CAPITOLO 7
I metalli prismatici
Epigrafi:
W. Cullen (1766 ca.). Citato in A.L. Donovan, Philosophical Chemistry in the Scottish Enlightenment, Edinburgh University Press, Edinburgh 1975, pag. 98.
J.-K. Huysmans, "Turner et Goya", in Certains, 1889.
R. Boyle, The Sceptical Chymist, 1661. Citato in W.H. Brock, The Fontana History of Chemistry, Fontana, London 1992, pag. 57.
Ibidem, pag. 61.
A. Wurtz, Dictionnaire de chimie pure et appliquée, 1869. Citato in W.H. Brock, op. cit., pag. 87. Il chimico del colore Jocelyn Field Thorpe ribatté settant’anni dopo dichiarando che «la chimica è una scienza inglese, il suo fondatore fu Cavendish, di imperitura memoria».
Sebbene la nuova chimica sistematica di Lavoisier finisse col prevalere in Francia, altrove la sua accettazione dipese da strenui difensori. In Germania, nessuno fu più entuasiasta del farmacista Martin Henrich Klaproth, uno dei chimici analitici più compiuti della sua epoca, ed esperto cacciatore di elementi. Klaproth era un avido studioso dei minerali e il suo catalogo di nuove sostanze metalliche è impressionante: cerio, tellurio e titanio figurano tra le sue scoperte, e i suoi studi sulla pechblenda lo portarono ai composti giallo brillante di un nuovo elemento pesante, che egli battezzò uranio in onore della scoperta del pianeta Urano da parte di William Hersche. I sali di uranio conobbero in seguito un breve successo come pigmenti, soprattutto in vetrine arancioni per ceramica: erano state sporadicamente usate a questo scopo almeno dal I secolo d.C.
Sir Filiberto Vernatti, Philosophical Transactions of the Royal Society, XII, n° 137, 1678, pag. 185.
Se si trattava di Bernard Courtois, lo scopritore dello iodio, non ne ho trovato testimonianza.
L’origine di questo strano nome è oscura: alcuni lo attribuiscono a Paracelso, che aveva una propensione per le strambe invenzioni lessicali.
A causa delle impurità del materiale grezzo, il prodotto è meno puro di quello ottenuto col procedimento francese, per cui negli Stati Uniti il bianco di zinco di alta qualità doveva essere importato. In effetti, nel XIX secolo era disponibile in molte varietà: la migliore – il Bianco di Zinco n°1 – era il pigmento bianco più pregiato, mentre il "grigio pietra" e l’“ossido di zinco grigio” erano materiali di qualità scadente, usati per le mani di fondo o per le vernici industriali.
F. Stromeyer, Annalen der Physik, 14, Leipzig 1819; "New details respecting cadmium", Annals of Philosophy, pagg. 269-74.
La scoperta è anche attribuita a un chimico viennese di nome Ignaz Mitis: egli potrebbe aver lavorato acetoarsenito di rame in un periodo compreso tra il 1798 e il 1814, e in questa data (se non prima) averlo prodotto come verde Mitis o verde Vienna. È possibile tuttavia che le scoperte di Mitis e Sattler siano state più o meno contemporanee.
Citato in S. Garfield, Mauve, Faber & Faber, London 2000, pag. 105.
Questa sorprendente datazione è confermata da analisi condotte al Doerner Institute di Monaco; vedi R.L. Feller (a cura di), Artists’ Pigments, vol. 1, National Gallery of Art, Washington DC 1986, pag. 213.
L’ossido di cromo è stato individuato, anche se in modo un po’ incerto, in Somer Hill (1812) di Turner: un uso notevolmente precoce che confermerebbe senz’altro la reputazione di questo pittore come insaziabile sperimentatore di nuovi pigmenti . Vedi E. West Fitzhugh, Artists’ Pigments, vol. 3, National Gallery of Art, Washington DC 1997, pag. 275.
Chaptal stesso era un chimico industriale, autore di Chimie appliquée aux arts (1807), che ebbe un’influenza notevole sulle successive generazioni di chimici industriali nel settore delle vernici e delle tinture.
J.-E-L. Mérimée De la peinture à l’huile, IX, 1830, pag. IX.
G.D. Leslie, Inner Life of the Royal Academy, citato in K.E. Sullivan, Turner, Brockhampton Press, London 1996.
Esistono alcune eccezioni. Holman Hunt sosteneva che il giallo limone usato da Turner in Approccio a Venezia (1844) fosse quello di Field; ma Ruskin nel 1857 deplorava il fatto che il dipinto fosse diventato «un misero relitto di colori morti». Vedi J. Gage, George Field and His Circle, Fitzwilliam Museum, Cambridge 1989, pag. 42.
Joyce Townsend (comunicazione privata) riferisce che lo scarlatto di iodio è stato trovato nel Téméraire di Turner della National Gallery di Londra. Se usato senza vernice, tende a sparire per sublimazione.
G. Field, Chromatics, 18452.