Capitolo venti

 

 

 

 

 

Sedici anni prima

 

Gareth chiamò all’ora concordata e Rose lo informò subito del cambio di programma.

«Che significa, che vuoi spostare il nostro appuntamento?»

«Non ho detto che voglio», esitò lei. I suoi genitori erano entrambi in salotto e doveva ponderare le parole, ma per fortuna la televisione era a tutto volume. «Mi ero dimenticata di aver promesso a Cassie che sarei andata da lei, dato che la madre è via per la notte».

«Capisco», osservò Gareth seccato. «E immagino fossi anche preoccupata per la scusa da rifilare a tuo padre per il nostro appuntamento».

«Be’… sì». Rose provò un certo sollievo sentendolo così comprensivo verso la sua difficoltà a inventare scuse. «È vero. Ma a parte quello, Cassie ci rimarrebbe male se non andassi».

«Capisco che tu preferisca vedere la tua migliore amica, anziché uscire con me», replicò lui con durezza. «Suppongo non mi resti altro da fare che consigliarti di stare attenta, Rose».

«Attenta?»

«So che tu e Cassie siete buone amiche, ma pensaci bene: una vera amica non si immischierebbe nei piani di qualcuno a cui vuole bene». Sospirò. «Secondo me, è gelosa perché hai conosciuto una persona che tiene davvero a te. Attenta a non farle rovinare le cose tra noi, tutto qui».

Sembrava molto scocciato e Rose si sentì terribilmente in colpa. «Non lo farebbe mai, lei è felice per me, ma mi dispiace averti deluso, io…».

«È solo che vorrei non aver rinunciato all’opportunità di un week-end a Londra».

«Londra?»

«Sì, alcuni miei amici partono venerdì all’ora di pranzo per una gita a Londra. In genere, sono sempre il primo a cogliere queste occasioni, ma non ho esitato un attimo a rinunciare al viaggio. Ho scelto senza il minimo dubbio di vedere te. Non importa».

«Oh!».

«Non sentirti in colpa, Rose, lo capisco», disse Gareth con tono affabile. «Suppongo che ci vedremo in giro per il paese nel corso della settimana e spero vorrai ancora partecipare al progetto».

Rose ripensò a come erano stati bene insieme e che, prima di conoscere lui, non faceva altro che passare il suo tempo da Cassie per scappare da casa propria. Annoiata a morte a furia di riguardare in televisione i vecchi episodi dei Simpson. Era matta a voler cancellare l’appuntamento?

Sembrava quasi che quel disguido potesse cambiare le cose tra loro.

«Ti prego, dimentica tutto», si affrettò a ritrattare con improvvisa determinazione.

«Non c’è problema. Non voglio costringerti a trascorrere la serata con me se preferisci la compagnia di Cassie», replicò lui con fermezza. «Se preferisci vedere la tua amica, lo capisco».

«Ma io non voglio vedere lei!». Rose si morse il labbro e abbassò la voce a poco più di un sussurro. «Me ne sono appena resa conto. Preferisco di gran lunga vedere te».

«E che mi dici del tuo vecchio?»

«Non preoccuparti per lui», gli rispose. «Mi farò venire in mente qualcosa».

Il giovedì, Rose scese dall’autobus sorridendo tra sé e si avviò verso casa.

Era difficile credere che nel giro di poco la sua vita fosse cambiata radicalmente in meglio. I giorni e le notti che prima scorrevano monotoni, adesso erano pieni di aspettative ed eccitazione per quello che le riservava il futuro con Gareth.

Era stata un po’ dura quel giorno informare l’amica che non sarebbe andata alla festa di venerdì.

«Ah! Bello vedere che mi stai già piantando in asso». Cassie aveva premuto così forte il pastello che usava per le sfumature da spezzarlo.

«Cassie, non prenderla in questo modo», aveva spiegato Rose. «Ho solo sbagliato a prendere due impegni per la stessa sera, tutto qui, e Gareth ha annullato il week-end a Londra per stare con me».

«Buon per lui», aveva mormorato Cassie.

Rose era rimasta a fissare la testa dell’amica sempre più china sul blocco da disegno. Cassie aveva finto di essere assorta nel lavoro, ma Rose sapeva che era solo uno stratagemma per non guardarla.

