Capitolo trenta
Sedici anni prima
Dopo aver trascorso anni sul divano, da vero pantofolaio come si suol dire, negli ultimi tempi il padre di Rose era sempre fuori casa, impegnato nel progetto di rinascita del paese.
«È un uomo nuovo», aveva detto Stella alla figlia in più di un’occasione. «Dobbiamo essere riconoscenti a Gareth Farnham. E tu, Rose, potresti mostrarti più amichevole quando passa a trovarci».
Gareth insisteva che, per il momento, era importante mantenere segreta la loro relazione, perciò, quando andava a trovarli per parlare di affari con suo padre, Rose si dileguava di proposito.
«Per noi, diversi anni di differenza non contano nulla, ma i tuoi sono all’antica», le aveva detto. «Io getterò i semi, ma devono credere che l’idea di coinvolgerti nel progetto parta da loro, così avremo una scusa per trascorrere più tempo insieme con la loro benedizione».
«Perché più amichevole?», Rose pungolò la madre, chiedendosi come avrebbe reagito non appena lei e Gareth avessero annunciato di frequentarsi. «Credevo fosse troppo grande per me».
Stella alzò gli occhi al soffitto. «Non intendo in quel senso. Ha detto a tuo padre che ti considera come una sorella minore. Ha fatto tanto per la nostra famiglia e sarà il capo di tuo padre, non appena salterà fuori un lavoro. Dovresti sforzarti di essere più socievole. Di contribuire di più al progetto».
Rose si voltò e sorrise tra sé. Una sorella minore, come no! Ma il piano di Gareth sembrava funzionare.
Era incredibile come capisse alla perfezione il modo di ragionare dei suoi genitori. Era così saggio e intelligente. Sapeva quale fosse la cosa giusta da fare in ogni situazione e Rose si rimetteva sempre più spesso alle sue decisioni. Si fidava ciecamente di lui.
Quel giorno, però, dopo una settimana di incomprensioni con Cassie, crollò tra le sue braccia.
«Che succede, Rose?»
«Sono un po’ giù, tutto qui», rispose lei. «Avevo bisogno di vederti, di parlare un po’».
«Rosie. Credo tu debba valutare di lasciare il college».
«Cosa?». Rose strabuzzò gli occhi. «Ma… mancano ancora diciotto mesi per finire il corso».
Lui la guidò verso il divano.
«Ma non devi aspettare tanto se ti ritiri prima. Posso darti un lavoro nel progetto di rinascita, così staremo sempre insieme».
Rose provò un lampo di eccitazione all’idea di lavorare con Gareth, seguito a ruota dal pensiero nauseante di ciò che ne avrebbero pensato i suoi. D’un tratto ricordò la minaccia di Cassie.
Gareth le sollevò il mento con un dito. «Che succede?», le chiese di nuovo, lo sguardo rovente fisso nel suo. «Vedo subito quando qualcosa ti tormenta. Ti conosco dentro, fuori, e da tutti i lati; ormai dovresti saperlo, sciocchina mia».
Allora Rose gli rivelò cosa le aveva detto Cassie, che secondo lei Gareth la manipolava.
Inizialmente aveva pensato di tenere per sé quella conversazione, perché lui non l’avrebbe presa bene. Ma, come sempre, Gareth era riuscito a notare i suoi tentativi di tenersi tutto dentro.
«Sono solo stupidaggini», concluse Rose, dopo avergli riferito parola per parola di cosa lo accusava Cassie. «Lo so che fa male a dire quelle cose di te. Ha preso un abbaglio».
Gli sorrise, sollevata per essersi liberata di quel peso, ma lui non ricambiò.
«Fa male eccome. Sono solo calunnie. Odiose bugie». Gareth serrò la mascella battendo i denti. «Quella stronzetta è decisa a separarci».
«Sono convinta che abbia buone intenzioni», precisò Rose, ansiosa di evitare una nuova, lunga ondata di malumore, di cui Gareth sembrava soffrire sempre più spesso. «Pensa di farmi rinsavire».
«Non cercare di scusarla», grugnì lui. «È solo gelosa, punto e basta. Gelosa di noi».
Rose annuì, dandogli ragione. «In effetti mi ha confessato che anche a lei piacerebbe avere un ragazzo più grande. Non vedeva l’ora di conoscerti, perciò non capisco perché si comporti in modo così strano».
«Te l’ho detto, è gelosia pura. Io l’ho sempre trattata con educazione», aggiunse Gareth.
A Rose tornò in mente il disprezzo con cui aveva squadrato Cassie la settimana prima, ma si rese conto che farglielo notare non avrebbe giovato al suo malumore.
«C’è… c’è dell’altro», esitò Rose, decisa tuttavia a metterlo al corrente. Non si poteva mai sapere. «Non penso dicesse sul serio, ma…».
Lui attese con espressione interrogativa.
«Ha minacciato di raccontare tutto di noi a mio padre», spifferò Rose. «Non credo lo farebbe mai, ma la cosa mi preoccupa».
Gareth rimase in silenzio per qualche istante, ma Rose lo vide stringere forte i pugni.
«Non le conviene. Se rovinerà le cose tra noi, le farò rimpiangere di essere nata». Distorse le labbra in un ghigno crudele che a Rose fece gelare il sangue nelle vene. «Te lo garantisco».