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«Voglio il mio avvocato.»
«E io voglio una top model come amica e una villa ai Caraibi» ribattei. «La vita è piena di delusioni.»
William Trent era seduto di fronte a me, Hatcher alla mia sinistra. La luce rossa della telecamera puntata su Trent. Ci trovavamo nella stessa stanza interrogatori usata per Jamie Morris. Ed era triste come il giorno prima: stesso tavolo graffiato, stesse sedie logore, stesso squallore. Nell’aria aleggiava un odore di sigaretta che mi fece venir voglia di fumare. Hatcher mi vide cacciare la mano in tasca, tossì e scosse la testa.
«Allora a cosa giochiamo?» esclamò Trent. «Al poliziotto buono e a quello cattivo?»
«Guarda troppi film» replicai.
«Conosco i miei diritti. Non sono obbligato a dire niente finché non arriva il mio avvocato.»
«Come ho detto, guarda troppi film.»
Per un po’ rimasi seduto a sorseggiare il caffè senza dire niente. Guardai l’orologio seguendo la lancetta dei secondi che ruotava sul quadrante. Sei gradi al secondo. Trecentosessanta al minuto. 21.600 all’ora. 518.400 al giorno. 189.216.000 all’anno. 189.734.400 in caso di anno bisestile.
«Allora?» esclamò Trent. «Ce ne stiamo seduti qui? Non tentate di farmi confessare?»
Bevvi un altro sorso di caffè, frugai in tasca e pescai le foto postrapimento sottratte dalla lavagna delle prove. Le disposi nell’ordine buttandole giù come se fossero carte da gioco. Sarah Flight, Margaret Smith, Caroline Brant, Patricia Maynard. Osservai Trent per coglierne le reazioni, ma non notai nulla tranne una vaga curiosità. L’ultima fotografia era ormai sul tavolo. Lui mi guardò e sorrise. Era rilassato, fin troppo. Respirava in modo tranquillo, non presentava tic né segni di tensione.
«Sono le sue amiche? Non sorridono molto, eh? Ecco perché vuole una top model.»
«Lo trova divertente» commentò Hatcher.
«A dire il vero sì» rispose sorridendo di nuovo. «Sa, quando uscirò di qui, vi farò causa per avermi arrestato ingiustamente. Dovrei ottenere una bella somma a sei cifre per lo stress e i disagi a cui sono stato sottoposto. Ho un ottimo avvocato. Il migliore.» Hatcher chiuse le mani a pugno ma le riaprì subito. Trent lo notò e sfoderò un sorriso ancora più ampio. «Cosa vuol fare, signor poliziotto? Picchiarmi? Spezzarmi un braccio, forse? Una gamba? Un paio di costole? In questo modo aggiungerei altre ventimila sterline, forse trentamila, al gruzzolo.»
«Dov’è Rachel Morris?» chiese Hatcher.
«È la donna rapita, vero? Quella di cui parlano tutti i giornali?» Trent tacque e guardò Hatcher negli occhi. «Quella che verrà torturata e lobotomizzata.»
«Risponda alla domanda. Dov’è?»
Lui scosse la testa. «Non ne ho idea. Non l’ho mai conosciuta.»
Bevvi il caffè e seguii il botta e risposta sempre più teso. Hatcher era diventato paonazzo e continuava a chiudere le mani a pugno. La vena del collo gli pulsava. Lo osservavo con particolare attenzione, pronto a intervenire se fosse esploso e avesse tentato di colpire Trent. Con Hatcher sospeso per uno stupido problema disciplinare sarebbe stata una catastrofe.
Attesi il momento giusto e feci la domanda che attendevo di porre. Mantenni un tono noncurante, come se chiedessi informazioni sul tempo o sulle specialità del giorno.
«Allora che sensazione si prova a tagliare la carne?»
Lui si girò e mi fissò. «Non lo so.»
«Sì che lo sa. So perché è stato cacciato dalla facoltà di medicina. Ho visto le cicatrici di Marilyn. Allora che sensazione si prova?»
«Non lo so.»
