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Mulberry era affollato e rumoroso. Si udivano brandelli di conversazione, tintinnii di tazzine, cucchiaini e piattini, gorgoglii e sibili dalla macchina per l’espresso. Nell’aria aleggiava un forte odore di caffè. Le cornici delle fotografie erano state addobbate con fili d’argento e un albero con i regali scintillava colorato nell’angolo in fondo. Le persone all’interno mi ricordarono le formiche in un formicaio.
La ragazza al banco alla fine ci notò, ma non sembrò turbata dal fatto che non avessimo ordinato niente. Ci fu un breve contatto visivo, poi tornò a rivolgere l’attenzione ai suoi clienti, il che mi fece pensare. Una volta ordinato, il cliente veniva inghiottito dal caos generale: servito e subito dimenticato, avanti il prossimo. Ero sicuro che il maniaco fosse stato lì la sera precedente. Sentivo che agiva in quel modo. Forse si era seduto proprio a quel tavolo, aveva ordinato un espresso o un caffelatte e aveva fatto del suo meglio per diventare invisibile. Tornai indietro nel tempo: non avevo più Templeton di fronte, ma il nostro uomo. Incrociai lo sguardo della cameriera e le feci cenno. Lei aggirò il banco e si avvicinò.
«Salve.»
Aveva circa vent’anni, un grazioso piercing al naso, i capelli neri tinti, jeans larghi a vita bassa che le nascondevano le forme e un paio di anfibi comodi e logori.
«È poco probabile,» dissi «ma suppongo che ieri sera non abbia lavorato qui.»
Lei scosse la testa.
«Sa chi c’era?»
La ragazza scosse di nuovo la testa. «Lavoro part-time. Faccio un paio di pomeriggi la settimana.» Guardò Templeton e poi me. «Chi siete? Poliziotti o che altro?»
Templeton le mostrò il distintivo. «Mi serve il numero di telefono del suo capo.»
«E a me un caffè da portar via» aggiunsi. «Nero, con due cucchiaini di zucchero, per favore.»
Inarcò le sopracciglia e sfoderò un sorriso a entrambi. «Certo.»
Tornò veloce al banco e si mise all’opera.
«La fede, Winter.»
Templeton mi lanciò un’occhiata da cui capii che la pazienza era finita e che il clima si sarebbe fatto pesante.
«D’accordo, la fede» risposi. «In questo genere di crimini ci sono quattro fasi distinte: la caccia, la cattura, l’attuazione e l’eliminazione. La cattura è la fase più rischiosa. Perché?»
«Perché nelle altre tre è più facile controllare la situazione, l’ambiente e le variabili.»
«Esatto. Per questo molti serial killer prendono di mira vittime a basso rischio: prostitute, tossicodipendenti, senzatetto. Le condizioni di vita di questi bersagli permettono di isolarli con facilità, il che riduce il rischio d’essere catturati. Una prostituta sale in macchina con uno sconosciuto. Forse ci pensa due volte, ma comunque lo fa perché altrimenti il pappone la massacra di botte. Una donna d’affari bene istruita non sale in macchina con uno sconosciuto. È un dato di fatto. Questo che cosa ti dice?»
«Che le nostre vittime conoscevano il Sezionatore.»
«Non hanno mai incontrato il nostro uomo» obiettai. «Quindi come fanno a conoscerlo?»
«So dove vuoi arrivare, Winter. Abbiamo già considerato internet, ma non abbiamo trovato niente.»
«Cercate meglio. Dovete anche controllare se le vittime abbiano un numero di cellulare segreto sconosciuto ai mariti. Parliamo di mesi, non di giorni. Nella fase in cui è pronto a catturarle, loro sono ormai disposte a mentire al marito e agli amici, a sfilarsi la fede e a nasconderla in borsa. E a salire in macchina con qualcuno che hanno appena conosciuto.»
«Perché togliersi l’anello? Il Sezionatore sa sicuramente che sono sposate.»
«In parte per far sentire meglio il nostro uomo, in parte per alleviare il senso di colpa. Non vogliono che le veda come donne sposate e neanche loro amano considerarsi così. Vogliono che le veda come donne giovani, libere e single. Loro stesse vogliono credere d’esserlo, perché in questo modo il senso di colpa è più gestibile. Non hai notato che Sarah Flight non porta la fede?»
Templeton scosse la testa.
«Mi ero chiesto chi gliel’avesse tolta, se la madre o un dipendente della Dunscombe House. Ma non è stato nessuno dei due: se l’è tolta e l’ha nascosta nella borsa, nel portafoglio o in qualche altro posto. Il sequestratore l’ha trovata quando ha frugato tra le sue cose e se l’è tenuta come trofeo.»
La cameriera arrivò con il caffè. Porse un biglietto da visita a Templeton con il logo del locale e il cellulare del gestore scribacchiato dietro.
«Bene, adesso che si fa?» chiese Templeton.
«Ti piacciono i giochi di ruolo?»
L’occhiata che mi diede fu impagabile.