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Stavolta Hatcher non ebbe da ridire, il che non mi stupì. Un altro particolare che ricordavo del suo soggiorno a Quantico: era sempre il primo ad arrivare al bar. Seguimmo lo stesso sentiero che Patricia Maynard aveva percorso in senso contrario lunedì sera. A metà attraversammo un ruscello gonfio d’acqua il cui scroscio mi riempì le orecchie.
Il sentiero sboccava in Abbey Mill Lane, una strada stretta concepita in origine per carri e cavalli. Dalle cartine sapevo che era l’unica via d’accesso e d’uscita dalla zona. Alla mia sinistra correva Abbey Mill End, una via a fondo cieco. Diedi una rapida occhiata attorno e cercai di immaginare la scena con gli occhi del delinquente. Il fatto che fosse un’area tranquilla era un elemento a favore; altrettanto non poteva dirsi del parcheggio, piuttosto piccolo.
Dall’altra parte della strada si trovava il Fighting Cocks. Era un edificio davvero molto vecchio. Con la sua sagoma singolare e le travi nere in stile Tudor sembrava arrivare dritto da un set hollywoodiano. Entrammo e, passando accanto ai vari articoli incorniciati che lo proclamavano il pub più vecchio della Gran Bretagna, ci facemmo strada nel dedalo di sale fino al banco.
Gli unici clienti erano una coppia di anziani, seduti al tavolo più vicino al fuoco. Il minuscolo albero di Natale finto sul banco aveva i rami argentei, un paio di tristi palline rosse e una stella storta in cima. A uno spago in alto erano appesi vari biglietti d’auguri. Le decorazioni finivano lì e davano un’impressione di squallore anziché d’allegria. Sembrava quasi che il Natale fosse un evento da dimenticare, non da festeggiare.
L’uomo dietro il banco era secco e calvo, con un bel sorriso. Teneva le mani appoggiate sul ripiano con un atteggiamento da proprietario e visto dove si trovava, era probabile che lo fosse. Portava abiti firmati e un Rolex Submariner al polso. Hatcher ordinò una pinta di London Pride, io un whisky. Quando ci servì, ne buttai giù metà lasciando che l’alcol scacciasse il gelo che mi era penetrato nelle ossa.
«Lei è Joe Slattery, giusto? Il proprietario del locale» chiesi dopo aver posato il bicchiere.
«Dipende da chi lo vuole sapere. Se è a caccia di soldi o è stato mandato dalla mia ex moglie, allora non l’ho mai sentito nominare.» Aveva un accento irlandese e una risata contagiosa.
«Ha chiamato la polizia lunedì sera.»
Slattery incrociò il mio sguardo e si fece serio. «Siete giornalisti? In questo caso vi chiedo cortesemente di finire il drink e di andarvene. Ne ho abbastanza di voi.»
A quel punto Hatcher intervenne e gli mostrò il distintivo. «Sono l’ispettore Mark Hatcher e questo è il mio collega Jefferson Winter.»
«Perché non me l’avete detto?» Il sorriso gli ricomparve sul volto tanto in fretta che sembrò quasi non fosse mai svanito. «La casa vi avrebbe offerto da bere.»
Ne dubitai. Il suo sorriso era ampio, ma non tanto da arrivargli alle tasche. Aveva l’aria di un uomo molto attento al bilancio e interessato ai profitti. Per questo poteva permettersi un Rolex. «In base a quanto ha dichiarato, non ha notato niente di insolito.»
«Era un lunedì sera come tanti» confermò Slattery. «Finché Graham non è entrato con la ragazza, intendo. Poi è cambiato tutto. La polizia, i paramedici, i giornalisti, un vero circo, ve lo assicuro. E quello che hanno fatto a quella povera ragazza» aggiunse scuotendo la testa. «Gesù, Maria e Giuseppe» mormorò sottovoce. «Dicono che l’hanno lobotomizzata. È una cosa da malati.»
«Vorrei sapere del parcheggio qui vicino» dissi.
Scosse di nuovo la testa, incredulo. «Quel bastardo fa a pezzi il cervello della gente e a lei interessa un parcheggio?»
«Avanti, mi accontenti.»
Mi scrutò, sospettoso, quasi cercasse di capire se facevo sul serio. Ricambiai lo sguardo, sostenendolo finché non concluse che era così.
«Quel parcheggio è un dannato incubo» affermò. «Soprattutto d’estate. I turisti occupano sempre il mio posto, poi usano la stradina. Come ho detto, è un dannato incubo.»
«Ed è per questo che ha fatto installare una telecamera di sicurezza.»
«Ci sono anche altre ragioni ma questa è la principale» confermò. «Come già sapete, l’hanno rotta lunedì sera. All’inizio ho pensato fosse stato un ragazzo del posto, ma ovviamente ora so che è andata in un altro modo.»
Secondo la polizia era stato il sequestratore a manomettere la telecamera: era arrivato lunedì sera e l’aveva spaccata per poter usare il parcheggio del pub e abbandonare Patricia Maynard. Ringraziai Slattery per il tempo che ci aveva dedicato, buttai giù il resto del whisky e invitai Hatcher a finire la birra. Ripercorremmo i corridoi stretti con il soffitto basso e uscimmo fuori al freddo.
«Concordo con la polizia che sia stato lui a rompere la telecamera» affermai. «Ma è escluso che abbia parcheggiato qui lunedì sera. È troppo facile, troppo ovvio. Quel tizio è acuto, non fa mosse scontate.»
«Quindi cosa pensi?» domandò Hatcher.
Guardai Abbey Mill Lane. Ormai era calato il buio e la via era illuminata dalla luce arancione dei lampioni. La neve cadeva fitta e il vento gelido la faceva mulinare. Iniziava già ad attaccare sulla strada e sul marciapiede.
«Mai e poi mai sarebbe venuto qui in macchina lunedì sera» dissi. «Troppo rischioso. È l’unica via d’accesso e di uscita.»
«Allora come ha portato qui la ragazza? Col teletrasporto?»
Ignorai la domanda e il sarcasmo, feci dietrofront e mi avviai per la strada. Mi fermai in fondo e cercai di immaginare il maniaco che accompagnava Patricia Maynard, guidandola con un braccio sulla spalla, esortandola a proseguire. Mi sembrava plausibile. Ben più dell’idea che fosse arrivato in macchina e avesse parcheggiato davanti al Fighting Cocks. Di fronte a me si apriva un vicolo e lo imboccai. Hatcher mi seguì a qualche passo di distanza brontolando per la neve, per il freddo e per il fatto che saremmo dovuti andare nella direzione opposta, verso l’auto, perché non voleva restare bloccato a St Albans. Smisi di ascoltarlo e proseguii.
Il vicolo conduceva a Pondwicks Close; anche questo senza uscita. Alla mia sinistra c’era un edificio scolastico, un asilo, a giudicare dai giochi colorati. Pondwicks Close dava su Grove Road, e una strada dopo c’era la A5183, una delle arterie principali di accesso e di uscita dalla cittadina. Dal rumore del traffico sembrava piuttosto vicina. Restai fermo per un istante in mezzo a Grove Road mentre la neve mi si posava sulla testa e sulle spalle. Mi punzecchiava il viso e si appiccicava sulle palpebre, ma la ignorai. Annuii tra me e mi voltai verso di lui.
«Ha parcheggiato qui» dissi.