Capitolo undici
Sedici anni prima
Quella notte, sdraiata nel suo letto, Rose faticò a prendere sonno. Dopo essersi finalmente appisolata, si risvegliò di soprassalto alle due del mattino in uno stato di eccitazione sfiancante.
Erano i pensieri, le possibilità. Ma, soprattutto, a impedirle di riposare era il suono della voce profonda e sensuale di Gareth che le riecheggiava nella mente.
La sera prima l’aveva chiamata, come promesso. Alle otto in punto.
L’attesa era stata snervante perché all’improvviso, alle sette e mezza, aveva telefonato Kath, un’amica della mamma. Le due donne erano famigerate per le chiacchiere interminabili, perciò Rose tirò un gran sospiro di sollievo quando Stella concluse la chiamata dopo una ventina di minuti per guardare MasterChef.
«Perché sei qui sola soletta, Rose?», chiese Billy ad alta voce, superando la sorella seduta sull’ultimo gradino della scala, vicino al mobiletto del telefono.
«È il mio nuovo angolo per la lettura», rispose lei con un sorriso tirato.
«E il libro dove sarebbe?». A volte quel bambino era fin troppo sveglio. Ma Rose sapeva come liberarsene.
«Com’è andata a scuola oggi, Billy? Quali lezioni avevi?».
Il fratellino si imbronciò, bofonchiando qualcosa di incomprensibile, e sgattaiolò in cucina. Rose sentì la porta sul retro aprirsi e poi richiudersi. Mancava poco alle otto; troppo tardi perché Billy uscisse. Perché la mamma non lo richiamava? Gareth avrebbe telefonato da un momento all’altro e non poteva occuparsene lei.
Gli ultimi cinque minuti di attesa furono una vera tortura. Il padre si alzò dalla poltrona e le passò accanto senza dire una parola. Rose non era certa che l’avesse notata; in quei giorni Ray sembrava vivere in un mondo tutto suo.
Lo sentì trafficare in cucina. Poco dopo, lo vide tornare con un panino e una lattina di birra.
Rose si chiese se sarebbe riuscita a spiccicare parola non appena avesse squillato il telefono. Aveva le labbra secche e le pizzicava ancora la pelle dove Cassie aveva rimosso il trucco in fretta e furia.
«Tanta fatica e ora mi tocca togliertelo», aveva brontolato l’amica, percuotendo la faccia di Rose con una salvietta ruvida. «Bastava dirlo che ti faceva schifo».
«Cass, non mi fa schifo, lo sai. Ma secondo te cosa direbbe mio padre se mi vedesse arrivare a casa conciata così?»
«Così come?»
«Tutta in tiro. Hai fatto un lavoro straordinario, ma non posso rischiare che mi facciano il terzo grado se domani sera voglio uscire con Gareth, giusto?»
«Direi di no», ammise Cassie di malumore.
La verità era che, per quanto l’amica avesse fatto un lavoro superstraordinario con il make-up, più Rose guardava la propria immagine riflessa e più si sentiva a disagio. Non sembrava lei in quello specchio, tanto per cominciare. Non che le piacesse il suo aspetto ordinario, ma preferiva partire da un trucco più naturale; un look che non la trasformasse in una persona completamente diversa.
Non lo avrebbe confessato a Cassie, però. Non avrebbe mai osato.
Lo squillo acuto del telefono la fece sobbalzare.
«Rispondo io, sarà Beth, una compagna del college», annunciò Rose ai genitori prima di afferrare la cornetta. Loro non replicarono.
«Pronto?»
«Ciao, sono Gareth».
A Rose venne la pelle d’oca lungo tutte le braccia. «Oh, ciao».
Tentò disperatamente di mostrarsi tranquilla e rilassata come se parlasse con un’amica, ma si rese conto di sembrare piuttosto una ragazzina sulle spine. Si augurò che Gareth intuisse che la conversazione doveva rimanere ambigua, nel caso i genitori di Rose origliassero dalla stanza accanto.
«Puoi parlare?», domandò lui.
«Sì, certo».
«Allora, che hai fatto di bello, oggi?».
Rose non poteva certo raccontargli della scuola, dal momento che fingeva di conversare con Beth Teague, iscritta al suo stesso corso d’arte e che i suoi genitori avevano già visto un paio di volte.
