posizione dominante, le espressioni arcigne che sembrano mutare al passaggio delle nuvole, dietro le quali si nasconde e poi riappare la luce perlacea della luna che risplende sopra di esse.
Scorgo delle piccole e strane sagome nere che svolazzano attorno alla vecchia torre. Pipistrelli. Ci sono tutti gli ingredienti dei film horror proprio qui, davanti ai miei occhi. Rabbrividisco e mi stringo nelle braccia. Sono stanca, stanca di avere paura.
Devo essere impazzita. Ancora non capisco perché sia dovuta venire in questo posto, ma in un modo o nell’altro mi sono convinta che non avrei corso pericoli, che avrei guidato fin qui e parcheggiato all’abbazia. Mi sono detta che per Cassie avrei potuto farcela, a radunare il coraggio, e lo avrei fatto anche per me stessa.
«Jed!», chiamo, scossa dai brividi.
A che gioco sta giocando? Cosa avrà da dirmi di tanto disperato da non potermene parlare a casa?
Un pianto sommesso attira il mio sguardo verso l’alto e lo vedo… sulla punta più alta dell’abbazia. Come diavolo è riuscito ad arrivare lassù?
«Rose», grida Jed.
Mi avvicino e noto una scala, appoggiata alla parete centrale dell’edificio sulla quale si è arrampicato Jed. A mano a mano che avanzo, distinguo meglio il suo viso: è di un pallore spettrale, gli occhi arrossati e frenetici che sporgono dalle orbite cupe.
Mi sono messa le scarpe da ginnastica per uscire e sono felice della scelta, mentre mi arrampico sulla scala per sedermi con cautela sul cornicione in cima alla parete. Jed è una decina di metri sopra di me e io lo guardo da qui, con il cuore che mi rimbomba in gola.
«Ti ha dato di volta il cervello?», gli grido. «Scendi da lì, Jed».
Se fossi più vicina, scommetto che gli sentirei addosso l’odore dell’alcol. Nessuno lucido di mente si metterebbe a fare il cretino a un’altezza simile, e per giunta in piedi.
«Voglio parlarti di Cassie, Rose. Adorava venire qui all’abbazia».
È decisamente ubriaco, biascica le parole. Ma è vero quello che dice di Cassie: l’abbazia era la sua meta preferita quando eravamo bambine. Mi rendo conto che a volte ci lasciamo prendere dalla vita quotidiana e crescendo ci facciamo sfuggire le cose che amiamo, dimenticando cosa ci rende felici.
«Hai ragione, lei adorava questo posto, ma parliamone a terra, Jed», propongo. «È una follia, finirai…».
«No! Dirò quello che devo da quassù».
«Come vuoi! Ma fa’ in fretta… Ti prego…». Alzo lo sguardo e osservo le nuvole spostarsi rapide e rabbiose nel cielo scuro. Mi assale il panico e provo a rimettermi in piedi. «Non ce la faccio, Jed. Non ci riesco».
«Cassie mi ha detto che è stato Gareth a violentarla, Rose», dice lui sputando le parole come fossero denti marci. «Mi ha fatto giurare di mantenere il segreto».
Rimango di sasso. L’aria mi si blocca in gola e nella mia mente comincia a vorticare quella tremenda verità che mi accorgo di aver sempre saputo, in cuor mio, ma che avevo insabbiato.
«Tua madre diceva che Cassie non ha visto in faccia l’aggressore, perché indossava una maschera».
Me l’ero chiesto tante volte… era stato Gareth ad aggredirla? Non avevano arrestato nessuno e in paese girava voce che fosse opera di un forestiero di passaggio, che l’aveva trovata sola a casa.
Eppure io non ero mai riuscita a togliermi dalla testa quella sera a casa di Cassie, quando Gareth l’aveva scrutata in quel modo orribile. Lui mi aveva chiesto di scegliere tra loro due e io l’avevo accontentato. Avevo scelto lui senza battere ciglio.
Inconsapevolmente, ero stata io a condannare la mia amica, riferendo a Gareth che secondo lei mi stavo facendo manipolare e che aveva minacciato di raccontarlo a mio padre?
