Capitolo sessantasette
Carcere di Wakefield, oggi
«Ciao, Rose, è bello rivederti», disse Gareth, scostando la sedia per accomodarsi. «Mi hai portato le cose che ti ho chiesto? Il sapone Imperial Leather e le riviste?»
«Sì», mentì lei. «Ma ho dovuto lasciare il pacco all’entrata».
«Grazie, lo apprezzo molto». Le sorrise. «Allora, cosa hai fatto di bello da quando ci siamo visti la settimana scorsa?».
Le parlava con uno strano tono colloquiale, come se si fossero appena trovati al pub per una birra.
Rose trattenne l’impazienza e rispose.
«Le solite cose. Lavoro e qualche visita a Ronnie, il mio vicino. È stato poco bene».
«Oh, mi dispiace molto», replicò lui senza la minima apprensione nella voce. «Ha vissuto una bella vita, però, no? Ormai è agli sgoccioli e tu hai fatto tanto per lui, Rose; chissà, magari ti lascia la casa in eredità».
Rose scoppiò a ridere. «Dubito. Ha un figlio, Eric, che vive in Australia».
Gareth alzò lo sguardo, interrogando la memoria. «Sì, mi ricordo di Eric. Un tipo losco, un po’ solitario, mi pare».
Senti da che pulpito viene la predica, pensò Rose. Quanto avrebbe goduto uno come lui se avesse scoperto il segreto di Eric.
«Credo sia sposato, ora». Rose fece spallucce, guardandolo dritto negli occhi. «Quando Ronnie è stato ricoverato in ospedale per qualche giorno, gli ho pulito tutta la casa, anche il primo piano».
«Sei proprio un angelo, eh?», ammiccò lui senza indugio. «Sempre pronta ad aiutare gli altri, eppure non hai aiutato me quando ne avevo un bisogno disperato, vero, Rose?»
«La mia priorità era mio fratello», rispose lei, chinando lo sguardo sulle mani e ripensando alle parole della lettera. «Non puoi farmene una colpa, ma forse ora possiamo aiutarci a vicenda».
Gareth sollevò la testa di scatto. «In che modo?»
«Tu mi dici cosa ne hai fatto della copertina di Billy e io ti porterò tutto quello che ti serve».
Gareth rise. «Ecco che provi a fregarmi di nuovo, Rose. Temo che tu abbia adottato qualche subdola abitudine da quando mi è toccato lasciarti».
«Cosa vuoi dire?»
«È successo qualcosa. Nessuno aspetterebbe sedici anni per fare certe domande. Nemmeno tu».
«Tu dimmi perché l’hai fatto. Hai sempre negato da vero vigliacco… Voglio sapere com’è andata quel giorno».
Rose si tappò la bocca, arrabbiata con se stessa. Fino a quel momento era riuscita a tenere a bada l’astio, ma era così difficile.
«Se c’è una cosa che non sono, ragazzina, è proprio vigliacco». Gareth la gelò con gli occhi e il suo viso si incupì come lei ricordava bene, facendole aggrovigliare le viscere.
Scacciò quel ricordo, rammentò a se stessa di non essere più la ragazzina di Gareth ormai. Non era proprio la ragazzina di nessuno, era una donna. Una donna finalmente decisa a scoprire la verità.
«Allora dimostralo!».
«Rose, Rose», ridacchiò lui sotto i baffi. «Non litighiamo, dài; abbiamo atteso così tanto per ritrovarci».
«Se davvero tenessi a me, me lo diresti», insisté Rose. «Mi diresti cos’è successo a mio fratello».
«Farei di tutto per te, Rose, lo sai». Il volto di Gareth diventò serio. «Ma non posso esaudire la tua richiesta perché non ho ucciso io Billy».
Lei sospirò.
«Ammetto di averti mentito ogni tanto quando stavamo insieme, Rosie. Come tutti gli uomini, siamo fatti così». Gareth tese in avanti i palmi delle mani e alzò le spalle. «Ma il giorno in cui ti ho detto di essere innocente per l’omicidio di Billy, ero sincero. So che è dura da accettare, Rosie, ma la verità è questa: l’assassino di Billy è ancora libero».
