Colore organico
Mentre il quarzo rosa deve il proprio colore a tracce di titanio e manganese, il colore delle rose non dipende da questi metalli. Negli organismi viventi i coloranti sono composti organici: molecole che contengono ciascuna anche parecchie dozzine di atomi, con un "telaio" di atomi di carbonio concatenati. Fino al XIX secolo, quasi tutte le tinture erano "prodotti naturali", cioè sostanze organiche derivate da animali o da piante; oltre a essere utilizzate per tingere tessuti, coloravano inchiostri e – fissate a particelle di polvere inorganica incolore – costituivano gli agenti coloranti delle cosiddette lacche.
La porpora di Tiro, maestoso colore della Roma antica, era ricavata da molluschi. L’indaco era estratto da un’erba; il rosso robbia proveniva da una radice, la cocciniglia da un insetto. Oggi praticamente tutti i coloranti sono molecole organiche sintetiche prodotte dalle industrie chimiche su ordinazione. Mentre soltanto una dozzina di coloranti naturali si dimostrò abbastanza stabile da poter essere utilizzata nel mondo antico e medievale, allo stato attuale sono disponibili più di 4.000 coloranti di sintesi.
La natura deve il proprio verdeggiare al più abbondante dei pigmenti naturali: la clorofilla, che assorbe il rosso e l’azzurro dei raggi solari, e incanala energia nei processi biochimici della cellula. Il cuore della molecola di clorofilla è costituito da uno ione magnesio, che sotto lo sfavillare del sole subisce transizioni elettroniche; la parte della molecola di emoglobina che fissa l’ossigeno nel sangue ha una struttura molecolare simile all’"occhio" della clorofilla che raccoglie la luce, tranne per il fatto che il ferro sostituisce il magnesio. E una struttura molto simile compare, caratterizzata da uno ione rame, nella tinta azzurra di sintesi nota come "celeste Madonna". Le parole di John Donne non rispecchiano più la nostra ignoranza: «Perché l’erba sia verde, o il nostro sangue rosso / sono misteri che nessuno ha sondato».
Perché le rose siano rosse e le giunchiglie gialle, è una questione dello stesso tipo, benché la risposta risieda in tipi diversi di pigmenti. I gialli, gli arancio e i rossi di molti fiori, come pure di mais, carote e pomodori, sono dovuti a molecole dette "carotenoidi"; pigmenti vegetali detti "flavonoidi" danno luogo ai blu, ai porpora, ai rossi. I carotenoidi si trovano anche in alcuni animali: nelle aragoste questi pigmenti sono quasi neri; la bollitura li degrada a rosso, come afferma Samuel Butler nella sua satira Hudibras: «E come un’aragosta lessa, il mattino / da nero cominciò a diventar rosso».
I pigmenti organici e i minerali, inorganici, assorbono la luce in modo sostanzialmente simile: in entrambi i casi si verifica una risistemazione di elettroni. Spesso questa ha luogo all’interno di nuvole di elettroni sparse sulla struttura di carbonio; è il caso per esempio delle tinture all’anilina, sintetizzate alla metà del XIX secolo, in cui gli elettroni sono distribuiti in nuvole a forma di ciambella attorno ad "anelli di benzene" di sei atomi di carbonio.