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Impiegammo cinque minuti a raggiungere il Verulamium Park, abbastanza perché potessi fumarmi una sigaretta intera. Barnaby continuò a saltellare e a tirare il guinzaglio, rischiando quasi di strozzarsi, come se andare a passeggio fosse la cosa più eccitante del mondo.
Il buio stava calando rapidamente e i lampioni fendevano l’oscurità con la loro sgradevole luce giallognola. Si sentiva la neve in arrivo e l’aria era umida, soffocante. Mi strinsi di più nel giaccone per ripararmi dal freddo, ma invano. Neanche una tuta termica sarebbe servita contro il gelo di una giornata invernale britannica.
«Fa la stessa passeggiata ogni volta?» chiesi a Graham Johnson.
L’anziano scosse la testa. «Abbiamo diversi itinerari. Dipende dal tempo, e da quanto possiamo stare fuori. È un parco piuttosto grande.»
Lo era, in effetti. Alla nostra destra si estendevano prati a perdita d’occhio su cui spiccavano, delimitati in bianco in mezzo al grigiore, i campi da calcio deserti. La cattedrale si stagliava in lontananza a sinistra, appollaiata su una collina. Davanti a noi c’era un laghetto collegato a un altro, più grande, da un ponticello. Anatre e cigni galleggiavano sull’acqua, ignari del freddo.
Un luogo buio e desolato, ideale per scaricare Patricia Maynard.
«La sera in cui ha trovato Patricia Maynard, da che parte era andato?»
Indicò la sponda del lago verso la cattedrale. «Abbiamo fatto un rapido giro in senso antiorario.»
«E dove l’ha vista?»
Il vecchio indicò l’estremità del lago.
«Bene, andiamo.»
Impiegammo altri cinque minuti a raggiungere il punto. Lo feci sedere su una panchina e mi misi accanto a lui. Barnaby tirava il guinzaglio, abbaiando e grattando l’asfalto con le unghie, ansioso di liberarsi per dare la caccia alle anatre. Guardai Hatcher, che colse subito il messaggio. Perché l’esperimento funzionasse, meno distrazioni aveva Johnson, meglio era. Hatcher prese il guinzaglio e si allontanò con il cane.
Un interrogatorio basato sull’approccio cognitivo differiva da quelli consueti perché inducevi il soggetto a ricostruire la scena e a rivivere le sensazioni che aveva provato. In sostanza, anziché affrontare i fatti direttamente, ci giravi attorno, li valutavi attraverso la percezione dei sensi. I ricordi evocati in tal modo, a quanto dimostrato, erano molto più affidabili di quelli ottenuti dalle normali tecniche di interrogatorio. A rigor di logica, non avrei avuto bisogno di portare Johnson fin lì, ma dato che il parco era dietro l’angolo non vidi perché non farlo.
«Voglio che chiuda gli occhi, signor Johnson, poi le farò alcune domande. Non censuri le risposte. Non importa se le sembrano assurde, dica semplicemente quello che le passa per la testa.»
Lui mi guardò, scettico.
«Andrà tutto bene, l’ho già fatto.»
Mi lanciò un’altra occhiata incredula e infine chiuse gli occhi.
«Voglio che ripensi a lunedì sera. Lei porta Barnaby a fare una passeggiata, come al solito. Che ora è?»
«Circa le dieci. Lo porto sempre fuori più o meno a quell’ora.»
«Esce prima delle dieci o dopo?»
L’anziano corrugò la fronte per concentrarsi, poi si rilassò. «Dopo. Ho appena terminato di vedere un programma in TV. Sta per iniziare il telegiornale.»
«Com’è il tempo?»
«Piove.»
«Mi descriva la pioggia. È forte? Leggera?»
«È una di quelle pioggerelle lievi, sottili, sa cosa intendo. Non sembra forte, ma finisce per bagnarti.»
«C’è gente al parco?»
«Con questo tempo e a quest’ora?» Johnson scosse la testa. «No, ci siamo solo io e Barnaby. E Patricia, naturalmente.»
Ignorai il riferimento alla donna perché non ero ancora pronto ad affrontare l’argomento. «Qual è il suo stato d’animo?»
«A dire il vero, sono un po’ seccato. Ho portato la macchina dal meccanico e mi sono visto presentare un conto da seicento sterline. E ora sono a spasso con il cane sotto la pioggia. Diciamo che ho avuto giornate migliori.»
«Che odori sente?»
«Odore di terra bagnata. E di fumo di legna, i miei abiti ne sono impregnati.»
«Cosa vede?»
«Le crepe del terreno sul sentiero. Tengo la testa bassa per evitare che la pioggia mi arrivi in faccia.»
«Cammina lento o veloce?»
«Veloce. Non vedo l’ora di arrivare a casa, di ripararmi dalla pioggia.»
«Cosa fa Barnaby?»
Sorrise. «Tira, come sempre. Se non fosse al guinzaglio si sarebbe già buttato nel lago.»
«Come si accorge di Patricia?»
«Qualcosa attira la mia attenzione. Un movimento sul sentiero in fondo al lago, quello che arriva dal pub, il Fighting Cocks.»
Fece un cenno quasi impercettibile con il capo e io guardai nella direzione indicata. Anche nella luce fioca del tardo pomeriggio, quel sentiero buio e stretto non appariva invitante.
«Come si muove?»
«Incerta. Barcolla come se fosse ubriaca. Il mio primo pensiero è che abbia alzato troppo il gomito al Fighting Cocks. Non voglio fissarla, ma è come quando vedi un’ambulanza ferma in strada: è impossibile non guardare, no? Comunque, la vedo uscire dagli alberi e mi stupisce il fatto che sia sola. Niente fidanzato né amiche. È tardi ed è buio. Non è un posto adatto a una donna sola. Guardo con più attenzione perché comincio a preoccuparmi ed è allora che noto che sta andando dritto verso il lago. Mi precipito verso di lei, riesco ad afferrarla in tempo e la faccio girare. Se fosse entrata in acqua in questo periodo dell’anno, sarebbe morta d’ipotermia.»
Il resto della storia era contenuto nel rapporto della polizia. Johnson aveva cercato di parlarle e, dato che non aveva ottenuto risposte, l’aveva portata al Fighting Cocks per chiedere al proprietario di chiamare la polizia. Graham Johnson era la prima persona senza cellulare in cui m’imbattevo dopo anni, una specie di sopravvissuto di un’altra era.
«Voglio che faccia un passo indietro, signor Johnson. Ripensi a quando ha notato per la prima volta Patricia. Non voglio che dica niente. Voglio solo che riveda la scena nella sua mente. La riveda nel modo più chiaro possibile, con tutti i dettagli, anche piccoli e insignificanti. Cosa vede? Cosa sente? Che odori avverte? Che sensazioni prova?»
Gli lasciai qualche istante e poi lo invitai a riaprire gli occhi. L’anziano aveva una strana espressione sul volto.
«Che c’è?» chiesi.
«Mi crederà paranoico.»
«Paranoico o pazzo, non m’importa. Voglio sapere che cos’ha da dirmi.» Gli sorrisi con aria rassicurante, aspettando che ricambiasse. «Allora cos’è successo? È stato rapito dagli alieni e trasportato sull’astronave madre?»
Il suo sorriso tuttavia non durò a lungo. L’anziano si fece serio e sembrò un po’ spaventato. Indicò un gruppetto di alberi e cespugli in ombra alla sua destra. Quando parlò, lo fece con tono assolutamente sicuro. Era convinto di ogni parola che diceva.
«Qualcuno ci stava osservando da laggiù.»