«Oggi pomeriggio sono stata da Cassie».
«Ah, ho capito». Gareth rise. «Ora devo mettermi a fare la studentessa del college, giusto? Infilare una gonna e i tacchi alti e spettegolare dei bei ragazzi».
Rose ridacchiò.
«Cassie è la tua amica del cuore, immagino».
«Sì. Abita in Byron Road».
«Okay. E cosa avete fatto da lei?».
Rose esitò. Non poteva nemmeno dirgli che l’amica le aveva dato lezioni di trucco e palpeggiamenti al cinema.
«Scusa. Non puoi rispondere a questa domanda perché i tuoi genitori stanno ascoltando?»
«No, no. Siamo state in camera sua. Sai, ad ascoltare musica e chiacchierare. Le solite cose».
«Chiacchiere da ragazzine sui maschi dei sogni, eh?». Gareth scoppiò in una risatina bassa e gutturale.
Rose si sentì avvampare e non riuscì a replicare.
Lei e Cassie frequentavano ancora il college, ma dal punto di vista legale erano adulte, dal momento che avevano entrambe compiuto diciotto anni. Non erano certo due ragazzine ingenue e sciocche come sembrava insinuare lui… Che la ritenesse più giovane? Forse Cassie aveva ragione a insistere sul trucco.
Si accordarono per la sera successiva.
«Se mi raggiungi all’imbocco della tua via, ti aspetto all’incrocio vicino alla scuola», suggerì Gareth. «Ho una Ford Escort grigia metallizzata».
Aveva la macchina! Per qualche ragione, la cosa la eccitava ancora di più.
«Hai pensato al film che vorresti vedere?».
Rose ci aveva pensato. Aveva spulciato poco prima la programmazione dei cinema sul giornale locale.
«Magari… Shrek?»
«Shrek?».
Rose provò imbarazzo per il tono sorpreso di Gareth. Era il genere di film che vedeva sempre con Cassie: dividevano una confezione di popcorn e rivisitavano i cartoni Disney dell’infanzia. «Pensavo fosse… non so, carino e leggero. Divertente».
«Okay. Be’, ho detto che potevi scegliere, perciò vada per Shrek».
«No, dài», ritrattò Rose frettolosa. «Se c’è qualcosa di meglio…».
«Be’… Se guardassimo La mummia – Il ritorno?»
«Va bene, come preferisci».
«D’accordo, allora. Se ti fa paura, puoi sempre stringerti a me». Rose percepì il tono ironico. «Ma se ci tieni davvero a vedere Shrek, dillo pure».
«No, sul serio. La mummia – Il ritorno andrà benissimo. Perfetto».
«Ottimo. Allora ci vediamo domani alle sette. Prima ti porto a bere qualcosa».
Rose salutò “Beth” e concluse la telefonata.
Rimase seduta sul primo gradino della scala per qualche minuto, a godersi l’oscurità intima dell’atrio. Cosa aveva fatto per meritare che un uomo di classe come Gareth le chiedesse di uscire? Nonostante i suoi diciotto anni, in fin dei conti non era altro che una ragazzina del college che abitava in un paesino noioso in cui non succedeva mai niente.
Non era neanche capace di mettersi l’ombretto come si deve, per la miseria.
Rose avvertì un pizzico di nausea. Sarebbero andati a bere qualcosa in un bar elegante?
Gareth le aveva detto di essersi appena trasferito a Newstead per lavorare al nuovo progetto di rinascita. Rose era certa che non appena avesse visto le altre ragazze del paese – la stessa Cassie con la sua aria da diva del rock – o magari Stephanie Barrett, una brunetta tutte curve che l’anno precedente si era classificata terza al concorso di bellezza locale, si sarebbe reso conto che stava perdendo il suo tempo con l’anonima e slavata Rose Tinsley.
Con sua immensa vergogna, e grande ilarità di Cassie, Rose aveva a malapena baciato un ragazzo prima di allora e adesso un uomo affascinante, con tanto di lavoro e automobile, le aveva chiesto di uscire.
Malgrado si sentisse la ragazza più banale del paese e considerasse Gareth troppo grande per lei, Rose non riusciva a ignorare l’eccitazione spumeggiante e irrefrenabile che le scorreva nelle vene.