Capitolo trentotto
Rose
Oggi
Alzo gli occhi verso Mike e le parole cominciano a sgorgare.
«E se, anni dopo un crimine orribile, tornasse alla luce qualcosa che fa vacillare tutte le presunte certezze sul responsabile del fatto?».
Mike stringe il bracciolo della sedia e mi fissa. «Cos’è successo? Sono emerse nuove prove?».
Volto lo sguardo dall’altra parte e lui si ricompone.
«Scusa, Rose, dimenticavo. Stiamo solo parlando per ipotesi, giusto?».
Rispondo con un breve cenno del capo. Avrei voglia di sollevare le braccia al cielo per far circolare un po’ d’aria. Il cuore mi martella nel petto, ma lo ignoro. Ormai non posso più fermarmi.
«Okay. Se emergesse qualcosa, tutto dipenderebbe da cos’è questo qualcosa», teorizza Mike. «Se fosse una prova lampante e cristallina, chi l’ha trovata dovrebbe andare alla polizia. Semplice».
«Ma la polizia ascolterebbe? E accetterebbe di non prendere provvedimenti fino a quando la persona in questione non si sentisse pronta?».
Mike mi osserva incredulo. «Non è un gioco, Rose. Se un innocente ha trascorso sedici anni dietro le sbarre – o qualunque periodo di tempo il nostro ipotetico criminale abbia passato in carcere – per un crimine che in fondo non ha commesso, allora bisogna aggiustare le cose. Lui va scagionato e il caso di omicidio riaperto».
Gareth Farnham è tutt’altro che innocente. L’idea che le mie azioni possano aiutarlo a rifarsi una vita, dopo quello che ha commesso, mi rivolta lo stomaco. Verrebbe liberato e, finché non si trova il colpevole, la morte di Billy rimarrebbe impunita.
Guardo Mike e sono pronta a giurare che stia pensando la stessa cosa.
«È nero o bianco». Si stringe nelle spalle. «Se ci fosse una nuova prova lampante, andrebbe rivelata alla polizia. Chi la denuncia perde il controllo sulla faccenda nell’istante stesso in cui la polizia mette a verbale la sua dichiarazione e non può più contrattare se si debba procedere o meno».
«Ma se alla centrale non lavorasse più nessuno di coloro che avevano seguito il caso?»
«Irrilevante». Mike fa spallucce. «Dovrebbero riaprirlo comunque, se la nuova prova dimostrasse che la condanna è dubbia».
Prendo un fazzoletto dalla borsa e mi asciugo la fronte e il mento.
«Preferisci entrare che fa più fresco, Rose? Posso chiedere a Tessa di aiutarmi».
«No, sto bene», mi affretto a rispondere. Ho solo bisogno di concludere la questione, perciò insisto. «Se all’apparenza ci fossero nuove prove che collegassero a un’altra persona, qualcuno rimasto a piede libero per tutto questo tempo, cosa accadrebbe?».
Mike sospira. «È difficile prevederlo senza conoscere il quadro completo. Posso dirti solo questo: deve trattarsi di una scoperta molto grossa e a prova di bomba, perché la polizia riapra un caso concluso con successo. Soprattutto trattandosi di un importante caso di omicidio ai danni di un minore. L’intero paese drizzerebbe le orecchie».
Avverto una fitta di panico.
«La persona che ha scovato la nuova prova dovrebbe andare alla polizia e avvisarla», prosegue lui, «mettere tutto a verbale. Saranno poi loro a decidere se, e come, procedere».
«Ma se la prova non fosse ciò che sembra e un innocente venisse trascinato sotto interrogatorio e…». Mi premo il palmo della mano sulla fronte. È un casino terribile. Mi sento più confusa che mai. «Non potrei semplicemente scambiare prima due parole in privato con qualcuno e poi procedere con la denuncia?», mi tradisco. «Parlando per ipotesi, è ovvio».
«Non funziona così, purtroppo». Mike stringe le labbra. «Quel vecchio stile di poliziotto è tramontato da un pezzo. Un funzionario di polizia potrebbe subire provvedimenti disciplinari, se non addirittura il licenziamento, se venisse fuori che si è lasciato coinvolgere per via ufficiosa in un caso chiuso. Dovrebbe chiedere il permesso ai superiori per rimetterci mano. Al giorno d’oggi non ci sono risorse per riaprire i casi morti e sepolti, la polizia lavora sotto una pressione tremenda».
