Capitolo cinquantatré
Sedici anni prima
In seguito accadde tutto molto in fretta, anche se Rose ne fu a malapena consapevole.
A metà mattina le venne la febbre e rimase assopita in un torpore confuso, penetrato solo dalla luce e da rumori occasionali.
Aprì gli occhi brevemente, quando suo padre fece irruzione nella camera da letto di Gareth Farnham e la prese tra le braccia.
«Lei vuole stare qui, con me», gli gridava Farnham alle spalle mentre Ray trascinava fuori la figlia, verso l’automobile. «È adulta ormai, non puoi dirle cosa deve fare».
Una volta a casa, il dottor Nadin venne a visitarla. Con il permesso del padre, le fece un prelievo del sangue.
«Temo sia stata drogata», spiegò prima di andarsene.
Stella non aveva mai visto il marito così furioso.
«Calmati», gli diceva. «Devi calmarti, Ray».
«Ci sono testimoni che lo hanno visto costringere Rose a salire sulla sua auto, Stella», sbraitò lui con gli occhi lucidi. «Guardala. Guarda cosa le ha fatto».
Un ex minatore che abitava nella via di Cassie aveva assistito alla scena, ma stava badando al nipotino e non aveva potuto avvertire la famiglia fino al mattino seguente.
«Credevo fossero solo normali scaramucce tra fidanzati», si scusò quando Ray gli chiese come mai non avesse chiamato la polizia.
A quel punto Ray andò da Carolyn, per chiederle se avesse incrociato Rose, e Jed gli raccontò della relazione tra sua figlia e Gareth Farnham.
«Ha scaricato Cassie e mentre tu credi che sia fuori con gli amici del college, in realtà è con lui», gli spifferò Jed con un certo sollievo. «Questa storia va avanti alle tue spalle da una vita, Ray».
Per poco le gambe dell’uomo non cedettero. Carolyn gli preparò una tazza di caffè forte.
«Mi dispiace», continuava a ripetere lui. «Avete già un sacco di problemi».
Una volta recuperate le forze, Ray guidò fino al cantiere. Farnham stava parlando con i funzionari della contea nei pressi dell’area suggerita per il laghetto della pesca.
In un lampo Ray attraversò il terreno dissestato e afferrò Gareth per il bavero, sollevandolo quasi da terra.
«Ma che diavolo…». I funzionari si scostarono.
«Ha rapito mia figlia, l’ha portata via contro la sua volontà e… e… ha fatto sesso con lei!», sbraitò Ray, mentre gli altri volontari tentavano di separarlo da Gareth. «Ha appena diciotto anni e lui ne ha quasi trenta. Mi fidavo di te, Farnham. Sei un bastardo!».
Tinsley allungò il braccio all’indietro e sferrò un pugno, gustandosi l’appagante scricchiolio del naso di Gareth nel momento dell’impatto.
Rose si svegliò nel proprio letto. Sua madre era seduta accanto a lei, in lacrime.
«Mi dispiace, mamma», mormorò.
«Non pensarci adesso», piagnucolò Stella. «Devi prima rimetterti. Avremo un sacco di tempo per parlare dell’accaduto».
Il padre annuì e Rose gli lesse in faccia l’orgoglio ferito.
«Papà, io… non avrei dovuto mentire. Il tuo lavoro, io…».
«Dobbiamo pensare al futuro ora, Rose», intervenne Ray, ispezionandosi le nocche indolenzite. «Farnham è stato sospeso e hanno mandato un direttore temporaneo che mi ha chiesto di continuare a lavorare al progetto».
Rose respirò a fondo. Dentro l’aria, fuori l’aria, dentro, fuori.
Suo padre non avrebbe avuto problemi.
«Nessuno vede Farnham da giorni», le riferì Stella nel fine settimana. «Crediamo abbia lasciato il paese ma… se tu lo denunciassi per…».
«Mamma, ti prego. Voglio solo dimenticare l’accaduto e ricominciare da capo».
«Lascia stare, tesoro, per il momento». Ray posò una mano sul braccio di Stella. «Rose è adulta ormai. Deve decidere da sola».
Rose non poteva confidare il vero motivo. Non poteva raccontare delle fotografie scattate da Gareth.
Se lui le avesse fatte circolare per il paese come aveva minacciato, se i suoi amici e la sua famiglia le avessero viste… Rose non avrebbe più osato mostrarsi in giro.
Il suo viso si illuminò quando Billy entrò nella stanza.
«C’è vento fuori?», gli chiese.
Lui annuì, raggiante. Sapeva a cosa si riferiva la sorella. «Abbastanza per l’aquilone!», ridacchiò.
«Allora andiamo, dài», lo esortò Rose, alzandosi dal letto. «Non perdiamo altro tempo: andiamo a lanciare l’aquilone nei cieli dell’abbazia».
«Evviva!». Billy tirò un pugno in aria per la gioia e tutti scoppiarono a ridere.
Aveva trascurato il fratellino per troppo tempo, pensò Rose, mentre si infilava le scarpe da ginnastica. Aveva intenzione di rimediare subito, insieme a tante altre cose. Gareth Farnham aveva lasciato il paese, non aveva più alcun motivo di temerlo.
Sua madre era andata al college un paio di giorni prima e aveva concordato con i professori che, se si fosse sentita meglio, Rose sarebbe potuta rientrare la settimana successiva. I suoi genitori, che riteneva così rigidi, la stavano aiutando a ricominciare. Rose si rese conto che avevano solo cercato di proteggerla e che le volevano bene.
L’ultimo paio di settimane con Gareth erano state un incubo dal quale aveva avuto la fortuna di scappare, grazie alle persone intorno a lei.
