Capitolo trentadue
Rose
Oggi
Non ho dormito. Ho passato letteralmente la notte in bianco.
La gente entra in biblioteca di continuo affermando, in modo vago: «Ho chiuso occhio a malapena la notte scorsa», oppure: «Non ho più dormito dalle due in poi». Sono frasi che si dicono quando si riposa male o con il sonno disturbato, ma io parlo sul serio. Non ho dormito per niente la notte scorsa.
Non posso continuare così. Altrimenti manderò in fumo anni e anni di terapia e di duro lavoro per rimanere sana di mente.
Sono la prima ad ammettere che, in confronto ad altre, la mia vita non è un granché. Ma è una vita come tante, sostenuta da una routine che ho imposto a me stessa per sopravvivere. E vorrei mantenerla tale.
Così, durante le lunghe ore della notte scorsa, passate a fissare il soffitto, vagare per la casa, o seduta in cucina con la terza tazza di caffè… ho continuato a pensare a una sola cosa.
Non a quanto accaduto sedici anni fa, né al ritrovamento della copertina di Billy, ma a questo: cosa ho intenzione di fare?
Non so cosa mi aspettassi da Ronnie, quando gli ho parlato.
Forse speravo che avrebbe confessato al volo, adducendo una scusa plausibile per la presenza della copertina in casa sua. Una scusa che mi sarebbe parsa perfettamente ragionevole.
Già mi vedevo sorridere con amarezza, nel rendermi conto di aver lasciato correre troppo la fantasia. Credevo di poter provare sollievo, una volta chiarito tutto, e tornare alla solita vita.
Ronnie mi è parso così fragile, appena dimesso dall’ospedale, che non me la sono sentita di sputargli addosso cosa ho trovato nel suo ripostiglio. Avrebbe potuto svenire, collassare, o chissà cosa… Ho sentito di non avere scelta se non quella di pazientare, aspettare il momento giusto perché lui recuperi le forze necessarie a giustificarsi.
Oscillo costantemente tra la certezza dell’innocenza di Ronnie e l’ovvietà della sua colpevolezza. Nella mia mente è riunita una giuria alla quale espongo, in modo convincente, entrambe le arringhe senza avere la minima possibilità di vincere.
So che Billy aveva con sé la copertina quel giorno all’abbazia. L’ho vista io stessa sbucare dallo zaino.
Quando furono ritrovati il corpo e lo zaino, della copertina non c’era traccia. La polizia non riuscì mai a trovarla, nonostante avesse setacciato la zona da cima a fondo.
E ora, dopo tanto tempo, ecco che mi imbatto in quella stessa copertina a casa di Ronnie.
Come riuscirà a spiegarmi questo?
La testa mi pulsa forte e ho la nausea. Non mangio da ieri pomeriggio, ma a quest’ora del mattino non posso affrontare nessun cibo.
Sono riuscita a prepararmi per andare al lavoro in maniera automatica e ho scoperto che non dormire è quasi come non mangiare. A un certo punto superi la soglia e vai avanti come se fosse normale.
So che si tratta solo di un recupero apparente e che la mancanza di sonno tornerà a farsi sentire con prepotenza, ma per il momento mi basta stare in piedi.
Abbasso lo sguardo sul foglio e sulla penna posati sul tavolo della cucina. Credo fossero le tre del mattino quando ho elencato le possibili opzioni, dal mio punto di vista:
1) Non fare niente
2) Andare alla polizia
3) Parlare di nuovo con Ronnie
Ora, nella fredda luce del giorno, posso escludere del tutto la prima.
È impensabile fingere di non aver trovato la copertina anche se, nelle ultime otto ore, ci sono stati momenti nei quali la voce nella mia testa ripeteva: Tu sai che è stato Gareth Farnham. Lo sai. Sta scontando l’ergastolo, la giusta punizione per quello che ha fatto. La polizia all’epoca era soddisfatta del risultato. Perciò non pensarci più.
Ma se voglio tornare a dormire sonni decenti, so che devo affrontare le implicazioni della mia scoperta. Devo e basta.
Opzione due: andare alla polizia.
L’ispettore capo Mike North aveva vissuto la morte di Billy sulla propria pelle, quasi come noi della famiglia. Per lui, perdere Billy non fu solo parte del mestiere.
Naturalmente non mi coinvolse in prima persona durante le indagini. Com’è ovvio, si ritirava in salotto con i miei, e io ricevevo gli aggiornamenti di seconda mano tramite loro.
Ma ricordo ancora che la mamma, durante una conversazione a pochi mesi dalla morte di Billy, riferì che Mike North si era ritirato dalla polizia per problemi di salute.
Dubito che chi seguì le indagini all’epoca lavori ancora oggi per la polizia della contea di Nottingham. In base ai miei ricordi, Mike North e i suoi superiori si aggiravano tutti sulla cinquantina o sessantina.
Andare alla polizia significherebbe spiegare da capo l’intera storia a qualcuno che non ha la minima idea dell’accaduto. E comunque, andrei a chiedere cosa, di preciso? Di interrogare Ronnie perché dice di non ricordare cosa ci faceva la copertina di Billy nel suo ripostiglio?
Più penso a coinvolgere la polizia e più mi sembra ridicolo. Gli abitanti del paese chiederebbero la mia testa per aver turbato Ronnie, reduce dall’ospedale.
Eppure… forse si può trovare un compromesso.
Potrei non andare alla polizia ad accusare Ronnie direttamente, ma piuttosto cercare di contattare Mike North e discutere di nuovo la soluzione del caso con lui. Per scoprire se è davvero a prova di bomba come era parsa all’epoca.
Non conosco nessuno nella polizia della contea a cui possa chiedere in via informale come contattare North, ma sono abbastanza in confidenza con Sarah e Tom, i nostri funzionari civili di supporto alla polizia locale. Non mi va di metterli in una posizione scomoda, chiedendo informazioni riservate, ma tentar non nuoce.
Opzione tre: posso provare di nuovo a parlare con Ronnie. Magari, tra un paio di giorni, si sentirà più in forze e meno confuso. Sotto sotto, spero ancora che lui possa chiarire tutto, dire qualcosa che cancelli ogni dubbio.
Una speranza un po’ tirata, ma non mi resta altro. Gli parlerò più avanti, quando mi auguro che starà un po’ meglio. L’ospedale ha mandato un’infermiera e una badante per assisterlo durante il giorno e io ho accettato di tenerlo d’occhio durante la notte e passare a trovarlo tutte le mattine.
Nonostante i miei ragionamenti logici, continuano ad affiorare i pensieri più orribili.
Che Ronnie c’entri qualcosa con la morte di Billy?
Che stia mentendo sulla perdita di memoria?
Se la risposta a uno o l’altro dei due interrogativi è sì, allora come faccio a prestargli il mio aiuto? Come faccio a rivolgergli ancora la parola?
Per ora, devo limitarmi a scacciare quelle congetture terrificanti.
In un modo o nell’altro, devo trovare le risposte che cerco per richiudere questa storia al sicuro, dov’era prima, negli appositi compartimenti della mia mente.
Devo portare avanti le mie scelte, o rischierò di cadere a poco a poco nel baratro senza fondo della follia, che ho già visitato una volta e che spero di non rivedere mai più.
Eppure, non credo di avere la forza di affrontare tutto di nuovo.