CONCLUSIONE [ 1 ]
Quanta distanza dal conoscere Dio all’amarlo. [409]
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«Se avessi visto un miracolo – dicono – mi convertirei». Come possono assicurare che farebbero quello che ignorano? S’immaginano che la conversione consista in un’adorazione di Dio fatta come uno scambio e un trattenimento mondano, a loro fantasia. La conversione vera consiste nell’annientarsi davanti all’essere universale che tante volte si è provocato e che può legittimamente perderci ad ogni momento; nel riconoscere che non possiamo niente senza di lui, e che da lui non abbiamo meritato niente se non la sua disgrazia. Consiste nel riconoscere che tra Dio e noi c’è una contrapposizione invincibile e che nessun rapporto è possibile senza un mediatore. [410]
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I miracoli non servono a convertire ma a condannare. I p.q. 113, a.10, ad 2 [ 2 ]. [411]
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Non meravigliatevi di vedere persone semplici che credono senza ragionamento: Dio dona loro di amarlo e di odiare se stessi, inclina il loro cuore a credere. Non si crederà mai, utilmente e con vera fede, se Dio non inclina il cuore. E si crederà non appena lo inclinerà.
Davide lo sapeva bene. Inclina cor meum, Deus, in [ 3 ], ecc. [412]
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Quelli che credono senza aver letto i Testamenti, è perché hanno una disposizione interiore tutta santa e quanto sentono dire della nostra religione corrisponde ad essa. Sentono che un Dio li ha creati. Vogliono amare Dio solo, vogliono odiare solo se stessi. Sentono che da soli non ne hanno la forza, che sono incapaci di andare a Dio e se Dio non viene a loro sono incapaci di alcuna comunicazione con lui; nella nostra religione sentono dire che bisogna amare Dio solo e odiare solo se stessi, ma tutti sono corrotti e incapaci di Dio, e per questo Dio si è fatto uomo per unirsi a noi. Non occorre di più per convincere uomini che hanno questa disposizione nel cuore e conoscono in tal modo il loro dovere e la loro incapacità. [413]
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Conoscenza di Dio
Quelli che vediamo cristiani pur senza la conoscenza delle profezie e delle prove, non ne giudicano meno bene di quelli che hanno tale conoscenza. Ne giudicano col cuore, come gli altri ne giudicano con la mente. È Dio stesso che li inclina a credere, e così sono convinti in modo efficacissimo.
(Si obietterà che gli infedeli diranno lo stesso. Ma a questo rispondo che abbiamo delle prove che Dio inclina veramente quelli che ama a credere la religione cristiana, mentre gli infedeli non hanno alcuna prova di quel che dicono. E così le nostre proposizioni, simili nei termini, differiscono in quanto l’una manca totalmente di prove e l’altra ha prove solidissime).
Ammetto che uno di codesti cristiani che credono senza prova non saprà forse convincere un infedele che dirà altrettanto di sé. Ma chi conosce le prove della religione proverà senza difficoltà che quel fedele è veramente ispirato da Dio, per quanto non lo possa provare egli stesso.
Perché, se Dio nei suoi profeti (che sono certamente profeti) ha detto che nel regno di Gesù Cristo avrebbe effuso il suo spirito sulle nazioni, e i figli, le figlie e i bambini della Chiesa avrebbero profetato [ 4 ], non c’è dubbio che lo spirito di Dio è su di loro e non sugli altri. [414]
[ 1 ] Il contenuto di questo dossier e il titolo stesso di uno dei frammenti suggeriscono che siamo in presenza di appunti preparatori alla conclusione della seconda parte, «Conoscenza di Dio». Pascal sembra non aver scritto nulla in vista di concludere l’insieme dell’apologia.
[ 2 ] Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, Ia, IIae, ecc. Pascal insorge contro un luogo comune della “pietà”: i veri miracoli sarebbero quelli che si verificano nei cuori. Appoggiandosi su san Tommaso, che nega qualsiasi carattere miracoloso alle conversioni (salvo le “vie di Damasco”), Pascal conclude che i veri miracoli servono a condannare coloro che vi resistono.
[ 3 ] Responsorio liturgico tratto da Salmo 118, 36. Pascal aveva un culto per questo salmo, che il Breviario parigino gli proponeva per la preghiera di ogni giorno.
[ 4 ] Gioele 2, 28.