Le parole della lettera riecheggiarono nella mente di Rose.
«Piantala!», gridò a voce così alta da attirare lo sguardo preoccupato di una guardia. Fece un cenno di scuse e tornò con gli occhi a Gareth. «Se continui a mentire, non verrò più a trovarti».
«Non sto mentendo», sibilò lui, mostrando quei denti ingialliti che un tempo formavano il sorriso ammaliante da lei tanto amato.
Rose trasse un bel respiro e si decise a pronunciare le parole successive, prima che le mancasse il coraggio. «A chi hai chiesto di portarmi quel messaggio? Non sono ancora andata alla polizia ma lo farò, se costretta».
«Non ti ho mandato nessun messaggio», tagliò corto lui.
«Nessuno sa che sto venendo qui, a parte noi. Ieri sera ho trovato una busta infilata nella porta».
«Io non c’entro niente», rispose lui con aria torva. «Cosa c’era scritto?»
«Diceva: “Non svegliare il can che dorme”». Rose osservò attentamente il viso di Gareth.
L’aria confusa gli riusciva benissimo, ma lei conosceva fin troppo le sue doti di attore. Quella finestra aperta, però… La strana sensazione che aveva provato in casa…
«Se non dovessi vederti più, Rose, la verità è questa, perciò ficcatela bene in quella testa dura che ti ritrovi. Non. Ho. Ucciso. Io. Billy». Si guardò attorno furtivo e abbassò la voce. «Ti ho chiesto di aiutarmi perché dicevo la verità. Non ero in zona. Ora, qualcuno ti ha lasciato un biglietto con il quale io non c’entro niente. L’assassino è ancora libero. Sarà stato lui a portartelo».
Rose lo fissò ammutolita. Ronnie era di nuovo in piedi. Possibile che…?
«Ricordi i fiori che ti ho comprato?», chiese Gareth.
«Sì», rispose lei. «I gigli Stargazer».
«Esatto. Se solo mi avessi ascoltato, avresti trovato la ricevuta nel sacchetto che…».
«Me l’hai già detto a suo tempo».
«Perché è vero!». Gareth si portò una mano alla fronte con un gemito. «L’avresti trovata e così…».
«Una ricevuta non sarebbe bastata a dimostrare se eri innocente», affermò Rose, interrompendolo. Trattenne un sorriso nel vedere un lampo scuro attraversargli lo sguardo. A lui non piaceva essere interrotto, Rose lo ricordava bene e la prese come una piccola vittoria. «Avresti potuto mandare qualcuno a comprare i fiori mentre tu prendevi Billy. La ricevuta da sola non dimostra niente».
«Vero, ma avrebbe fornito le basi per riaprire il caso. Quando la polizia verificò il mio alibi, la commessa della fioreria dichiarò di non ricordarsi di me e, guarda caso, il blocchetto con i duplicati delle ricevute non fu più trovato… Molto comodo, no?». Rose notò il viso di Gareth contorcersi per la rabbia soppressa. «Ho sempre avuto l’impressione che gli sbirri mi avessero fregato. Quella ricevuta era l’unica prova che potesse far sorgere qualche dubbio al poliziotto capo, costringendolo a frenare la persecuzione nei miei confronti. Ma tu non hai nemmeno voluto cercarla, mi avevi già condannato come tutti gli altri abitanti di quel paesino di merda».
Mike North aveva insabbiato delle prove che avrebbero aiutato Gareth? Possibile? Rose decise che non le importava. Per quel che la riguardava, Gareth era colpevole come il peccato.
«Avevo trovato la ricevuta», ammise semplicemente.
Lo vide spalancare la bocca, ma si costrinse a rimanere impassibile.
«Che cosa ne hai fatto?», sussurrò lui con impeto. Allungò la mano sul tavolino, ma senza toccarla. Sembrava quasi paralizzato nell’attesa trepidante della risposta di Rose.
«Ce l’ho ancora», replicò lei.