«La pelle si taglia molto facilmente, vero? È quando vai più in profondità che incontri resistenza e le cose si complicano un po’. Tagliare il muscolo… lì inizia il vero spasso. Non può farlo con sua moglie, giusto? E quindi? Ha un accordo con qualcuno delle pompe funebri? Voglio dire, lei ha soldi e con i soldi si compra tutto ciò che si vuole, no? Anche un po’ di tempo di qualità da passare a tu per tu con un cadavere, se si conosce la persona giusta. E direi che lei si è adoperato per arrivare a conoscerla.»
Trent mi fissò intensamente negli occhi cercando di farmi abbassare lo sguardo. Nei suoi c’era perplessità, come se non capisse da dove fossi saltato fuori. Alla fine interruppe il contatto visivo, ma poco dopo tornò a guardarmi e per una frazione di secondo il suo ghigno si trasformò in un sorriso d’intesa. I suoi occhi si illluminarono, si leccò le labbra e posò le mani in grembo. Non passò molto tuttavia prima che mettesse di nuovo la maschera e riportasse le mani sul tavolo.
«Non so di cosa parli» affermò.
Avevo finito. Trent mi aveva detto tutto quello che avevo bisogno di sapere. Hatcher mi seguì in corridoio. Le pareti erano grigie, il linoleum graffiato e logoro, le strisce luminose emettevano una luce cupa perché non venivano pulite da anni.
«Non è il nostro uomo» affermai.
«Deve esserlo» ribatté Hatcher.
«Non è lui. Hai visto come si è eccitato quando ho parlato dei cadaveri? Pensavo quasi iniziasse a masturbarsi.»
«Il che per me equivale a una confessione. Sappiamo che il Sezionatore si eccita usando i coltelli sulle vittime.»
«Sulle vittime vive» precisai. «Trent si eccita a tagliare i morti. È un pervertito, sicuramente, ma non il nostro uomo.»
«E la moglie? È coperta di cicatrici.»
«La moglie è un misero surrogato. La usa per tenere a freno i suoi impulsi in attesa che il suo contatto nell’impresa locale di pompe funebri gli consegni la merce.»
«Deve essere lui.»
«Puoi ripeterlo all’infinito, Hatcher, ma non per questo diventerà vero. William Trent non è il nostro uomo. Hai visto com’è calmo?»
«È un sociopatico» replicò.
«Non è un sociopatico. È solo un pervertito con un paio di milioni in banca. C’è una grossa differenza.»
«Non ne sono convinto.»
«Okay, dov’è Rachel Morris?»
«La tiene nascosta in un luogo segreto. Accidenti, forse ha una decina di luoghi segreti e la sposta dall’uno all’altro affinché sia più difficile trovarla. Ha i mezzi per farlo.»
Scossi la testa. «Ti stai arrampicando sugli specchi, Hatcher. Per fare le cose che fa, quell’uomo ha bisogno di tenere le vittime vicino a sé. Vuole tenerle vicine, avere la possibilità di raggiungerle e di divertirsi tutte le volte che sente il bisogno di farlo. Questo significa che stanno a casa sua. Avete perquisito la casa di Trent. Avete trovato qualche traccia di Rachel Morris?»
Hatcher scosse la testa. «Questo non significa che non sia lui.»
«D’accordo, ci sono altre due ragioni. Primo, la sua casa è sulla riva sud del Tamigi. Il nostro uomo vive a nord del fiume.»
«Dai, Winter, è piuttosto discutibile.»
«Il nostro uomo vive a nord del fiume» ripetei. «Secondo, hai notato la reazione di Trent quando gli ho mostrato le fotografie? Non le ha quasi guardate.»
«Significa che è molto abile a nascondere le emozioni.»
«Ho usato quel trucco un’infinità di volte, Hatcher. È a prova di errore. Mostra a un criminale seriale le foto della sua opera e otterrai una reazione che va dalla negazione indignata alla vanteria esplicita. Non crederesti quanto fieri siano alcuni di quei pezzi di merda. Sono i loro capolavori, il clou della loro meschina esistenza e non vedono l’ora di parlartene. L’unica reazione che non ho mai visto è l’indifferenza. Ascoltami bene, Hatcher: William Trent non è il nostro uomo.»