Capitolo ventotto

 

 

 

 

 

Sedici anni prima

 

I disegni di Rose erano stati selezionati per un’esibizione speciale nella galleria del college. L’avrebbero proiettata quello stesso venerdì, ma lei rimase a casa, dicendo che non si sentiva bene.

Entrambi i genitori erano fuori. Ray lavorava al cantiere del progetto di rinascita. La sera prima aveva raccontato a Rose con orgoglio che Gareth lo aveva incaricato di organizzare il lavoro degli altri volontari.

«Riconosce che ho un mucchio di capacità inutilizzate dal periodo in miniera», si vantò Ray. Rose sorrise tra sé, mentre lui gonfiava il petto come uno dei pavoni dei giardini dell’abbazia. Era bellissimo vederlo così motivato. Come conseguenza immediata, diventò meno polemico sotto ogni aspetto e ciò migliorò di netto l’atmosfera in casa. «In più li conosco tutti, capisci, so chi è più bravo a fare cosa».

Stella si occupava di rifornire il cantiere di bevande e spuntini per alimentare le energie di tutti. Aveva preparato muffin e biscotti la sera prima, canticchiando felice in cucina. Rose non aveva mai visto i suoi genitori così impegnati in qualcosa che avevano scelto di fare insieme.

Che lo si amasse oppure odiasse, Gareth aveva trasformato le loro vite monotone.

Alle dodici e mezza, Rose lo raggiunse nel suo appartamentino, come avevano concordato qualche ora prima per messaggio, quando lei gli aveva scritto che aveva bisogno di parlargli. Ma un nuovo squillo l’avvertì che Gareth sarebbe arrivato dieci minuti in ritardo e che si scusava.

Rose rimase ad aspettarlo dietro l’angolo della casa, lontana dagli occhi curiosi dei vicini. L’appartamento di Gareth si trovava al primo piano di una nuova proprietà che, vista di fronte, pareva una villetta a schiera, invece comprendeva quattro piccoli appartamenti separati.

Rose sobbalzò alla comparsa di una figura dalla schiena curva, che reggeva due sacchi dell’immondizia. Aveva già incrociato quell’uomo e le sembrava fosse il nonno di una compagna del college, ma non ne era sicura. Pur conoscendo di vista gran parte dei compaesani, Rose non sapeva i nomi di tutti.

«E tu chi sei?». Il vecchio burbero la scrutò con gli occhi azzurri e lucidi.

«Sto aspettando un’amica», si affrettò a precisare Rose, pregando che non comparisse Gareth. Nonostante l’età, se l’uomo somigliava agli altri anziani del posto, era senza dubbio ancora in grado di spettegolare alla perfezione.

«Be’, mi auguro che non ci sia altro baccano, stasera. Il tizio dell’appartamento sopra il mio sembra amare le feste notturne». L’uomo la guardò torvo e si diresse verso i bidoni dell’immondizia. Rose udì il clangore del coperchio di metallo, poi lo rivide passare senza dire una parola.

Si guardò attorno nervosa, chiedendosi quanto avrebbe tardato Gareth.

Non le aveva ancora dato la chiave di riserva. Forse aspettava che si frequentassero da più tempo.

L’aveva rinvitata a casa sua poco prima dello scontro con Cassie.

«Ci siamo», aveva trasalito l’amica, quando Rose le riferì che la sera sarebbe andata a casa di Gareth. «Saluta pure la tua verginità, Rose».

Lei scosse la testa con un gemito contrariato, ma Cassie si indispettì. «Non stai mica uscendo con un ragazzetto immaturo del college, lo sai. Gareth è un uomo nel pieno del vigore. Gli sembrerai una poppante, se ti metti a fare troppe storie».

«Non gli permetterò di costringermi a farlo se non sono pronta», obiettò Rose con fermezza.

«Sei davvero senza speranza», sospirò Cassie. «Rispondi a questa domanda: lui ti piace o no?»

«Sì!».

«E vuoi che la vostra relazione continui?»

«Certo».

«E allora che problema c’è?». Cassie scosse il capo frustrata. «È normale che facciate sesso, mi sorprende che lui sia stato così paziente».

«Sarà normale per te, forse», replicò Rose imbronciata. «Ma io non me la sento e comunque mi ha invitata a casa sua per cenare insieme e guardare un film, non per partecipare a una specie di orgia».