Non voglio credere alle parole di Jed, eppure sembrano irradiare la luce della verità…
«Aveva una maschera», annuisce Jed. «Un passamontagna. L’ha tenuto addosso mentre… la violentava… ma Cassie mi ha detto che prima di andarsene, lasciandola sul pavimento della cucina in una pozza di sangue, se l’è sfilata sulla porta e le ha sorriso».
D’istinto mi copro la bocca con la mano e mi affanno a deglutire la bile che risale lungo la gola. Perché Cassie non ha mai trovato la forza di dirmelo?
«Le ha detto che, se avesse fiatato, lui avrebbe rovinato la tua famiglia. Le ha detto che, se era tua amica, avrebbe accettato di pagare quel prezzo per proteggerti». Jed scuote la testa. «Era così fragile la nostra Cassie, maledizione. Faceva la dura, ma dentro aveva un cuore tenero».
Era vero. Come sua madre, Cassie ergeva una facciata dura come la roccia, ma priva di fondamenta. Se ne accorgeva solo chi la conosceva davvero.
«Oh, Cassie», sospiro. Il vento mi incolla qualche ciuffo di capelli sulla bocca. Quanto vorrei che mi strozzassero. Che finisse tutto quanto.
«Mi ha detto che aveva cercato di aprirti gli occhi sulla cattiveria di quell’uomo».
Con la mente torno a quel giorno nella sala studenti del college, quando Cassie aveva tentato di avvertirmi sulla natura manipolatrice di Gareth. E io cosa avevo fatto? Ero corsa da lui e gli avevo spifferato tutto.
Per forza Cassie non si era più confidata con me. Avrà creduto ciecamente che Gareth avrebbe messo in pratica le sue minacce.
Ciò che mi spezza il cuore è che, nonostante il nostro litigio, Cassie aveva continuato a fare di tutto per proteggermi. Tutte le volte che si era rifiutata di vedermi, che aveva ignorato le mie chiamate… lo aveva fatto per proteggere me da quel mostro di Gareth Farnham.
«Gli ho chiesto centinaia di volte se era stato lui ad aggredirla», mormoro con un filo di voce. «Mi ha sempre mentito. E giura anche di non essere stato lui a uccidere Billy. Le menzogne… non finiscono mai».
Jed emette un gemito strano, una via di mezzo tra un ululato e un guaito. Sembra quasi un animale ferito. Mi alzo in piedi.
«Ferma lì! Non provare ad avvicinarti», grida lui.
«Jed, tutto questo non ha senso. Cassie è morta, tua madre è morta d’alcolismo. Per l’amor del cielo, non anche tu. Ti aiuterò io. Te lo giuro, posso procurarti l’aiuto che ti serve».
«Tu non potrai mai aiutarmi, Rose». Il dolore è palpabile nella sua voce. «Non potrai mai aiutarmi perché, vedi, sono stato io. Sono stato io a uccidere Billy».
Barcollo e mi appoggio alla parete di pietra con tutto il peso.
«Cosa?», sussurro.
«È stato un incidente, Rose. Volevo solo farti spaventare, nasconderlo per un paio di giorni. Avevo programmato di spargere la voce che era stato Farnham, così la gente del paese avrebbe incolpato lui. Pensavo che così si sarebbe scoperto che era stato lui a violentare Cassie. Avevo bevuto e credo che Billy si sia spaventato… Volevo solo che smettesse di gridare aiuto».
Le unghie mi si conficcano nelle cosce. Non riesco a fermarle. Non riesco a parlare.
«C’era un gruppo di persone lungo il viale e gli ho tappato la bocca con la mano per farlo stare zitto ma… devo averla trattenuta troppo a lungo. Non mi sono accorto di avergli coperto anche il naso, che non riusciva a respirare… Ti giuro che è stato un incidente. Lo giuro!».
Sento le forze scorrermi via dal corpo come linfa vitale.
Jed era stato lì. Non poteva essere altrimenti. Il pullman di turisti diretti all’abbazia… il gruppo era passato proprio vicino al punto in cui Billy era sparito a cercare l’aquilone.
