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Springers aveva un’aria squallida, ma quello valeva per gran parte dei bar alla luce del sole, anche in una zona esclusiva come Kensington. Niente nascondeva le pecche e faceva sembrare l’ambiente più presentabile meglio della luce della luna, dei lampioni o di qualche lampada elegante. Il legno era color porpora e l’insegna argento. Tinte hippy, stile anticonformista.
Sulla facciata quattro ampie finestre offrivano una buona visuale dell’interno. Erano le tre del pomeriggio e c’erano già dieci clienti. Erano quasi tutti vestiti da lavoro, ma non sembravano molto affaccendati. Le decorazioni natalizie erano costose e raffinate, non troppo appariscenti.
«Ti va di fare una piccola scommessa?» chiesi.
Eravamo parcheggiati sulle strisce gialle davanti al locale. Il riscaldamento era al massimo e dagli altoparlanti usciva Layla, la estended version, non quella per la radio. Chitarre slide, piano e le note lamentose della Fender Stratocaster di Clapton.
«Va bene, ti ascolto» rispose.
«Scommetto che Cole ha una Bentley.»
«Credi che sia stupida, Winter? Hai visto la macchina davanti all’ufficio.»
«No, ma capisco il tuo ragionamento: allora rendiamo la faccenda più interessante. Verifica e vedrai che guida anche una Maserati. La Bentley è una Continental, la Maserati, una Gran Turismo.»
«D’accordo. Dieci sterline. Ma devi aver ragione in entrambi i casi. Per quanto riguarda la marca e il modello.»
«Ho ragione.»
Templeton mi tese la mano e io gliela strinsi sigillando il patto. Aveva un tocco elettrizzante, che mi risvegliò le sinapsi meglio di qualsiasi stimolante artificiale. Scendemmo dalla BMW ed entrammo nel bar.
Andrew Hitchin ci stava aspettando dietro il banco. Si presentò come Andy e ci offrì da bere. Un whisky per me, un caffè per Templeton. Lui prese una Budweiser, che bevve dalla bottiglia. Era australiano: aria da surfista, capelli neri arruffati, una pietra blu su un laccio di cuoio attorno al collo e un’abbronzatura da cui si capiva che era abbastanza nuovo in città. Aveva le pupille dilatate e gli abiti avevano un odore dolciastro oltre a quello di tabacco. Parlava con attenzione, per non mostrare d’essere fatto. Templeton posò una fotografia di Rachel Morris sul banco, quella scattata alla torre Eiffel. Era ingrandita a tal punto da risultare un po’ sgranata.
«Sì, è lei» disse Andy. «Ne sono sicuro al cento per cento. Al centodieci per cento. Era seduta laggiù.» Indicò un divano e un tavolino nascosti in fondo alla sala.
«È una cliente abituale?»
«Non l’avevo mai vista prima. Ma sono qui solo da un paio di settimane. Ho mostrato il nastro della telecamera di sicurezza a un paio di ragazzi che lavorano qui da più tempo, ma neanche loro l’hanno riconosciuta.»
«Ci serve quel nastro» affermò Templeton.
«L’avevo immaginato. Ho già chiesto al gestore e ha detto che è ok.»
«È un locale molto frequentato» osservai. «Come mai si ricorda di Rachel?»
«Ieri sera non c’era molto lavoro per via della neve. Inoltre, poche donne vengono qui sole. Di solito sono con amici o con i partner. Quelle che vengono sole non lo restano a lungo. Arrivano presto e aspettano gli amici. Gli uomini bevono da soli, le donne no.»
«Quanto tempo si è fermata?»
«Non lo so con certezza. Abbastanza da bere due bicchieri di vino.»
«Rosso o bianco?» chiesi.
«Rosso.» Andy tacque e rifletté per un istante. «Aspetti un attimo. Mi sono appena ricordato una cosa. Probabilmente non è importante, ma ha iniziato con una bibita analcolica e poi è passata al vino.»
«Bene» dissi. «Mi dica tutto quello che ricorda. Non si sa mai quello che può essere importante.»
Andy sorrise come se avesse preso il miglior voto della classe e bevve un sorso di birra.