Cassie ridacchiò. «Farai proprio la fine della signorina Carter con i suoi gatti».

Rose si ficcò in bocca una Pringle e fissò la TV silenziata. Stava per cominciare un altro episodio dei Simpson.

«Se vuoi ti aiuto a ripassare come si fa. Una specie di preliminari, diciamo». Cassie scoppiò a ridere.

«No, grazie», rispose Rose seccata. «Puoi alzare il volume della tele per favore?».

In seguito, a casa di Gareth, Rose finì per rimpiangere di non aver accettato la proposta imbarazzante dell’amica di insegnarle “come si fa”. L’incompatibile miscuglio di eccitazione e terrore che provava le fece venire la nausea.

Non fu la serata romantica a lume di candela che aveva immaginato. Andò a finire che la cena suggerita da Gareth consisteva in una pizza surgelata, accompagnata da una lattina di birra a temperatura ambiente. Rose ebbe la netta sensazione che lui volesse concludere il pasto il prima possibile. Quando lei finì di sparecchiare, si spostarono sul divano in finta pelle.

Gareth la baciò sulle labbra. Indugiò a lungo, ricambiato, sulla bocca di Rose, che alla fine si ritrasse con garbo.

«Ehi». Gareth le accarezzò una guancia. «Tutto okay, tesoro?»

«Sì, certo», rispose lei, sforzandosi invano di apparire tranquilla. «Guardiamo il film adesso?»

«Rilassati, principessa». A Gareth sfuggì una risatina gutturale. «È bello stare un po’ insieme, no? Solo tu e io, senza quel rompiscatole di tuo fratello tra i piedi».

Le diede una piccola gomitata per farle capire che stava scherzando, ma a lei non piaceva quel tipo di commenti su Billy. Lasciò correre, ansiosa di non rovinare la serata.

«Sì», concordò. «È bellissimo essere qui insieme».

Lui la baciò di nuovo e stavolta Rose avvertì tra le labbra la leggera ma insistente pressione della sua lingua. Poi la sua mano destra scivolò con un’abile mossa dal braccio al seno di Rose.

Lei si ritrasse. Anche se le dita di Gareth si muovevano sopra la stoffa del vestito, Rose si sentiva incalzata e in preda al panico.

«Cosa c’è?», chiese lui, spostando la mano e guardandola in viso.

«Niente!». Rose si sentì mancare l’aria. «Sono solo, non lo so, un tantino nervosa, credo».

Gareth rise con dolcezza. «Non c’è niente di cui essere nervosi, Rose».

«Lo so, ma…».

«Ma cosa?»

«Non sono molto brava in queste cose. Non ho mai…». Rose aveva il viso, il collo e il petto in fiamme. Si sentiva una stupida. «Voglio dire che…».

Strinse le labbra; quella situazione si stava rivelando troppo dolorosa.

Gareth inspirò. «Stai cercando di dirmi che sei ancora vergine, Rose?».

Lei annuì con un singolo cenno del capo e abbassò lo sguardo sulle mani. Il cuore e la testa le martellavano penosamente all’unisono.

«Non devi vergognarti». La mano di Gareth si avvolse attorno alle sue dita. «Lo sapevo e penso sia magnifico».

Lei sgranò gli occhi.

«Lo sapevi

«Sì. Nel momento stesso in cui ti ho vista, ho pensato tra me e me: Ecco una bellezza genuina. Una bellezza innocente e incontaminata in questo mare di arriviste provocanti».

«Gareth!».

«È la verità, Rose. Tu sei una boccata d’aria fresca. Sei bellissima dentro e fuori, e io ti amo».

Lei chinò il capo.

«Ti amo», ripeté lui. «Ecco perché voglio starti vicino. Il più vicino possibile».

Rose avvertì un formicolio sulle mani. Avrebbe voluto abbracciarlo forte e allo stesso tempo scappare via.

«Non riesco a fare a meno di toccarti», le sussurrò Gareth all’orecchio. «Voglio essere parte di te… dentro di te».

Con le mani risalì lungo le braccia di Rose fino al busto, massaggiandole il seno sopra il vestito. Lei si sentì mozzare il fiato e ingoiò la muta protesta interiore.

Rilassati, Rose, intimò a se stessa. Rilassati e basta.

Non fidarti di lui
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