Ronnie è innocente. Il mio caro, fidato Ronnie. E Gareth Farnham – per una volta nella sua vita – aveva detto la verità. Quel giorno, prima che lo arrestassero, aveva tentato di dirmi che non era in paese… Era la verità. Il suo alibi era solido.
«Rose, mi dispiace tanto. Davvero. Io…». Jed singhiozza così forte che distinguo a malapena le sue parole. «Se potessi riportare indietro Billy lo farei. Oddio, non sai cosa darei per…».
«Hai infilato tu quel biglietto… nella mia porta?». La mia voce suona stranamente tranquilla. Mi raddrizzo e aspetto la sua risposta accanto alla scala.
«Volevo che la smettessi. Che lasciassi perdere. Ti ho sempre tenuta d’occhio, Rose. Ho sempre avuto intenzione di dirti la verità. Ma mi sono accorto che avevi capito qualcosa, perché hai iniziato a uscire, hai cambiato la tua routine. Sono entrato in casa tua e ho trovato il permesso di visita per Farnham. Ho visto la copertina di Billy avvolta in un sacchetto di plastica… Sapevo che avevi intuito qualcosa, ma non potevo dirti la verità, altrimenti Gareth sarebbe tornato libero e lui è colpevole. Colpevole come non mai per aver ferito Cassie al punto da farle desiderare la morte».
Strabuzzo forte gli occhi di fronte allo strazio di quelle parole. Ripenso a come mi ero sentita sbadata per aver lasciato la finestra aperta, alla sensazione che qualcuno si fosse introdotto in casa mia…
«Jed», dico con impeto. «Ho bisogno di chiederti una cosa. Billy aveva con sé la copertina rossa il giorno in cui è sparito. Cos’è successo alla copertina? Se stai dicendo la verità, devi saperlo».
«È rimasta impigliata tra i cespugli», piagnucola lui. «Si era portato dietro quella stupida copertina anche per cercare l’aquilone. Quando ho tolto la mano e mi sono accorto che era morto, mi ha preso il panico e sono scappato».
Chiudo gli occhi. Non ce la faccio, non ce la faccio ad ascoltare gli ultimi istanti di Billy, sapendo che ero a pochi metri da lui e avrei potuto salvarlo.
«Ti prego, Rose, non piangere. Mi odio. Non voglio più vivere».
«Cos’è successo alla copertina di mio fratello?!», gli urlo contro.
«Mi ha assalito il panico quando ho visto che era morto. L’ho nascosto alla bell’e meglio con rami e foglie e sono scappato. La copertina era impigliata tra i cespugli, avevo paura che qualcuno la vedesse e l’ho presa con me».
«Cosa ne hai fatto?», ringhio.
«Sapevo che avrebbero cercato ovunque. La mamma era da Ronnie e Sheila e, vedendomi passare, mi hanno chiamato. Hanno insistito che bevessi un tè con loro. Ho finto di andare in bagno e infilato la copertina in una delle scatole nel ripostiglio. Immaginavo che nessuno avrebbe cercato a casa di Ronnie, ma forse da noi sì». Abbandona il capo in avanti. «Poi Sheila si è fatta sfuggire di voler fare le pulizie di primavera e io mi sono offerto di aiutarla a sollevare le scatole del ripostiglio, per essere sicuro che quella non venisse toccata».
«Oh, Jed». Ho il corpo scosso dal pianto. «Che cosa hai fatto? Come hai potuto… al nostro Billy?»
«Mi dispiace tanto, Rose». Il pianto, i gemiti, di colpo cessa tutto e stranamente la sua voce torna calma. «Mi dispiace davvero. Non posso più vivere così».
Poi si butta. Jed si butta dalla facciata dell’abbazia.
Mi siedo un istante e chiudo gli occhi.
«Ti voglio bene, Billy», mormoro.
Pian piano, reggendomi alla parete, scendo dalla scala. Impiego una vita a tornare a casa. Una volta arrivata, chiudo la porta a chiave e rimango seduta per un po’, svuotata dentro ma stranamente tranquilla.
Poi chiamo la polizia.