Capitolo trentasei
Rose
Oggi
Ho digitato su Google Maps il codice postale dell’ex ispettore capo Mike North e ho puntato l’automobile in direzione Colwick, un sobborgo a est di Nottingham, a circa trenta minuti di strada dal mio paese.
Non sono abituata a guidare spesso e all’inizio mi rende sempre nervosa ma, una volta partita, in genere riesco a rilassarmi e godermi il viaggio.
Credo sia dovuto alla barriera di metallo fornita dal veicolo. Si guarda fuori dall’auto, ma i pedoni raramente guardano dentro. Mi sento più protetta di quando cammino.
Preferirei non dover attraversare a piedi il paese per andare e tornare dalla biblioteca, ma è una componente preziosa dello sforzo di non fare la reclusa. Vorrei solo che diventasse più semplice.
Trovare per caso l’indirizzo di Mike al lavoro è stata una sorpresa inaspettata e mi ha convinta che si sia trattato di un “segno” per procedere nell’intento di parlargli senza indugiare oltre.
La signorina Carter, durante una visita in biblioteca, mi ha raccontato di aver partecipato a un convegno del Women’s Institute nei pressi di Nottingham nel quale una delle relatrici era nientemeno che un avvocato in pensione di nome Tessa North.
«Ha tenuto un discorso molto eloquente sulla carriera delle donne nell’ambiente legislativo ed è parsa particolarmente incuriosita nello scoprire che venivo da Newstead», mi ha riferito con un lieve eccesso di orgoglio.
«Oh, e come mai?», ho chiesto fingendo di mostrarmi interessata, quando invece non desideravo altro che perdermi a validare la montagna di tessere dei nuovi utenti della biblioteca.
«Il marito è un ex poliziotto e ha seguito un grosso caso qui. Si chiama Mike North». Di colpo la signorina Carter si è resa conto di chi avesse di fronte e della gaffe nel tirare in ballo il caso di Billy. È sbiancata in viso. «Oh! Mi spiace tanto, cara. Non ho riflettuto. Non volevo…».
«Non importa», ho replicato, raddrizzandomi sulla sedia. «Le ha forse detto dove abitano, adesso? Magari si è appuntata l’indirizzo e-mail dell’avvocato?»
«Ho fatto di meglio, mia cara», ha dichiarato lei di nuovo compiaciuta. Ha rovistato nel borsellino e ne ha estratto un biglietto da visita. «Ha distribuito a tutti i partecipanti uno di questi».
Ho contattato il numero di cellulare subito dopo, lasciando il mio recapito alla segreteria e spiegando chi fossi. È stata una piacevole sorpresa sentirmi richiamare dallo stesso Mike che ha accettato con gioia di incontrarmi. Ancor più piacevole sentirmi proporre di vederci a casa loro.
«Non esco molto in questi giorni», mi ha spiegato. «Sarà bello vedere una faccia nuova da queste parti».
Come prevedibile, guido verso la meta con una certa agitazione. Non accendo la radio. Piuttosto, cerco di riflettere su come ottenere consigli senza – per adesso – coinvolgere Ronnie.
Dicono che chi è stato poliziotto lo rimane per sempre, perciò North potrebbe sentirsi obbligato a riferire eventuali dettagli ai contatti che possiede ancora in polizia.
Se il mio vicino è innocente, e nonostante tutto sono convinta al novantanove percento che lo sia, devo proteggerlo. Almeno per il momento.
Svolto in Riverside Crescent e costeggio la fila di appartamenti esclusivi fino al secondo parcheggio in fondo, come da istruzioni di Mike.
Gli appartamenti sorgono sulle rive del fiume Trent e, anche se da questo lato non se ne vede traccia, tutti i balconi si affacciano sull’acqua.
Afferro la borsetta e mi dirigo verso l’imponente edificio. La massiccia presenza di vetro e acciaio salta subito all’occhio e le finestre scintillano alla luce fioca del sole. Raggiungo la palazzina numero 7 e digito l’interno dell’appartamento di Mike sul tastierino, poi schiaccio il pulsante del campanello.
«Buongiorno», mi risponde una voce femminile. «Sali pure, siamo al primo piano».
Ignoro l’ascensore sfarzoso e prendo le scale. Raggiunto il pianerottolo, una delle tre porte si apre.
Vado incontro alla donna dai capelli corti e biondi che mi sorride.
«Devi essere Rose», esordisce e mi stringe la mano. «Piacere, io sono Tessa. Mike non vedeva l’ora di incontrarti».
