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Rachel udì i passi di Adam sulle scale, lenti, misurati, attutiti dalla moquette. Quell’uomo aveva il tempo dalla sua ed era assolutamente sicuro di sé. Rachel mollò il ricevitore, che cadde sul pavimento di legno con un rumore secco. Si alzò in fretta e schizzò verso la porta, afferrò la maniglia e tirò con forza, ma invano. Provò più volte, tirò e pestò i pugni sul legno. «Numero Cinque, Numero Cinque» esclamò Adam con voce cantilenante. Raggiunse il pianerottolo della prima rampa e scese lentamente le scale fino a raggiungere l’atrio.
Rachel si guardò attorno alla ricerca disperata di una via di fuga. Vide un corridoio alla sua destra e lo imboccò provando ogni porta che incontrava. Erano tutte chiuse a chiave. Adam si stava avvicinando, udiva i passi alle sue spalle. Raggiunse la porta in fondo: anche quella era chiusa. Era in trappola, non sapeva dove andare. Pestò un pugno sul legno e urlò in preda alla frustrazione, poi sferrò un calcio con il piede nudo. Adesso Adam era alle sue spalle: sentiva il profumo del suo dopobarba, il sibilo del suo respiro.
«Numero Cinque, girati.»
Lei non si mosse. Rimase là con le mani e la fronte appoggiate alla porta, sconfitta. Il dolore acuto al fianco fu tanto improvviso che le tolse il fiato. Si accasciò a terra, tutte le terminazioni nervose in tilt. In qualche modo riuscì a girare la testa e vide Adam che la sovrastava con un pungolo elettrico nella mano destra. Si raggomitolò e chiuse gli occhi. Voleva solo morire. Voleva che tutto finisse. Non aveva mai desiderato niente così intensamente.
Adam usò di nuovo il pungolo, continuò a premerglielo nel ventre finché le sue urla si tramutarono in singhiozzi. Rachel si dimenava e si agitava, scossa dal dolore. Cercò di fare un respiro, ma i polmoni erano bloccati. E più si sforzava di immettere aria nel corpo, più la costrizione al petto aumentava. Il mondo divenne grigio e a poco a poco il grigio virò al nero. Rachel s’accorse che stava perdendo conoscenza e non fece nulla per impedirlo.
La prima cosa che vide quando tornò in sé fu il sorriso di Adam.
«Numero Cinque, alzati e torna nel seminterrato.»
Lei faticò a rimettersi in piedi. Era una delle cose più difficili che avesse mai fatto, un test durissimo di resistenza, come scalare una montagna o correre una maratona. Ripercorse incespicando il corridoio. Rischiò più volte di cadere ma i muri l’aiutarono a reggersi. Continuò, un passo incerto dopo l’altro. Non credeva che le gambe avrebbero retto. Le scosse elettriche le avevano sconvolto il cervello, provocando contrazioni involontarie, spasmi violenti che le toglievano il fiato.
Raggiunse l’atrio e vide la porta d’ingresso con gli occhi velati di lacrime. Così vicina, eppure così lontana. Dall’altra parte c’era il mondo che si era lasciata alle spalle, convinta che non l’avrebbe più rivisto. Adam notò dove stava guardando e sfoderò un ghigno, poi la spinse con il pungolo perché proseguisse. Rachel si preparò a un’altra scossa, ma sentì solo la punta acuminata dello strumento. Guardò Adam. Stava ancora ghignando. Sollevò il pungolo perché lo vedesse bene.
«Numero Cinque, torna nel seminterrato. Te lo devo ripetere?»
Lei riprese a camminare, un metro alla volta, lentamente e faticosamente. Tremava tutta e non vedeva quasi nulla a causa delle lacrime. La periferia del suo campo visivo era offuscata dalle scariche statiche e a ogni respiro sentiva un bruciore: i polmoni sembravano essersi completamente seccati. Adam la seguiva a pochi passi di distanza e accompagnava la sua avanzata battendo il pungolo contro la gamba: quel tap tap tap attutito le ricordò il rumore del bastone nello scantinato. Avrebbe voluto urlargli di smettere, ma si morse il labbro e rimase zitta. Lui spalancò la porta che conduceva di sotto e accese la luce.
Rachel si voltò a guardarlo. Lui sorrise, ficcandole delicatamente il pungolo nel fondoschiena e lei si avviò. Si mosse con cautela, sempre usando il muro per reggersi. Giunta in fondo, chiuse gli occhi. Per un breve istante vide una spiaggia e la luce del sole, sentì l’odore dell’aria salmastra e la mano ruvida del padre attorno alla sua.
Poi udì i passi di Adam sulle scale e il sogno svanì. Aprì gli occhi e si accorse che la stava fissando.
«Numero Cinque, continua a camminare.»
Lei guardò le scale, la sottile striscia di luce che filtrava da sotto la porta e si chiese se quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe vista. Fece un profondo respiro e arrancò in corridoio. Adam aprì la porta dello scantinato e Rachel entrò. La stanza era una chiazza bianca al di là del velo di lacrime.
Tremava più del solito. Adam le avrebbe detto di sedersi in poltrona, l’avrebbe legata, imbottita di droga e avrebbe usato il coltello. Si voltò a guardarlo, aspettandosi l’ordine. Paventandolo. Adam la stava osservando dalla porta con un’espressione indecifrabile.
«Tornerò quando avrò escogitato una punizione adatta» disse.
La porta si chiuse, le luci si spensero e Rachel restò sola.