Capitolo cinquantaquattro
Sedici anni prima
L’intero paese proseguì le ricerche per tutta la notte.
Rose pensò che al buio il campo di fronte a casa emanasse un’atmosfera fatata, l’orrore mascherato da una fiumana di torce che sembravano lanterne, viste dalla finestra alla quale erano affacciati lei e i suoi genitori.
L’ispettore capo North aveva impedito a Ray con la forza di uscire per unirsi alle ricerche.
«Ho bisogno che lei resti a casa, Ray», aveva detto risoluto ma con gentilezza. «La sua famiglia ha bisogno di lei. Lasci che se ne occupino gli altri, abbiamo già uomini a sufficienza».
Rose e la madre si strinsero l’una all’altra e osservarono l’uomo forte e fidato che tanto amavano crollare sulla sua sedia, chinare il capo e scoppiare in singhiozzi sommessi.
Quando si mossero per andare a consolarlo, l’ispettore North alzò una mano per trattenerle.
«Il mio consiglio è di lasciar fluire le emozioni», suggerì pacato.
Quando era tornata di corsa dall’abbazia, senza fiato e sul punto di svenire per la paura, Rose aveva trovato la madre in cucina con un enorme mazzo di fiori tra le mani. «Sono per te». Sorrideva quando Rose spalancò la porta. Poi, alla vista della faccia isterica della figlia, la sua espressione mutò.
L’ispettore parve molto interessato alla vicenda di Gareth Farnham. Parlò con Rose in cucina a porte chiuse.
«Raccontami tutto», le disse, la matita sospesa sul blocco degli appunti. «Fin dall’inizio».
E così lei fece.
«Sono stata una vera sciocca», sussurrò alla fine. «Tutto quello che è successo… è solo colpa mia. Sono stata io a portare Gareth Farnham nelle nostre vite ordinarie e sicure».
«Ti sbagli, Rose; tu sei una vittima», tentò di rassicurarla North. «Sei stata manipolata. Adescata».
«Ma ho scelto io di stare con lui!», gridò lei.
L’ispettore North serrò le labbra e la guardò. «Ascoltati bene perché la risposta è proprio lì, nelle tue parole. La manipolazione. Farnham è stato bravissimo in questo, Rose. Non te ne sei nemmeno resa conto. Credevi di avere scelta, ma in realtà non l’hai mai avuta. Ripensaci, rifletti anche sulle piccole cose; in un modo o nell’altro finivi sempre per fare tutto quello che lui voleva…».
Rose era sul punto di obiettare, ma si bloccò.
Il gusto del gelato, la scelta del film; malgrado le sue preferenze o il fatto che lui chiedesse la sua opinione, alla fine optavano sempre per i suggerimenti di Gareth.
In seguito, naturalmente, non le chiese nemmeno più cosa preferisse. Diceva cosa avrebbero fatto e lei accettava, punto e basta.
In caso contrario, si scatenava l’inferno; non valeva la pena scontrarsi con lui.
«Come ho potuto essere così stupida», sussurrò, torcendosi le dita delle mani. «Come ho fatto a non capirlo?»
«Non prendertela con te stessa, Rose», insisté North risoluto. «La manipolazione funziona così. È pervasiva; si insinua sotto la pelle. Credimi, non sei l’unica».
Eppure, nonostante le parole di sostegno del detective, Rose continuò a sentirsi in colpa per il comportamento di Gareth.
Si sentiva responsabile per tutto quel casino terribile.
La famiglia Tinsley rimase seduta in silenzio fino alle prime ore dell’alba, avvolta nelle coperte, gli sguardi fissi nel vuoto.
Quando sorse il sole, un fitto muro di silenzio calò sulla casa e sulla strada. Poi, un rumore… come di piedi trascinati in cortile. Che fosse Billy, che avesse finalmente ritrovato la strada di casa?
Rose si precipitò alla finestra e scrutò il giardino cupo e immobile. Il cuore le sprofondò nel petto.
«Dove sei finito, Billy?», sussurrò, mentre una lacrima solitaria le rigava il viso gonfio.
Ma nessuno rispose.
Poche ore dopo, alle sette e mezza circa, Rose decise di fare due passi verso il campo da gioco. Aveva bisogno di uscire di casa, lontano da quell’atmosfera opprimente. Sapeva di voler solo scappare da se stessa, dai propri pensieri. Impossibile, eppure… Era una giornata tetra e piovosa e tutti avevano avuto il buonsenso di restare in casa, in attesa che il gruppo delle ricerche si radunasse per le nove.
Rose sobbalzò con un grido, nel sentire alle spalle una voce familiare che la fece rabbrividire fino all’osso.
«Rose, ti prego ascoltami. Dammi solo un paio di minuti per spiegare».
Lei si voltò perché l’altro non la vedesse tremare. «Vattene o mi metto a urlare. Chiamo la polizia».
Le mancava il fiato e si sforzò di respirare. Inalazioni brevi e rapide che non bastarono a riempirle i polmoni.
«Sai che non potrei mai fare una cosa simile». Gareth le toccò un braccio da dietro e lei si allontanò con uno scatto. «Sai che non farei mai del male a Billy».
«Io non so niente!». Lo guardò in faccia e un incendio le divampò nel petto. «Dicevi che era una scocciatura. Prima che ci lasciassimo, te la sei presa con lui e lo hai colpito».
«Non significa che gli farei del male, Rose!».