Sembra sulla cinquantina, abbronzata e attraente, vestita in modo casual, con un paio di jeans bianchi strappati, una T-shirt bianca e larga e i piedi scalzi.
«Ti accompagno da Mike», dice mentre entriamo nell’atrio. «E ti porto qualcosa di fresco da bere. Acqua o limonata appena spremuta?»
«Accetto volentieri la limonata, grazie», rispondo col sorriso, chinando lo sguardo per togliermi le scarpe.
«Oh, lascia stare», insiste e mi fa cenno di seguirla. «Mike ti aspetta sul balcone».
Annuisco e proseguo verso l’ingresso che si apre su un’ampia sala inondata di luce. Le finestre a vetrata e le porte scorrevoli sono aperte, in modo da godere al massimo la straordinaria vista sul fiume.
«Ciao, Rose», saluta Mike dalla sedia di vimini all’esterno. «Vieni pure».
Non mi viene incontro, perciò attraverso la sala ed esco sulla lustra veranda finestrata con il pavimento di piastrelle.
«Wow», esclamo a bocca aperta. «Passerebbe anche a me la voglia di uscire, se questo è lo spettacolo che mi aspetta ogni mattina».
Lui ride e allunga il braccio con grande lentezza. Solo allora mi accorgo che trema. Non un semplice fremito, ma un tremore violento.
Gli stringo la mano e lui ritrae il braccio con un movimento rigido.
«Morbo di Parkinson», spiega senza giri di parole. «Una maledetta scocciatura, come puoi vedere».
«Mi dispiace tanto, Mike», rispondo, sentendomi in colpa per aver disturbato la sua quiete con la mia intrusione. «Non ne avevo idea, non avrei mai…».
«Non devi scusarti, Rose». Scuote il capo. «Sono felice di rivederti dopo tanti anni. Eri solo una ragazzina quando quella tragedia si è abbattuta sulla tua famiglia».
Cala un istante di silenzio mentre ricordiamo.
«Sapere dei tuoi genitori mi ha sconvolto. Perdere anche loro dopo quello che è successo a Billy, insomma… Non so come hai fatto a superarlo».
«Grazie, Mike. Nutrivano entrambi una grande stima nei suoi confronti, come sa bene».
Lui sorride e osservo il suo viso segnato. Sono passati sedici anni dall’ultima volta che l’ho visto e dopo tanto tempo la mia memoria non fa fede, ma appare molto più vecchio del previsto; molto più della moglie. Scommetto che è il risultato del Parkinson con cui è costretto a convivere.
Ci voltiamo all’arrivo di Tessa, che regge un vassoio con due bicchieri colmi di limonata ghiacciata.
«Fantastico», commento con gratitudine, sventolandomi il volto con la mano. Non sembrava così caldo nel parcheggio.
«È una trappola di calore quassù», spiega Tessa, posando accanto a Mike un bicchiere con una cannuccia lunghissima. «Tutti i balconi sono esposti a sud e, anche nelle giornate abbastanza fresche, qui fa più caldo perché sono riparati dal vento».
Sorseggio la mia limonata, riflettendo che Mike sembra essersi sistemato piuttosto bene con uno stipendio, e ora pensione, da poliziotto.
«È grazie alla carriera di Tessa se ci siamo potuti permettere questo posto», dice lui con lo sguardo rivolto al fiume, come se mi avesse letto nel pensiero. «Era socia di uno studio legale. Ha lasciato tutto per occuparsi di me, la fortunella».
«Attenta, Rose». Tessa mi fa l’occhiolino, prima di rientrare per socchiudere la portafinestra. «Farà leva sulla tua pietà prima ancora che te ne renda conto. È così che mi ha acciuffata».
Lui ride e le manda un bacio con un soffio. Quella coppia ha davanti a sé una strada senza dubbio difficile per via della malattia di Mike, ma è evidente che si amano sul serio. È molto bello.
Mi schermo gli occhi e guardo il panorama, fino all’ansa del fiume. Sono qui da pochi minuti e ho già scorto gallinelle d’acqua, folaghe e un magnifico cormorano volare rapidi a pelo d’acqua.
Mike ha trovato il suo piccolo angolo di paradiso nel bel mezzo di tutta la merda schifosa con cui ha avuto a che fare nei circa trent’anni di servizio nella polizia del Nottinghamshire.
La storia di Billy appartiene a un passato che vorrebbe dimenticare e io invece sono qui a chiedergli di ricordarlo.