Capitolo diciotto

Rose

Oggi

 

Nascosta per anni sotto pacchi di fazzoletti e federe ripiegate, la copertina di mio fratello ora è qui sulle mie ginocchia.

Non so dire di preciso quanto a lungo sia rimasta seduta sul pavimento, nella stanza-ripostiglio di Ronnie. La luce mi sembra diversa e fatico a respirare nell’aria ispessita.

Non ho l’orologio, ma saranno passate ore. Il pensiero del lavoro fa una breve apparizione nella mia mente, poi scivola via di nuovo.

Sono bloccata in un universo parallelo nel quale niente ha più senso. Nel quale, se non riesco a scrollarmene fuori, il giorno si fonderà con la notte e la vita reale rimarrà sospesa.

Sono in una dimensione in cui accade l’impossibile.

Abbasso lo sguardo sulla copertina di Billy.

La cercammo per settimane. Gli abitanti del posto, la polizia e la gente dei paesi vicini. Anche dopo il ritrovamento del corpo di Billy, ci dissero che la copertina era di vitale importanza per le indagini.

E mi rendo conto all’istante che forse non avrei dovuto toccarla. Non è più l’oggetto di conforto di mio fratello: è una prova. La prova cruciale che potrebbe contenere le tracce di un killer.

Il viso di Ronnie mi si affaccia alla mente.

Ripenso a quando mi ha accompagnata alla tomba di Billy solo pochi mesi fa, come tutti gli anni da quando mamma e papà non ci sono più.

Ci andavamo io, lui e Sheila ma, dopo la morte della moglie, Ronnie ha continuato a venire con me a trovare Billy al cimitero, anno dopo anno.

A volte, anziché nel giorno del ritrovamento, in quello del funerale. Non importa quando, basta onorare la sua memoria.

Anni fa, poco dopo averlo perso, dovetti costringermi a ridurre il numero delle visite. La mia terapista diceva che mi avrebbe giovato, che correvo il serio rischio di ritardare la guarigione. Ma erano state le parole di Ronnie a centrare l’obiettivo.

«Non puoi continuare a vivere facendo visita ai morti, Rose», mi aveva detto con dolcezza, venendo a cercarmi nella stanza buia dalla quale non uscii quasi mai per oltre un anno, dopo la morte dei miei genitori. «Billy era pieno di vita. Non avrebbe mai desiderato questo».

Attraverso la nuvola di smog del dolore che mi aveva soffocata per tanto tempo, la verità delle parole di Ronnie fece breccia come un radioso fascio di luce, e d’istinto capii che aveva ragione lui.

Ronnie Turner non ha distrutto la vita; al contrario, l’ha salvata.

Lui mi ha aiutata a vivere. Ha aiutato tutti noi, mentre lottavamo per sopravvivere dopo la perdita di Billy… Lui non può, nel modo più assoluto, essere coinvolto nella morte di mio fratello.

Devo rifiutare anche solo l’idea di prenderlo in considerazione.

Tutte le cose meravigliose che Ronnie ha fatto per me vorticano nella mia testa come frammenti di carta nella burrasca. Vorrei fermare e chiudere tutto per bene in una scatola, per riprendere il controllo della situazione e riflettere da zero.

Dev’esserci una ragione logica che spieghi perché la copertina di Billy è rimasta nascosta qui, in questa stanzetta, per tanti anni.

Provo a riordinare i pensieri, ma l’intera faccenda è troppo grande per me. La scoperta di stamattina è semplicemente troppo assurda per riuscire a concepirla.

Affondo il viso nella copertina di Billy e annuso di nuovo l’odore stantio della stanza di Ronnie. Non rimane altro ormai, nessun altro odore. Ma non importa.

Mi basta sapere che mio fratello adorava questo pezzo di stoffa. Lo teneva a letto con sé tutte le sere e se lo infilava nello zaino per portarselo dietro ogni volta che poteva. Billy era un’anima solitaria, non aveva dei veri e propri amici che potessero prenderlo in giro per quell’abitudine.

Dopo la sua scomparsa, la mamma dovette setacciare la sua cameretta per riferire alla polizia se era tutto a posto o mancava qualcosa. Lei notò subito che lo zaino e la copertina non c’erano.

«L’ho ritrovata, mamma», sussurro alle pareti bianche e vuote.

Non fidarti di lui
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