La nascita dell’azzurro

Volendo ripercorrere fino all’antichità il cammino dell’azzurro, ci si scontra col problema rappresentato dai vocaboli ambigui che lo definivano, dovuto al fatto che esso non fu riconosciuto come colore vero e proprio. È chiaro che le prime civiltà disponevano di pigmenti azzurri, tra cui l’indaco, l’azzurrite e la fritta egizia, ma nella letteratura classica non vi è traccia di consapevolezza del fatto che si trattasse di un colore primario. Era considerato affine al nero... una specie di grigio, volendo. Nel V secolo a.C., il filosofo greco Democrito scriveva che un colore equivalente all’indaco (l’isatina) si può ottenere mescolando nero e verde pallido (χλωρóς, uno dei quattro colori "semplici" da lui individuati). È facile immaginare il risultato di questo miscuglio e scorgervi un segno della scarsa considerazione in cui i Greci tenevano la purezza del colore ora noto come azzurro.

Sarebbe forse più esatto dire che per i Greci il blu era una specie di oscurità, poiché la parola che significa nero nella maggior parte dei testi greci è μέας, cioè "scuro": il polo dello spettro opposto a λευkóς, "chiaro". In molti frammenti di dipinti greci ancora conservati, il blu è usato come scurente e in effetti si può ottenere un grigio tendente al bluastro mescolando pigmenti di carbone di legna col bianco. (Si è già visto che due millenni più tardi artisti come Rubens preparavano ancora gli azzurri in questo modo.) Pare che, il considerare "scuro" l’azzurro, invece di rendere gli antichi insensibili alle sue sfumature, ne abbia acuito la capacità di scorgerlo nelle tinte malinconiche. Il romano Vitruvio descrive una ricetta per preparare un pigmento nero bruciando la feccia del vino essiccata, e afferma: «L’uso dei vini più pregiati permetterà di imitare non solo il nero ma anche l’indaco».

Platone e Aristotele ereditarono molta della filosofia di Democrito (benché non approvassero molto il suo atomismo). Il parere di Aristotele sull’azzurro, e sui primari in genere, è abbastanza difficile da comprendere. In Sensi e oggetti sensibili identifica il blu scuro come un colore «non mescolato», intermedio tra chiaro e scuro, mentre nella Meteorologia elenca solo rosso, verde e porpora quali colori puri dell’arcobaleno; nel testo Sui colori offre come primari solo bianco e giallo oro: i colori, afferma, dei quattro elementi.

Tutto ciò non significa che gli antichi non percepissero l’azzurro come lo si conosce oggi... il colore del cielo e del mare. Esistono parecchie parole greche che sembra indichino questa tinta: una è κύαvoς, l’etimologia del moderno "ciano". Ma non pare equivalgano all’inglese blue come termine cromatico fondamentale, indipendentemente dal contesto, nel senso della classificazione di Berlin e Kay. È come se i Greci se la cavassero adoperando vocaboli come gli attuali ciano, oltremare, blu marino, zaffiro e celeste, senza un termine che li classificasse insieme in un unico concetto percettivo.

Si è visto come, di fronte a una base linguistica così vaga, gli autori classici e medievali per discutere dei colori per pittura facessero riferimento alla sostanza di cui i pigmenti erano costituiti. In linea di massima ciò è anche apprezzabile, dato che il pittore non usa mai "l’azzurro", ma l’indaco, il blu cobalto, il blu di Prussia eccetera. In pratica, tuttavia, questo approccio lascia ampio spazio all’equivoco: un esempio classico, che appare oggi quasi incredibile, è l’incerta distinzione tra azzurro e giallo nel Medioevo.

Le considerazioni sulla tavolozza limitata a quattro colori dei pittori greci Apelle, Aetione, Melantio e Nicomaco, esposte da Plinio nella Storia naturale, non forniscono una lista di colori, bensì di pigmenti. Tra questi figura il «giallo attico», un pigmento giallo proveniente dall’Attica; il termine usato da Plinio però non è crocus o glaucus – che evocano colori ben definiti – ma sil, che indica un minerale, una specie di ocra gialla. Quando, nel XVI secolo, l’azzurro emerse come colore "fondamentale", alcuni autori ritennero che dovesse per forza comparire nella lista di Plinio: Cesare Cesariano nel 1521 fece l’improbabile affermazione che sil corrispondeva all’oltremare, e verso la fine dello stesso secolo, in un’enciclopedia delle arti francese, questo termine veniva attribuito a una tonalità di violetto.

Forse i due termini furono inizialmente confusi perché Plinio dichiarava che sia l’ocra sil sia il minerale azzurro cæruleum (probabilmente l’azzurrite) si trovano nelle miniere d’oro e d’argento. Ma il groviglio linguistico divenne ancor più intricato quando nel tardo Medioevo si usò il termine cerulus per indicare il giallo. Perfino l’antico francese bloi, da cui derivano l’inglese blue e il francese bleu, nel Medioevo valeva sia per l’azzurro sia per il giallo.