Forse in fin dei conti aveva ragione Gareth nel dire che fosse gelosa di loro due.

«Buu!».

Rose cacciò uno strillo mentre qualcuno sbucava fuori dal nulla sulla via di casa.

«Billy!». Si portò una mano sul cuore. «Ti ho detto un milione di volte di non farlo. Mi farai venire un infarto».

«Ti va di giocare a carte?», chiese lui, mentre giravano verso la porta sul retro.

«Sono appena tornata, Billy», sospirò Rose. «E devo…».

«Ma avevi detto che stasera avremmo fatto qualcosa insieme», si lagnò il fratello.

«Infatti», garantì lei, mascherando con astuzia di aver completamente dimenticato la promessa. «Hai deciso cosa ti piacerebbe fare?»

«Be’, non possiamo giocare a Monopoli perché papà è impegnato in salotto», spiegò lui imbronciato.

«Impegnato a fare cosa?»

«Boh. Sta parlando con qualcuno». Billy fece spallucce. «La mamma ha detto che non posso entrare».

«Okay, possiamo sempre allestire il gioco sul tavolo della cucina», suggerì Rose. «Però dopo cena, altrimenti le daremo fastidio. Tanto prima devo finire un lavoro per la scuola».

Quando Rose entrò dalla porta secondaria, Stella stava spianando un impasto in cucina.

«Ciao, tesoro», la salutò, asciugandosi la fronte con il dorso infarinato della mano. «Tutto bene, oggi?»

«Sì, mamma, grazie». Rose indicò con un cenno la porta chiusa del salotto. «Che combina papà, lì dentro?».

Stella sorrise. «Ha detto di farti entrare non appena fossi tornata».

«Posso andare anch’io?», si intromise Billy.

«No, Billy», rispose Stella con autorità. «Solo Rose».

Il bambino mise il broncio e si sedette con un tonfo su uno sgabello malfermo in un angolo.

«Con chi sta parlando papà?», domandò di nuovo Rose.

«Non lo so di preciso, tesoro. Vai a vedere tu stessa».

Lei si sfilò le scarpe da ginnastica e posò la borsa di tela del college in fondo alle scale. Rimase in ascolto per un momento, cercando invano di riconoscere le voci attutite.

Quando aprì la porta, Billy si infilò in salotto insieme a lei, ma Rose non se ne accorse nemmeno.

Era rimasta senza fiato nel posare lo sguardo sull’ospite del padre.

Non fidarti di lui
titlepage.xhtml
index_split_000.html
index_split_001.html
index_split_002.html
index_split_003.html
index_split_004.html
index_split_005.html
index_split_006.html
index_split_007.html
index_split_008.html
index_split_009.html
index_split_010.html
index_split_011.html
index_split_012.html
index_split_013.html
index_split_014.html
index_split_015.html
index_split_016.html
index_split_017.html
index_split_018.html
index_split_019.html
index_split_020.html
index_split_021.html
index_split_022.html
index_split_023.html
index_split_024.html
index_split_025.html
index_split_026.html
index_split_027.html
index_split_028.html
index_split_029.html
index_split_030.html
index_split_031.html
index_split_032.html
index_split_033.html
index_split_034.html
index_split_035.html
index_split_036.html
index_split_037.html
index_split_038.html
index_split_039.html
index_split_040.html
index_split_041.html
index_split_042.html
index_split_043.html
index_split_044.html
index_split_045.html
index_split_046.html
index_split_047.html
index_split_048.html
index_split_049.html
index_split_050.html
index_split_051.html
index_split_052.html
index_split_053.html
index_split_054.html
index_split_055.html
index_split_056.html
index_split_057.html
index_split_058.html
index_split_059.html
index_split_060.html
index_split_061.html
index_split_062.html
index_split_063.html
index_split_064.html
index_split_065.html
index_split_066.html
index_split_067.html
index_split_068.html
index_split_069.html
index_split_070.html
index_split_071.html
index_split_072.html
index_split_073.html
index_split_074.html
index_split_075.html
index_split_076.html
index_split_077.html
index_split_078.html
index_split_079.html
index_split_080.html