«Quindi, se uno andasse a raccontare tutto, libererebbero Gareth Farnham e riaprirebbero il caso?»
«Non è proprio così semplice», obietta Mike. «Sono cose che non succedono dall’oggi al domani, Rose, la polizia non può mettersi a liberare i carcerati e riaprire vecchi casi di omicidio sulla base del racconto di chicchessia».
Annuisco e mi rendo conto che agli occhi di Mike devo proprio sembrare un’ingenua. Capisco che sto semplificando la faccenda, forse spinta dal desiderio che Farnham sia davvero colpevole e dalla speranza che esista una giustificazione plausibile per l’esistenza di una prova cruciale, occultata per tutto questo tempo a casa di Ronnie.
Mike rivolge lo sguardo al cielo e riflette un istante. «Se i piani alti fossero d’accordo, con tutta probabilità seguirebbero la nuova pista per poi decidere se valga la pena presentarla come prova dell’errore giudiziario».
«Ma se la nuova persona coinvolta alla fine fosse innocente? Se l’apparenza ingannasse? Subirebbe un trauma per niente».
«È proprio per questo che la polizia non può partire subito in quarta». Mike mi guarda. «In ogni caso va fatta giustizia, che questo qualcuno resti traumatizzato o meno dall’interrogatorio. La faccenda del “parlare per ipotesi” sta diventando un po’ frustrante, no? Perché non mi racconti cos’è successo, in modo che possa darti il consiglio migliore?»
«Non posso, proprio non posso». Mi si spezza la voce e mi stringo addosso la borsetta. Il mio cuore ormai sembra un martello pneumatico e ho la nausea. «Posso chiederle un’altra cosa, Mike?»
«Qualunque cosa».
«Quando ha arrestato Gareth Farnham, era sicuro al cento percento che fosse l’uomo giusto?»
«Mi spiace, Rose», sospira lui. «Ho detto qualunque cosa e farei davvero tutto il possibile per aiutarti, ma dal punto di vista legale non posso parlare dei casi chiusi ai quali ho lavorato. Purtroppo non mi è permesso».
Due immagini si alternano a ripetizione nella mia testa: la faccia odiosa di Gareth Farnham e il viso triste e gentile di Ronnie. Sono così tentata di spifferare tutto a Mike.
Diglielo e basta, mi sprona la vocina nella mia testa. Diglielo e condividi la pressione prima che ti faccia scoppiare.
Mi alzo. «Mi spiace, Mike, non avrei dovuto chiederglielo. Non so che mi succede, sono un disastro in questo periodo. Lasci perdere, ora devo scappare, comincio il turno all’una».
«Non scusarti, Rose. Dopo tutto quello che hai passato – in prima persona, intendo – dev’essere un trauma anche solo nominare quel bastardo. Le cose orribili che ha fatto…».
Scuoto la testa. «Non vada oltre, Mike, la prego».
Lui chiama Tessa, che appare sul balcone all’istante.
«Ti accompagno alla porta», mi dice.
Ringrazio Mike per avermi ricevuta e lui ribadisce la sua disponibilità se avessi bisogno di parlare.
Ma, proprio mentre io e Tessa stiamo per raggiungere l’ingresso che conduce alla porta principale, mi richiama. «Rose!».
Mi volto e lo vedo in piedi sulla soglia del balcone, lo sguardo rivolto a me. Sta facendo uno sforzo evidente, ha l’espressione tirata e le ginocchia leggermente tremanti. Tessa attraversa la stanza di corsa per aiutarlo.
«Gareth Farnham era un uomo spregevole per quello che ha fatto a te e a Cassie», dichiara Mike con il fiato corto. «Non mi ha mai tolto il sonno saperlo dietro le sbarre; se lo merita. Ma devo confessarti che c’è sempre stato qualcosa nel caso che non mi quadrava, qualcosa che non riuscivo a individuare. Credo sia per quello che mi ha coinvolto tanto». Tessa lo raggiunge e il marito si appoggia a lei con sollievo. «Mi dispiace tanto, Rose. La risposta alla tua domanda è no. Non sono mai stato sicuro al cento percento che avessimo preso la persona giusta e, nonostante il mio intenso ribrezzo per Gareth Farnham, se ora fossi costretto dovrei ammettere la stessa cosa».