Ruote di luce
«... nei raggi [i colori] non sono altro che la loro tendenza a propagare questo o quel moto nel sensorio, e nel sensorio sono sensazioni di questi moti sotto forma di colori.»6
Si può forse perdonare a Newton un po’ d’imprecisione sul come si vedono i colori, considerata la sua grande impresa nello spiegare come vengono generati. Ma il suo detrattore Goethe aveva ragione a far notare che il colore non è soltanto una questione di luce: vi è anche la questione di come la percepiamo, ed è questa la faccenda più complicata.
Per esempio, il colore dipende dalle circostanze in cui lo cerchiamo. È vero che possiamo considerare le foglie come dotate di un verde in un certo senso latente, in quanto contengono un composto (la clorofilla) che assorbe il rosso e l’azzurro della luce bianca; ma naturalmente le foglie verdi non sono "verdi" in tutte le circostanze, alla luce delle stelle, per esempio, o viste attraverso un filtro rosso. Il colore è una funzione dell’illuminazione.
Questo può apparire abbastanza ovvio, ma è del tutto fuorviante se come gli antichi Greci volessimo considerare il colore come una proprietà intrinseca che ha bisogno della luce soltanto per essere attivata, come quando una lampadina viene azionata dall’elettricità. Questa confusione è evidente nelle opinioni di Aristotele sulla relazione tra luce e colore: «... le cose appaiono diverse a seconda che vengano viste nell’ombra o al sole, con una luce cruda o morbida, e secondo l’angolo da cui sono osservate... quelle viste alla luce del fuoco, della luna e al lume della lampada differiscono comunque a causa della luce, e anche per via della miscela dei colori tra loro, perché passando uno attraverso l’altro si colorano; infatti quando la luce cade su un altro colore, venendone di nuovo mescolata, assume un’altra miscela di colore ancora».7
In altre parole, secondo Aristotele il colore è una proprietà che agisce in qualche modo sulla luce; per Cartesio e per Newton il colore era equiparato alla luce stessa e non all’oggetto illuminato. Gli esperimenti di Newton col prisma contribuirono a chiarire che, a quanto pare, la luce incolore contiene colore al proprio interno.
Nel XIX secolo l’attenzione si spostò di nuovo. A rigore, non esiste luce colorata, ma solo radiazione elettromagnetica di diverse lunghezze d’onda; il colore è una questione di percezione, una conseguenza dell’effetto della luce sull’occhio e sul cervello. Newton ne ebbe sentore, dato che commentava: «I raggi... non sono colorati». È incredibile come vengano percepiti cambiamenti così importanti (e irregolari) di colore per differenze piuttosto piccole di lunghezza d’onda... come se il mare dovesse passare da verde a rosso quando cala il vento e le onde si allungano.
Solo negli ultimi due secoli si è in realtà compreso fino a che punto proprio il colore, al contrario delle caratteristiche misurabili dei materiali, come la capacità di assorbimento della luce, sia un fenomeno contingente. Ne sono la prova i molti inganni giocati dal sistema visivo quando i "colori" vengono presentati in contesti diversi.
Chiunque abbia passato i suoi primi anni di vita a mescolare colore con l’affascinante insieme infantile di istinto ed empirismo si stupisce quando vede per la prima volta che, unendo luce rossa e verde, non si produce luce marrone ma gialla. Una migliore conoscenza e una maggiore riflessione rendono l’enigma anche più complesso: la luce gialla ha una lunghezza d’onda di circa 580 nanometri (un nanometro è un milionesimo di millimetro), mentre le lunghezze d’onda della luce rossa e di quella verde sono rispettivamente di circa 620 e 520 nanometri; queste ultime si combinano quindi per creare radiazione elettromagnetica con lunghezza d’onda differente? Niente affatto. Il "giallo" non è intrinseco al segnale luminoso, ma scaturisce dal modo in cui lo si percepisce. È chiaro che Newton aveva ragione: i raggi non devono essere di colore giallo perché si possa captare questa tinta.
Ma si insegna che il giallo è un colore primario e non può essere ottenuto mescolandone altri. C’è dunque un inganno? Quanti colori fondamentali, infine, basteranno per ottenere tutti gli altri? E quali sono? La questione dei colori primari "irriducibili" ha dato a lungo da pensare agli studiosi del colore, sia nelle arti sia nelle scienze, ed è alla base dell’intero panorama concettuale e semantico del colore. Sembra proprio che gli esperimenti di Newton sulla luce abbiano reso questo argomento più oscuro che mai.