RACCOLTA CHE ACCOMPAGNA LA «SECONDA COPIA»
Come la pace negli Stati non ha altro fine se non di conservare in sicurezza i beni dei popoli, così la pace nella Chiesa ha per solo fine di conservare in sicurezza la verità che è il suo bene, e il tesoro dov’è il suo cuore. Sarebbe andare contro la finalità della pace, lasciar entrare gli stranieri in uno Stato per depredarlo, senza fare opposizione, per timore di turbarne il riposo (giacché la pace, giusta e utile in vista della sicurezza di un bene, diviene ingiusta e pericolosa quando se ne disinteressa, mentre la guerra che può difenderlo diviene giusta e necessaria); ugualmente, nella Chiesa, quando la verità è offesa dai nemici della fede, quando la si vuole strappare dai cuori dei fedeli per farvi regnare l’errore, rimanere in pace allora, sarebbe servire la Chiesa, o tradirla? Sarebbe difenderla o rovinarla? E non è evidente che, com’è un crimine turbare la pace là dove regna la verità, è anche un crimine rimanere in pace quando viene distrutta la verità? C’è dunque un tempo in cui la pace è giusta e un tempo in cui è ingiusta. E sta scritto che vi è un tempo per la pace e un tempo per la guerra [ 1 ], e l’interesse della verità opera il discernimento. Ma non c’è un tempo per la verità e un tempo per l’errore, e sta scritto, invece, che la verità di Dio rimane per sempre [ 2 ]; e per questo Gesù Cristo, che dice di essere venuto a portare la pace, dice anche che è venuto a portare la guerra [ 3 ]; ma non dice che è venuto a portare la verità e la menzogna.
La verità è dunque il primo criterio e il fine ultimo delle cose. [771]
[ 1 ] Qoèlet (Ecclesiaste) 3, 8.
[ 2 ] Salmo 116, 2.
[ 3 ] Giovanni 14, 27; Matteo 10, 34. Per il suo tema, questo frammento è vicinissimo al Second écrit des curés de Paris (2 aprile 1658).