«Okay» aggiunsi. «Ha detto che non c’era molto lavoro, il che significa che aveva tempo a disposizione. Come lo impiega?»
«Carico la lavastoviglie, la scarico, pulisco il bar, cose di questo genere.»
«E adocchia le donne?»
Sorrisi e lui mi imitò. «Lo ammetto.»
«Trovava Rachel attraente, vero? Abbastanza da prestare attenzione a quello che beveva.»
Andy sorrise ancora. «Ammetto anche questo.»
«Voglio che chiuda gli occhi.»
Mi guardò sospettoso.
«È meglio che lo assecondi» suggerì Templeton. «E non si preoccupi, se tenta di scappare con il suo portafoglio, ci penso io.»
Il barista scrollò le spalle quasi a sottintendere «che cavolo» ma chiuse gli occhi.
«Bene» cominciai. «Voglio che torni a ieri sera. Sta cercando qualcosa da fare per tenersi occupato. Fa freddo, è annoiato e quindi sta più attento del solito quando la porta si apre. Ogni volta viene investito da una folata d’aria gelida e alza lo sguardo. La porta si apre ed entra Rachel. Il motivo per cui la nota è perché è sola. Cosa sta facendo?»
«Sto finendo di servire una persona.»
«Sta succedendo qualcos’altro nel bar?»
«Sì. Lisa sta per finire il turno.»
«A che ora stacca?»
«Alle otto. Deve andare a casa da suo figlio.»
«Rachel si avvicina al banco. Chi la serve? Lei o Lisa?»
«Lisa.»
«E dato che non c’è molto lavoro e che è sola, nota che prende una bevanda analcolica.»
Andy annuì.
«Cosa accade dopo?»
«Va al tavolo.» Indica con un cenno il tavolo che ci aveva mostrato in precedenza.
«Che fa?»
«Aspetta.»
«Cosa?»
Lui alzò le spalle. «Un uomo, suppongo. Tiene il telefono sul tavolo accanto al bicchiere e continua a guardarlo. Ogni volta che la porta si apre, alza lo sguardo.»
«La serve lei quando si avvicina al banco per chiedere un bicchiere di vino?»
Andy assentì. «Sì.»
«Dice qualcosa?»
«Non proprio. Non sembra abbia voglia di parlare. Qualcuno vuole fare due chiacchiere, qualcuno no. Se fai questo lavoro da abbastanza tempo, riesci a capirlo piuttosto facilmente.»
«Non porta la fede, giusto?»
Lui scosse la testa. «No, niente fede.»
«Il suo uomo arriva?»
Scosse ancora la testa.
«Quando se ne va?»
«Un po’ dopo le nove, ma non so esattamente quando. Forse alle nove e un quarto, forse più tardi.»
«Ora può aprire gli occhi.»
Andy bevve un bel sorso di birra. «Qualcosa di quello che ho detto vi può aiutare?»
Annuii. «Sì, molto. Grazie.»
«Non c’è di che.»
Templeton gli porse un biglietto da visita con il logo della Metropolitan Police stampato in rilievo in alto e il suo numero diretto scritto in fondo. Gli chiese di chiamarla se si fosse ricordato qualsiasi altra cosa.
Dopo una stretta di mano ci avvicinammo al tavolo occupato da Rachel Morris la sera prima. Ci sedemmo ciascuno a un’estremità del divano, separati solo da un pezzo di pelle invecchiata. Avevamo una buona visuale della porta, del banco e degli altri clienti. Era un ottimo punto per osservare quanto accadeva senza essere notati.
«Okay» esclamò Templeton. «Sappiamo che Rachel Morris è arrivata qui poco prima delle otto, che se n’è andata poco dopo le nove e che ama il vino rosso. Ti spiace dirmi in che modo questo ci aiuta?»
«Ci aiuta perché adesso abbiamo un’idea piuttosto chiara di come vengano rapite le vittime.»
«E lo deduci dal fatto che preferiscono il rosso al bianco?»
«No, dal fatto che non portava la fede.»
Fece per dire qualcosa ma io alzai la mano per zittirla. Senza aggiungere altro, chiusi gli occhi.