Cassie si rifiutava ancora di vederla, ma Rose era sicura che con il tempo sarebbe riuscita a superare anche quel ponte.
Rose e Billy attraversarono il paese diretti all’abbazia di Newstead, senza smettere di chiacchierare.
I deboli raggi del sole filtravano tra le nuvole sparse e il vento non sembrava affatto freddo. Rose non aveva sentito il bisogno di portare con sé più di un cardigan leggero e Billy, che era uscito solo in maglietta, non aveva nemmeno le guance arrossate, nonostante i timori di Stella.
I prati dell’abbazia erano costellati di gente, ma non affollati come in piena estate.
Rose aveva regalato l’aquilone al fratello minore per il suo compleanno a marzo, ma fino a quel momento non c’erano mai state giornate di vento simili. Tanta pioggia e temporali, ma il tempo adatto agli aquiloni si era fatto desiderare. Ecco perché Rose voleva cogliere l’occasione, era la giornata perfetta per trascorrere del tempo con Billy. Per cominciare a porre rimedio al trauma che gli aveva inflitto a causa del fidanzato di pessima scelta.
Il calore del sole le accarezzava il viso, il fratellino era pieno di vita e stupore e Rose sentì di stare bene. Nutriva speranze per il futuro ed era grata per quello che aveva.
Billy era sparito tra i cespugli di rododendro per recuperare l’aquilone e non era ancora riemerso.
Rose era seduta sull’erba con le gambe allungate e controllava da lontano. Si voltò verso il sole, cercando di concentrarsi sui pensieri positivi.
La comitiva di un pullman si riversò dal parcheggio e puntò verso l’abbazia, con l’ovvio intento di visitare il maniero nonché casa di famiglia di Lord Byron.
Rose si distese e chiuse gli occhi.
Ultimamente si sentiva sempre molto stanca, ma la madre l’aveva rassicurata che era normale dopo quello che era successo. Dopotutto, erano passati solo pochi giorni. Seduta in mezzo alla natura, si sentì più rilassata di quanto non accadeva da settimane e settimane.
Desiderava solo che tutto tornasse alla normalità, compresa la sua amicizia con Cassie.
Era più che comprensibile che l’amica si fosse sentita tradita, perché lei aveva preferito la nuova relazione con Gareth alla loro amicizia lunga una vita, ma non appena Rose avesse avuto occasione di spiegarle ogni cosa, era sicura che avrebbero ritrovato l’armonia.
La polizia fino a quel momento aveva girato a vuoto riguardo all’aggressione di Cassie e, stando alle voci di paese, dalla loro casa provenivano discussioni sempre più accanite e Carolyn era ormai in balia dell’alcol, giorno e notte.
I volti, le voci e gli eventi del passato presero a vorticare, mescolandosi nella sua testa. Avvertiva il calore sul viso e la deliziosa frescura dell’erba sotto le braccia nude. Lasciò vagare la mente… si abbandonò al turbinio di forme e colori che scorrevano dietro le palpebre chiuse…
Lo scoppio del tubo di scappamento di un’automobile nel parcheggio la fece balzare in piedi di scatto. Si era addormentata? Forse per pochi minuti. La comitiva del pullman doveva essersi inoltrata all’interno dell’abbazia, perché non si vedeva più.
«Billy!».
Rose guardò l’orologio. Era sparito da oltre dieci minuti ormai, pensò allarmata. Poi si disse che magari quel birichino voleva giocare a nascondino. Non era certo la prima volta.
Si schermò gli occhi dal sole con una mano e perlustrò il lungo sentiero fiancheggiato dai cespugli che conduceva alla residenza da svariati milioni di sterline, collocata sui terreni dell’abbazia.
Rose si morse il labbro. L’aquilone era precipitato là in fondo da qualche parte e Billy aveva insistito per andare a recuperarlo da solo.
«Non sono un bambino», si era lagnato, quando lei aveva tentato di accompagnarlo.
Ma ora, dal punto d’osservazione di Rose, sembrava così lontano… più di quanto avesse stimato. Afferrò il cardigan da terra e cominciò ad avanzare a grandi passi verso la zona in cui era sparito il fratello.
«Billy!», chiamò. «È ora di tornare a casa».
Camminava guardandosi attorno. C’erano ancora diverse persone in giro, ma pareva che i visitatori si fossero diradati tutto d’un colpo.
«Billy?».
Nessuna risposta, e più Rose avanzava lungo il sentiero, più calava il silenzio.
«Billy! Basta scherzare. Vieni fuori subito!».
E se fosse inciampato su un ramo o una radice e avesse battuto la testa su un sasso o qualcos’altro? Sua madre l’avrebbe strangolata.
A Rose tornò in mente quello che le era capitato durante una gita scolastica al Mulino di Cromford, nel Derbyshire. Un compagno era inciampato sul terreno sassoso e aveva battuto la tempia a terra. Gli avevano messo dei punti e la gita era stata interrotta.
Rose raggiunse la zona in cui aveva visto Billy per l’ultima volta prima che sparisse tra i cespugli.
Un altro mese e i rododendri sarebbero stati in piena fioritura, ma per il momento c’era solo un fitto mare di foglie verdi e lucide.
«Billy. Vieni fuori. Ti prego… Adesso mi stai spaventando».
Era vero. Il cuore le batteva nel petto come un tamburo di latta, la bocca e la gola prosciugate per la paura.
Per cinque minuti buoni, e interminabili, percorse il sentiero avanti e indietro, si infilò tra i cespugli ogni volta che scovava un’apertura, cercò il fratello ovunque.
Ma Billy non si trovava da nessuna parte.