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Nel tempo che impiegai a farmi la doccia e a vestirmi, arrivò il servizio in camera. Un’altra colazione completa, una dose massiccia di colesterolo, una scorta di proteine e calorie utili a ricaricarmi, accompagnata da parecchio caffè. Ho un metabolismo iperattivo, il sogno di tutte le top model, che presenta però uno svantaggio: la glicemia può abbassarsi all’improvviso, e quando accade è un bel guaio.

Mangiai in fretta e andai sul balcone a bere il caffè. Il cielo era di nuovo grigio e la mancanza di luce rendeva l’atmosfera greve, opprimente. Era in arrivo altra neve. Sei piani più in basso la gente camminava frettolosa nel gelo, avvolta in abiti caldi. Mancava ancora un’ora all’alba. Quel giorno sarebbe stato il più corto dell’anno. Nel giro di quarantott’ore le giornate avrebbero ricominciato ad allungarsi e tra cinque giorni sarebbe stato Natale. Ancora due giorni qui, forse anche cinque. Se tutto andava bene, a Capodanno quel tizio sarebbe stato dietro le sbarre e io avrei potuto tagliare la corda da quel gelo siberiano.

Mi accesi una sigaretta e chiamai Hatcher. Erano le sette e lui era già in ufficio. Mi raccontò della multa e io feci finta di essere sorpreso, come se sentissi per la prima volta quella notizia. A parte ciò, non era accaduto granché. Avevano trovato numerosi studenti di medicina caduti in disgrazia, ma i loro profili non combaciavano con il nostro, né c’erano tracce di eventuali vittime su cui il criminale avesse fatto pratica.

Hatcher parlava ma in realtà non lo stavo ascoltando. Mi era tornata in mente una cosa che il professor Blake mi aveva detto il giorno prima, per la quale mi sarei preso a calci per non averne colto subito la rilevanza. Sono i dettagli più piccoli che determinano il fallimento o il successo di un’indagine: possono fare la differenza nel trovare una persona viva o morta. Ed è proprio nei dettagli che il diavolo si nasconde, pronto a ingannarti. Il professor Blake mi aveva detto che Freeman era passato dagli esperimenti sui pompelmi a quelli sui cadaveri.

Pompelmi e cadaveri. Plurale, non singolare.

Avevo detto a Hatcher di cercare la vittima di un omicidio, ma era possibile che il nostro uomo avesse avuto bisogno di più soggetti per i suoi esperimenti.

«Dobbiamo allargare i parametri di ricerca della vittima degli esperimenti» affermai. «Potremmo avere a che fare con più vittime. Il numero dipende dalla rapidità con cui il partner dominante ha imparato a effettuare la lobotomia. Inoltre, dobbiamo cercare un uomo o una donna di qualsiasi età, a partire dai tredici o dai quattordici anni. La vittima potrebbe rientrare nella categoria a basso rischio: prostitute, tossici, senzatetto. Ha meno di sessant’anni, perché più alta è l’età, maggiore è il rischio che muoiano per cause accidentali. Tuttavia, non mi preoccuperei troppo di mettere un limite superiore d’età per motivi ovvi: i tossici in genere non diventano vecchi. E lascia perdere chiunque corrisponda al profilo delle nostre vittime. Conduceva esperimenti, perciò sapeva che quei soggetti sarebbero morti. La sua peculiarità è che non uccide, perciò dovete cercare qualcuno che non corrisponda ai criteri che usa per scegliere le vittime abituali. Ciò significa niente occhi castani e niente morette in carriera.»

«Grande!» esclamò Hatcher. «Non potresti restringere un po’ i parametri?»

«Individuerai facilmente la vittima» lo rassicurai. «Il nostro uomo stava facendo pratica con le tecniche chirurgiche, quindi troverete prove di mutilazioni cerebrali. Di’ ai tuoi di chiamare tutti i coroner della città. Anche se i fatti risalissero a un paio di anni fa, qualcuno se ne ricorderà. Potrebbe anche aver tentato di occultare quello che ha fatto.»

«Come?»

«Forse ha fracassato la parte anteriore del cranio con un martello, cancellando le tracce delle mutilazioni alla corteccia prefrontale. O forse ha staccato la testa e l’ha gettata via separatamente. Usa la fantasia.»

«Usa la fantasia» mi fece eco lui.

C’era frustrazione nella sua voce, e tutta la tensione che si prova nell’inseguire ombre e fantasmi con la consapevolezza di non concludere niente. Me lo figuravo chino sul tavolo mentre scuoteva stanco la testa e si sfregava quegli occhi da basset hound pensando che avrebbe dovuto fare l’ingegnere, il ragioniere o il commesso di un supermercato, qualsiasi cosa ma non il poliziotto. «Lo prenderemo» dissi.

«Meglio prima che poi.»

Hatcher fece un sospiro ancora più lungo e carico di tensione.

«Che resti tra te e me» affermò. «D’accordo?»

«Fa’ conto di parlare con il prete» risposi.

«Corrono voci che mi toglieranno il caso.»

«Ignorale. Corrono sempre voci, e sempre correranno. E sai cosa penso delle voci? Nove volte su dieci non hanno fondamento. Sono solo fumo negli occhi. Di solito si tratta di qualche coglione pieno di risentimento o di qualcuno che fa i suoi giochetti politici. Il punto è che sei il migliore in questo lavoro, Hatcher.»

«Grazie per il sostegno, ma questa è l’unica volta su dieci in cui le voci hanno fondamento. I mass media stanno facendo pressione sulle alte sfere, e quella pressione sta arrivando fino a me. È ora di trovare un capro espiatorio e io sono in prima fila. Tutti vogliono sapere perché non abbiamo ancora preso quel bastardo. E per “abbiamo” intendono “ho”. E hanno ragione. Ho avuto più di un anno per catturarlo ed è ancora là fuori. Il rapimento di Rachel Morris ha scatenato la frenesia della stampa. Guarda i giornali del mattino: i segnali non sono buoni. Hanno innalzato il livello di paura. La gente è spaventata».

«Non hai intenzione di dirmelo. Ottimo.» Sentii un altro sospiro. «Ma sbrigati. Ho bisogno di te qui.»

«Arriverò quanto prima.»

Terminai la chiamata, feci l’ultimo tiro e buttai il mozzicone oltre la ringhiera tornando al caldo. Da basso, alla reception, il concierge mi chiamò un taxi, che arrivò nel giro di cinque minuti. Salii, diedi l’indirizzo al tassista e mi sistemai sul sedile.

Mi accorsi che mi stavano seguendo non appena uscimmo dal vialetto del Cosmopolitan.