«Hai detto che Cassie avrebbe rimpianto di essere nata e il giorno successivo è stata aggredita. Violentata». Gli occhi di Rose guizzarono verso il campo, oltre la strada, in cerca di qualcuno del paese, ma non c’era anima viva.
«È questo che pensi di me? Dopo tutto l’amore che ti ho dato, il rispetto che ti ho mostrato?».
Rose scosse il capo e lo fissò esterrefatta. «Tu sei uno squilibrato! Le cose che mi hai fatto… le fotografie che hai scattato per minacciarmi…».
«Oh, Rose! Non ho scattato nessuna fotografia. Era una finta. Devi credermi».
Ma i giorni in cui Rose aveva creduto alle parole di Gareth Farnham erano finiti.
Vide, come fosse la prima volta, le rughe di insoddisfazione sulla sua fronte, la carnagione ingrigita e stanca… ma qualcosa nei suoi occhi la fece rimanere di sasso, perché si rese conto che lui credeva davvero alle proprie parole.
Era davvero convinto di averla trattata con rispetto, anche dopo averla drogata e rinchiusa come una prigioniera!
In quel momento, Rose ebbe più paura che mai e si avviò a passi rapidi verso la strada.
«Rose, ho bisogno che tu faccia una cosa per me. Ti prego. Il mazzo di fiori che ti ho comprato e ho lasciato dietro la tua porta… Ho cercato la ricevuta dappertutto. So che la fioraia me l’ha data, perché l’ha compilata davanti ai miei occhi, ma nel mio portafoglio non c’è. Ho rovistato in tutto l’appartamento e in macchina. Credo di averla infilata nel sacchetto che avvolgeva il mazzo. Ho pagato in contanti, ma la ricevuta dimostrerà che ero ben lontano da qui quando Billy è scomparso».
Voleva che lei lo aiutasse a evitare l’arresto, ecco cosa voleva. Voleva che lei lo aiutasse a farla franca, qualunque cosa avesse fatto a Billy, così come l’aveva convinta con astuzia a non riferire alla polizia che, la sera prima che Cassie venisse aggredita, lui aveva esternato quel commento tanto orribile.
«Non ho più intenzione di ascoltare le tue bugie. Se davvero vuoi aiutarmi, allora dimmi cosa hai fatto a mio fratello».
«Rose, ti prego!». Gareth l’afferrò per un braccio, ma lei si divincolò all’istante.
Nel silenzio, la posizione di potere si era invertita. Rose ripensò per un attimo a tutte le cose che Gareth le aveva detto e fatto. Pensò a come l’aveva manipolata, senza che lei se ne rendesse conto fino a quel momento… fino a quando l’ispettore North non le aveva aperto gli occhi.
Era come se fosse caduto un velo e ora tutto appariva chiaro: ogni singola e scaltra mossa di Gareth, che l’aveva isolata dagli amici e dalla famiglia, tiranneggiandola in tutti i modi, anche a letto.
E le bugie… quante bugie.
«Sta’ lontano da me, bastardo», sibilò.
Lui rimase a bocca aperta, mentre lei gli voltava le spalle per andarsene.
Rose si aspettava che la richiamasse, che le corresse dietro, che la implorasse… che addirittura la minacciasse per aiutarlo a sfuggire alle conseguenze di qualunque cosa avesse fatto a Billy. Si aspettava di tutto.
Ma lui non fece nulla.
Non disse una parola e Rose non si guardò indietro.
Quando rincasò, i suoi genitori stavano parlando con la polizia in salotto.
Andò in cucina e osservò la lunga credenza di legno nell’angolo. Stella vi conservava tutti i sacchetti di plastica della spesa e di altri acquisti.
Era lì che Rose aveva infilato il sacchetto del mazzo gocciolante di gigli Stargazer comprato da Gareth, che aveva trovato ad attenderla al suo rientro dall’abbazia.
In un primo momento aveva pensato che fossero di felice augurio, finché non aveva riconosciuto la grafia sul biglietto.
Aveva gettato subito il mazzo nella pattumiera esterna.
Si era sentita così in colpa per quei fiori: erano stupendi… di una bellezza incompatibile con l’orrore della scomparsa di Billy.
Non aprì la credenza per cercare la ricevuta.
Si soffermò a riflettere sul perché le parole di Gareth continuavano a frullarle nella testa.
Lei si era sempre ritenuta una persona onesta. Una credulona, avrebbe detto Cassie. Ma Rose tendeva sempre a vedere il lato buono delle persone, era fatta così.
Purtroppo aveva cercato di vedere il lato buono di Gareth Farnham per troppo tempo.
Di conseguenza lui l’aveva manipolata; o, come avrebbe detto qualcuno, le aveva fatto il lavaggio del cervello. E un’altra conseguenza, forse, era stata l’aggressione brutale ai danni dell’amica… Sarebbe mai venuta a galla la verità?
Rose scosse il capo e osservò di nuovo la credenza.
Puntualmente, i sacchetti si accumulavano e Stella faceva piazza pulita. Magari l’aveva già fatto e Rose arrivava tardi.
Malgrado non volesse più credere a una sola parola di Gareth Farnham, se non avesse verificato subito, le sarebbe rimasto il dubbio per sempre. Tenne la mano sospesa sulla maniglia del mobile.
Voleva scoprirlo davvero? Che differenza avrebbe fatto, in fondo?