Capitolo venticinque
Sedici anni prima
«Mi dispiace averle detto che saremmo passati, Gareth. Faremo solo un salutino veloce, te lo prometto». Rose era sdraiata sul suo letto e bisbigliava al cellulare. «Cassie muore dalla voglia di conoscerti. Tutti vogliono conoscerti».
«Ci fermeremo mezz’ora al massimo», rispose lui.
«Lo so. Gliel’ho detto».
«Quando dici che tutti vogliono conoscermi, a chi ti riferisci esattamente?»
«Ai miei amici. Beth, Carla, Clare». Rose si spremette le meningi. «Andy, Pete e Jed, il fratello di Cassie, e altri suoi amici, credo».
Istante di silenzio. «Hai anche amici maschi? Non me l’hai mai detto».
«Sono solo compagni del college». Rose fece spallucce, fissando la stessa crepa nell’intonaco del soffitto. «A volte ci troviamo tutti insieme per pranzo».
«Tu puoi anche credere che siano solo amici, ma ti assicuro che i ragazzi hanno altre idee per la testa. Pensano solo a infilarsi nelle tue mutande».
«Gareth! Ma che schifo».
«“Schifo” è la parola giusta. Cosa credi che vada mormorando la gente sulle ragazze che vanno a pranzo con i maschi?»
«Chiacchieriamo e basta, tutto qui. Frequentiamo lo stesso corso». Andava a finire sempre così. Rose apriva la bocca senza pensare e immancabilmente lui si infastidiva. «Mi dispiace», sussurrò.
Il silenzio all’altro capo del telefono durò così a lungo che Rose dovette controllare sul display che non fosse caduta la linea. «Pronto?»
«Dammi l’indirizzo di Cassie. Ti raggiungo lì alle otto».
«Mi dispiace averti fatto arrabbiare», ripeté lei, dopo avergli dettato l’indirizzo. «Non ti nascondo niente, davvero. Passiamo solo del tempo insieme».
«Non voglio nemmeno pensarci, Rose», bofonchiò lui. «Non ti credevo il tipo di ragazza che si mette a flirtare con i maschi a scuola».
Rose gli rispose per le rime, senza rifletterci. «Stai insinuando qualcosa di squallido che in realtà non esiste. Siamo solo amici, nient’altro. Perché fai finta di non capire?».
Si aspettava che lui se la prendesse, ma dopo un breve silenzio il tono di Gareth si fece più morbido e conciliante.
«Perché pensi sempre male di me, nonostante tutto quello che faccio per te e per la tua famiglia? Cerco solo di proteggere la mia ragazza. Mi dispiace che la cosa ti irriti, Rose». Il suo turbamento sembrava sincero.
«Non volevo», rispose lei pentita. Gareth aveva detto che era “la sua ragazza”. Parole testuali, e aveva ragione anche sul resto. Lui aveva fatto tanto per restituire a suo padre speranza e fiducia in se stesso. Perché Rose non riusciva a rallegrarsene e basta?
«Non mi piace l’influenza di Cassie, Rose. Mi fido di te a occhi chiusi, ma purtroppo i principi morali della tua amica lasciano molto a desiderare».
Rose provò un guizzo di lealtà nei confronti di Cassie, ma non replicò. Non voleva peggiorare la situazione.
Ingoiò il nodo che le si formava in gola ogni volta che Gareth si arrabbiava. Aveva letto un articolo su una rivista proprio la settimana prima, che metteva in guardia le ragazze sui segnali di una relazione autoritaria: camminare sempre sulle uova, temere di dire la cosa sbagliata. C’era di che preoccuparsi.
«Promettimi che non lo farai più. Basta fermarti a chiacchiere con i ragazzi per pranzo». Gareth fece una pausa e sospirò. «Lo dico perché tengo a te, Rosie. Ci tengo così tanto che a volte mi sembra di provare quasi un dolore fisico».
Rose stentava a credere alle parole meravigliose che ora gli sgorgavano dalle labbra come petali di un fiore.
«Te lo prometto», lo rassicurò, perdonando all’istante i precedenti sospetti.
Non stava cercando di controllarla, comprese Rose. Gareth teneva a lei.
Forse era talmente abituata ai rimproveri dei genitori e a vivere con il costante sottofondo delle loro discussioni da aver dimenticato cosa si provasse quando qualcuno si prendeva cura di lei. Qualcuno che ci tenesse profondamente.
Rose pensò che, ogni tanto, implicasse sentirsi dire cose non necessariamente piacevoli.
Gareth concluse la chiamata poco dopo, dicendo che doveva occuparsi di carte importanti.
Rose intuì che si fosse seccato perché lei aveva programmato di presentargli i suoi amici il giorno seguente, ma Cassie non la finiva più di tormentarla, tanto moriva dalla voglia di conoscerlo.
A ogni modo, non doveva farsene una colpa, concluse. Era naturale che Gareth incontrasse i suoi amici, no? Forse conoscerli avrebbe placato ogni suo dubbio: avrebbe visto con i suoi stessi occhi che quei ragazzi erano del tutto innocui.
Ormai si frequentavano da un po’ ed erano riusciti a nasconderlo al padre dispotico che ora, come per miracolo, era diventato il più grande fan di Gareth.
A Rose sembrava che la loro relazione si stesse rafforzando giorno dopo giorno.
Se lo sentiva.