L’idea che sulla tavolozza classica uno dei quattro colori doveva essere stato l’azzurro fu enunciata con maggior sicurezza nell’autorevole Commentary on Painting (Commentari sulle pitture, 1585) di Louis de Montjosieu, che scrisse: «poiché è certo che questi quattro colori, bianco, nero, rosso e blu, sono i pochi necessari in pittura, da cui, mescolandoli, si possono ottenere tutti gli altri». Questa trasformazione della tavolozza quadricromatica fu ottenuta dichiarando che, mentre in realtà il minerale sil poteva essere di un colore imprecisato (a volte giallo, altre violetto), quello proveniente dall’Attica era azzurro. (Perfino George Field, nel 1808, considerava i silicati – silice – come l’origine minerale degli azzurri.)

Non sorprende che l’assenza del giallo dallo schema quadricromatico di Montjosieu provocasse a sua volta perplessità. (Secondo lo stesso Montjosieu, il giallo si poteva ottenere dal rosso e dal verde; idea desunta, pare, da Aristotele.) Verso la metà del XVII secolo, il francese Marin Cureau de la Chambre non riusciva a convincersi che Apelle potesse fare a meno del giallo e concluse che con il termine sil Plinio aveva voluto indicare sia l’azzurro sia il giallo, poiché apparentemente tale materiale poteva essere di entrambi i colori.

Questi giochi di prestigio linguistici riflettono la necessità di conciliare l’autorità di Plinio con il crescente desiderio, nel XVII secolo, di inserire tutti i primari "moderni" – rosso, giallo e azzurro – nell’insieme di colori fondamentali «da cui si possono ottenere tutti gli altri». Si può datare l’ingresso dell’azzurro in questi schemi attorno al tardo XVI secolo, affermando con sicurezza che entro il XVII doveva esservi indiscutibilmente compreso. In Experiments & Considerations Touching Colours (Esperimenti e considerazioni riguardanti i colori, 1664), Robert Boyle asseriva enfaticamente: «Non vi sono che pochi colori semplici e primari (se così posso chiamarli), dalle cui varie composizioni risulta per così dire tutto il resto... Non ho ancora trovato che per esibire questa strana varietà [il pittore] debba usare altro che il bianco e il nero, e il rosso, e l’azzurro, e il giallo; questi cinque, variamente composti e (se posso dir così) scomposti, sono sufficienti a produrre una varietà e un numero di colori tali che chi è del tutto estraneo alla tavolozza dei pittori stenta a immaginare».2

Ben presto sarebbero stati il bianco e il nero, origine classica di tutti i colori, a dover difendere il proprio ruolo sempre più arbitrario di primari. Isaac Newton dimostrò che non lo erano affatto, almeno nel senso che essi potessero generare tutti gli altri. Ancora nel XIX secolo Michel-Eugène Chévreul accettava che questi due, oltre al rosso, al giallo e all’azzurro, figurassero come colori "primari" sulle tavolozze degli antichi; ma la teoria di Thomas Young sulla percezione dei colori non lasciò loro posto nella suddivisione scientifica dello spettro.

Colore. Una biografia: tra arte, storia e chimica, la bellezza e i misteri del mondo del colore
titlepage.xhtml
part0000.html
part0001.html
part0002.html
part0003.html
part0004.html
part0005.html
part0006.html
part0007.html
part0008.html
part0009.html
part0010.html
part0011.html
part0012.html
part0013.html
part0014.html
part0015.html
part0016.html
part0017.html
part0018.html
part0019.html
part0020.html
part0021.html
part0022.html
part0023.html
part0024.html
part0025.html
part0026.html
part0027.html
part0028.html
part0029.html
part0030.html
part0031.html
part0032.html
part0033.html
part0034.html
part0035.html
part0036.html
part0037.html
part0038.html
part0039.html
part0040.html
part0041.html
part0042.html
part0043.html
part0044.html
part0045.html
part0046.html
part0047.html
part0048.html
part0049.html
part0050.html
part0051.html
part0052.html
part0053.html
part0054.html
part0055.html
part0056.html
part0057.html
part0058.html
part0059.html
part0060.html
part0061.html
part0062.html
part0063.html
part0064.html
part0065.html
part0066.html
part0067.html
part0068.html
part0069.html
part0070.html
part0071.html
part0072.html
part0073.html
part0074.html
part0075.html
part0076.html
part0077.html
part0078.html
part0079.html
part0080.html
part0081.html
part0082.html
part0083.html
part0084.html
part0085.html
part0086.html
part0087.html
part0088.html
part0089.html
part0090.html
part0091.html
part0092.html
part0093.html
part0094.html
part0095.html
part0096.html
part0097.html
part0098.html
part0099.html
part0100.html
part0101.html
part0102.html
part0103.html
part0104.html
part0105.html
part0106.html
part0107.html
part0108.html
part0109.html
part0110.html
part0111.html
part0112.html
part0113.html
part0114.html
part0115.html
part0116.html
part0117.html
part0118.html
part0119.html
part0120.html
part0121.html
part0122.html
part0123.html
part0124.html
part0125.html
part0126.html
part0127.html
part0128.html
part0129.html
part0130.html
part0131.html
part0132.html
part0133.html
part0134.html
part0135.html
part0136.html
part0137.html
part0138.html
part0139.html
part0140.html
part0141.html
part0142.html
part0143.html
part0144.html
part0145.html
part0146.html